Nikolaj Kapustin
Cello Concerto n° 2 op.103, Astor Piazzolla: Las quatros estaciones porteñas, Le grand Tango, Oblivion, Ave Maria – Enrico Dindo: violoncello, I Solisti di Pavia – Decca (70’)
Antonio Vivaldi
Cello Concertos – Enrico Dindo: violoncello, I Solisti di Pavia – Decca (54’)
C.P.E. Bach
Cello Concertos – Enrico Dindo: violoncello, I Solisti di Pavia – Decca (66’)
Un nuovo, interessante cd, ed un concerto il 21 novembre prossimo alla Salle Gaveau, uno dei santuari della musica classica più famosi e celebrati di Parigi – quindi del mondo -, per il Solisti di Pavia ed Enrico Dindo, violoncello e direzione (sempre a Parigi – in collaborazione con l’Istituto Italiano di cultura – si prepara inoltre un incontro ed una prova aperta al pubblico).
Creato e formato tredici anni or sono, e subito decorato della presidenza onoraria di Mstislav Rostropovich, a questo ensemble 99% italiano, non mancano certo gli exploit discografici e le tournée mondiali, dalla Russia alla Cina, e l’anno venturo in Sud America, senza contare i numerosi concerti in Italia e sopratutto a Pavia, dove si svolgono anche le attività dell’omonima Fondazione, sostenuta dalla Banca del Monte di Lombardia, e della «Pavia Cello Academy», il primo conservatorio italiano di violoncello, creato e guidato anch’esso da Enrico Dindo. In programma anche, per l’anno venturo, il progetto «HaydnDay» – dedicato, appunto, a Franz Josephe Haydn – e che in un sol giorno presenterà i due Concerti per violoncello, le tre Sinfonie «Il Mattino», «Il Mezzogiorno» e «La Sera» e si concluderà, opportunamente, con la Sinfonia «Degli Addii».
E veniamo ai due altri cd, il primo dedicato a 6 Concerti per violoncello di Antonio Vivaldi, che Dindo – anche qui solista e direttore – ha opportunamente scelto alternandone 3 meno conosciuti (RV 401, 411/412, 416) ai 3 ben noti Sol maggiore RV 413, Re maggiore 404 e Si minore RV 424. Il Vivaldi di Dindo non è un abate insinuante di merletti e ricami, di raffinata e nervosa tensione, ma un Prete Rosso sanguigno e mediterraneo, che si slancia avventuroso o profondamente medita, e lo strumento del solista rappresenta vigorosamente e/o sensualmente questa visione sopratutto originale in quest’epoca di sfrenata sedicente fedeltà agli strumenti d’epoca (o come se …). Ho chiesto a Enrico Dindo di dirmi qualcosa a proposito della sua scelta di un violoncello «montato moderno» – anche se è un Pietro Giacomo Rogeri (liutaio bresciano) del 1717 -, con corde di acciaio, se non addirittura di tungsteno, ed usando un arco Sartory del 1836.
Non si può che essere d’accordo con questa attitudine interpretativa – e con la chiarezza di un’affermazione al di là di tutte le mode (che non si sa quanto durano …).
Stesso discorso per i 3 splendidi Concerti per violoncello di Carl Philipp Emanuel Bach, che si giovano del suono voluttuoso e nervoso al tempo stesso del violoncello di Dindo per farci scoprire la straordinaria modernità di queste composizioni fondamentali del figlio più esemplare – se non il preferito – di Johann Sebastian Bach.
E, per concludere, ancora qualche parola sui Solisti di Pavia – sui quali spero di tornare prossimamente con altri cd di musiche a loro dedicate o di un repertorio per archi meno frequentato.
Ho parlato di un ensemble 99% italiano, che in un’epoca di multinazionalità barocca – gli ensemble che si agitano nel vasto panorama mondiale di questa musica sono un sapiente ed equilibrato cocktail di strumentisti italiani, giapponesi, cinesi, olandesi, spagnoli e francesi, con qualche tedesco (sempre, o quasi, gli stessi) – rinnova i fasti dei Virtuosi di Roma, dei Musici, dei Solisti veneti. Italiani, quindi e sopratutto, con un’orientale – ma ormai italianizzata anch’essa – e qualche spagnolo o tedesco che ogni tanto ci confermano che il mondo della Musica Classica non ha più frontiere. Non credo che queste caratteristiche etniche cambino di per se stesse molto le cose, ma ho avuto l’impressione, per tutto il tempo di questa lunga ed intensa esperienza d’ascolto, che le tre registrazioni – sopratutto i due cd di Vivaldi e C. P. E. Bach, ambedue captati dal vivo, quindi durante un concerto – avessero in più il calore della spontaneità e dell’immediatezza di un complesso che condivide gusti ed abitudini al di là delle consuetudini musicali, in incontri che non sono soltanto frettolose sessioni di prova, concerto o registrazione, saltando da un aereo all’altro. Il che non è male.
Enrico Dindo e I Solisti di Pavia in immagini e musica
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