Lux aeterna
Visions of Bach – Beatrice Berrut: pianoforte – Aparté (73’)
Ci sono musiche che si ha l’impressione di conoscere come le proprie tasche (per modo di dire), o, piuttosto, come uno spazio domestico, talmente integrato alla nostra memoria che potremmo percorrerlo al buio e con gli occhi bendati. È il caso di certe composizioni di Johann Sebastian Bach: le abbiamo ascoltate al clavicembalo, da Wanda Landowska in poi, ed al pianoforte, dalle prime trascrizioni di Wilhelm Kempff alle vertiginose rivelazioni di Glenn Gould. Ebbene, capita ogni tanto che queste solidissime architetture si schiudono per offrirci un nuovo orizzonte di ascolto, un’apparizione che, pur senza scombussolare le nostre abitudini (come accadde per Glenn Gould) ci mostra l’infinitudine di vite della musica di Johann Sebastian Bach e dei mondi che essa può generare ed abitare.
È il caso di questo splendido cd, delle Visioni di Bach che la pianista svizzera Beatrice Berrut – ancora una scoperta di Aparté – suscita, sia con la sua interpretazione, che con il geniale accostamento alle musiche di Thierry Escaich, potentemente radicate nell’opera di Bach.
«Il raccoglimento, la sobrietà e la modestia della musica di Bach sono profondamente commoventi. – scrive Beatrice Berrut nel libretto di presentazione del disco, di cui ha curato il testo – … essa ci spinge all’introspezione e solleva delle questioni esistenziali che, nonostante l’evolvere dei secoli, restano attuali. Ho fatto la scelta di trascrizioni di Busoni, Siloti e Kempff … poiché esse tendono un filo tra l’epoca di Bach ed il nostro mondo moderno. È la prova tangibile dell’universalità e dell’atemporalità della sua musica, che getta dei ponti tra gli uomini di secoli diversi».
E sono questi ponti che ci conducono ai Tre studi barocchi del francese Thierry Escaich – organista, pianista e uno dei compositori contemporanei più interessanti e ascoltati – con i loro momenti di estasi mistica, iridati delle armonie del XXI secolo.
Beatrice Berrut riconosce – in un’intervista – di provare una forma di piacere fisico a suonare la musica di Bach – che per lei, come per molti altri musicisti, rappresenta una specie di «pane quotidiano» (Pablo Casals cominciava le sue giornate suonando, al pianoforte, un Preludio ed una Fuga del Clavicembalo ben temperato), di un genio che ha «la testa nel coro dei serafini ed i piedi su terra». Ed è questa la geniale chiave di interpretazione dell’appassionata interprete, in una vastità di sublimi intenzioni che non fragilizzano mai la solidità delle vertiginose architetture.
un interessante clip Youtube di una seduta di registrazione del cd, con la musica di Bach e di Escaich
un altro clip con il Siciliano di Bach
Franz Liszt
Ancora un cd con musica per per pianoforte – è la stagione ? – ma un’atmosfera completamente diversa. Qui è il misticismo romantico di Liszt che suscita voluttuose atmosfere di grondante sensualità, a metà strada (o, piuttosto, oscillanti) tra l’inginocchiatoio circonfuso d’incenso ed un boudoir pre-dannunziano. Liszt fu una specie di Vivaldi alla rovescia : se il Prete Rosso fu sacerdote per convenienza – le sue messe erano rapide come un Allegro dei suoi concerti, e spesso interrotte se un idea musicale lo coglieva sull’altare -, ed un buon pretesto per abbandonare la tonaca fu presto trovato appena la sua attività di compositore e di maestro di musica delle orfanelle gli dette abbastanza da vivere, Liszt, amante avventuroso e molteplice, idolatrato sino alla persecuzione da aristocratiche allieve, principesse e cosacche più o meno autentiche, soltanto nei suoi ultimi anni poté concretizzare quella religiosità che aveva sempre impregnato la sua vita e la sua musica (nel 1861, a Roma, entrò nell’ordine francescano e ricevette la tonsura ed i quattro ordini minori, senza, tuttavia, tralasciare le sue frequentazioni femminili).
Il programma di questo cd – primo opus de La Grange aux Pianos (il Granaio – o il Fienile ? – dei pianoforti) – è la prima manifestazione di un’interessante iniziativa del pianista Cyril Huvé che nella sua casa di campagna nel Berry e nei dintorni – la regione che fu abitata, amata e raccontata da George Sand, e con lei era Frederic Chopin – organizza incontri musicali, seminari, master classes – la prossima sarà tenuta dal grande chitarrista Emmanuel Rossfelder – e, appunto, registrazioni.
Il titolo del disco parafrasa il titolo di una raccolta di composizioni di Franz Liszt: Carnet de pèlerinage è quindi diventato il Carnets d’un pèlerin, nel quale Cyril Huvé, pellegrino illuminato e devoto al mistico compositore, ha raccolto brani suscitati dai versi di Michelangelo: «Non veder, non sentir m’è gran ventura / però non mi destar, deh’, parla basso» (Il Penseroso) o del Petrarca: « Pace non trovo, e non ho da far guerra, / e temo, e spero, ed ardo, e son di ghiaccio …» dal Carnet de pèlerinage; ma anche la Benedizione di Dio nella solitudine («Pregata più che composta») e Funerali dalle Armonie poetiche e religiose.
La luminosa ed inspirata interpretazione di Cyril Huvvé, su un pianoforte Steinweg del 1875 che appartiene alla sua collezione di pianoforti storici, dalla preziosa sonorità d’epoca – egregiamente registrato -, trasfigura queste composizioni, tra le meno esibizionistiche di Franz Liszt, che fu sommo virtuoso, iniziatore della scuola moderna del pianoforte. L’atmosfera è raccolta, l’esuberanza rattenuta in un’intensità trasparente, dalla quale emergono luminose le mistiche intenzioni del compositore
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BRAVO ! per il cd da Cyril Huvé!