Le Grand Théâtre de l’Amour
Jean-Philippe Rameau – Sabine Devieilhe: soprano, Les Ambassadeurs, Alexis Kossenko – Erato (80’06)
Sin dal primo rullo del tamburo, risplendente come l’esordio di uno spettacolo pirotecnico, si ha il segnale che anche questo disco – come tutti gli altri di Alexis Kossenko – è il frutto di un entusiasmo e di una passione tenace ed illuminata, confortata dalla base di una grande cultura barocca e della conoscenza del repertorio in tutta la sua ricchezza e complessità. Una passione indispensabile a produrre, oggi, un programma di questa qualità senza il sostegno delle majors, le grandi case discografiche, in lutto per la crisi del disco ma prive di quella fantasia che permetterebbe, forse, rinnovando lo stanco e saturato repertorio con l’apporto di giovani idee e talenti, di scongiurare questa crisi.
È un programma costruito sulla splendida voce e sul gran talento lirico di Sabine Devieilhe, giovane soprano, anch’essa una specialista dell’opera e della musica vocale barocca in generale. La complicità tra Sabine e Kossenko – flautista raffinato e sensibile, direttore e musicologo – data dai tempi del conservatorio. Da oltre cinque anni Kossenko approfondisce la conoscenza e l’interpretazione della musica di Jean-Philippe Rameau, con particolare riguardo al suo repertorio lirico ed alla straordinaria varietà della sua opera, con il programma di questo disco come meta finale.
Un programma drammaticamente concepito come un’opera in miniatura, offrendo una larga scelta di colori all’interprete vocale per realizzare, sulla base di una strumentazione esigente e perfettamente realizzata, il ruolo dell’amorosa agitata dalle tempeste di sentimenti eroicamente contrastati, poi distratti, se non confortati, dall’affascinante complessità della musica di Rameau.
Le arie, ouvertures, contraddanze e ritornelli, ciaccone e rondò delle Indie Galanti, dei Paladini, di Dardano, di Zaïs e Zoroastro e di altre opere, si alternano tracciando un panorama sempre acceso e rinnovato, animato da una vitalità entusiasmante (non sempre una prerogativa del repertorio operistico francese del ‘700 …). Merito della musica, sempre sorprendente, di Jean-Philippe Rameau – e ricca degli schiocchi di folgori, del rombo di tuoni ed altre bufere sonore – ma anche – se non sopratutto – dell’accesa ed entusiastica direzione di Alexis Kossenko e della vitalità dei suoi Ambasciatori (che potrete vedere all’opera in un interessantissimo filmato delle sedute di registrazione del Gran Teatro dell’Amore). Alexis Kossenko e Sabine Devieilhe illustrano – in francese – il programma ed i propositi di questo bellissimo disco, ma c’è anche molta musica.
Se preferite ascoltare soltanto gli estratti musicali, li troverete qui.
Schumann – Schubert – Brahms
Lise Berthaud: viola, Adam Laloum: pianoforte – Aparté (63’52”)
La viola è, per il profano, la sorellastra, povera, sgraziata e maltrattata, nella gloriosa famiglia degli archi, perseguitata da dozzine di storielle e barzellette che si fanno beffe dell’imprecisione del suono, del vibrato calamitoso, della pigrizia dell’articolazione. Eredità di un’epoca in cui erano sopratutto i violinisti falliti che si dedicavano a questo parente povero? Fatto sta che questo strumento – favorito dai compositori (Haydn e Mozart suonavano sovente la parte di la viola nel quartetto, ma anche Dvorak e Hindemith erano violisti di formazione, come peraltro grandi direttori come Carlo Maria Giulini ed Hermann Scherchen) e particolarmente amato per il suo ruolo fondamentale al centro delle strutture armoniche – anche se la peculiarità del suo canto può sfuggire all’ascoltatore distratto – aveva, sino a non molto tempo fa, pochissimi virtuosi che fossero in grado di esprimerne degnamente lo scarso repertorio ad esso specificamente dedicato.
Le cose sono, tuttavia, da qualche tempo, cambiate: Piero Farulli, Bruno Giuranna, Luigi Alberto Bianchi hanno, una trentina d’anni or sono, suscitato una nuova generazione di giovani virtuosi, violisti «a tempo pieno» che hanno restituito allo strumento tutte le sue lettres de noblesse, ed il ruolo di protagonista che esso merita.
Se il repertorio è, come si è detto, limitatissimo, abbondanti sono, invece, le trascrizioni: l’esempio più esplicito delle enormi possibilità della viola è nelle trascrizioni delle composizioni di Johann Sebastian Bach, dalle vertiginose Sonate e Partite per violino solo, alle Suites per violoncello.
Per questo cd, la giovane Lise Berthaud – alla sua prima registrazione come solista – ha scelto un programma tutto romantico, che va dalle Märchenbilder (Favole illustrate) che Robert Schumann ha scritto esplicitamente per la viola – dedicandole al primo violino dell’Orchestra di Düsseldorf ch’egli dirigeva -, alla Sonata «Arpeggione» D.821, composta da Schubert per uno strumento, l’Arpeggione, appunto, o chitarra d’amore, che ebbe, ai suoi tempi, una brevissima vita e fu poi totalmente dimenticato (oggi soltanto rarissimi violoncellisti ne possiedono una copia: ne ho visto, ed ascoltato, uno, tanti anni fa, in casa di un amico, appassionato collezionista di stravaganti strumenti, ma mai in concerto). La Sonata «Arpeggione», è conosciutissima, una delle composizioni più affascinanti di Franz Schubert, ma la si ascolta sempre in una delle innumerevoli trascrizioni per violoncello, o per la viola, appunto.
Conclude il programma la Sonata in mi bemolle maggiore, op.120 n.2, una delle ultime opere di Johannes Brahms, che il compositore stesso trascrisse – come la sua gemella n.1 – dalle altrettanto celebri Sonate per clarinetto, giusto perché esse potessero avere una maggiore diffusione.
Lise Berthaud è interprete serena e sicura, assolutamente a suo agio nel confronto con le difficoltà della viola – per una volta uno strumento opera di un liutaio contemporaneo, dalle sonorità oscure e voluttuose, con un vibrato preciso e contenuto, evocatore di atmosfere intensamente poetiche, particolarmente nella musica di Robert Schumann. Adam Laloum accompagna con la sua presenza luminosa e discreta.