Gran Bazar
Les Tromano – Yorrick Troman: violino, Yann Dubost: contrabbasso, Daniel Troman: fisarmonica – NoMadMusic (54’)
Quando, un po’ più di due anni or sono (eh si! il tempo passa, ed il nostro grigio si fa sempre più splendente!), iniziai questa rubrica, presentai ai miei lettori – in guisa di prefazione – il panorama della discografia musicale classica così come io lo vedevo. E cioè come un orizzonte turbato dalla crisi del disco – sulla quale ormai da più di dieci anni si continuano ad elevare funeste lamentazioni – ma rischiarato dalle sorprendenti iniziative di giovani interpreti – e giovani case discografiche – che con entusiasmo e competenza portano avanti un discorso nutrito più dalla passione che da motivazioni commerciali.
Questi due anni – ed i numerosi cd che ho potuto ascoltare e presentarvi – hanno confermato la mia visione, e confortato la speranza di un nuovo mercato discografico sempre più maturo e versatile, aperto verso le nuove tecnologie della musica «dematerializzata» e arricchito dall’inesauribile repertorio della musica antica, barocca e pre-romantica, dall’originalità di nuove prassi esecutive e da una generazione di virtuosi che hanno conosciuto gli strumenti originali sin dalla culla (augurando che i successi commerciali seguano, anche se non comparabili a quelli di un Herbert von K. o di un Pavarotti…).
NoMadMusic, che vi presento oggi, è una di queste labels, creata l’anno scorso da Hannelore Guittet (direzione artistica e ingegnere del suono) e Clothilde Chalot – che ha un passato folto di esperienze di management musicale -, con intenzioni ben stabilite: portare ad un pubblico sempre più vasto la musica classica giocando sull’eclettismo e sulle sconfinate possibilità di internet. Dalla musica barocca al contemporaneo, passando per il jazz e la musica etnica e popolare, NoMadMusic presenta un catalogo già ricco di 22 cd: tutti possono essere «scaricati» via internet – ad un prezzo, evidentemente inferiore a quello del cd «materiale» – ed alcuni profittano soltanto di questo mezzo di diffusione (il che permette di pubblicare anche contenuti per un pubblico più specializzato, quindi ridotto).
Programmi decisi in stretta collaborazione con gli artisti, legati all’attualità dei loro concerti, e registrati spesso in collaborazione con i luoghi della manifestazione (come l’Arsenal de Metz dalla splendida acustica, o l’abbazia di Royaumont). Vi presento oggi tre cd che ben rappresentano l’ideologia di NoMadMusic, altri seguiranno …
Gran Bazar, per cominciare. Sotto un’etichetta che fa pensare ad una troupe di acrobati, un violino, un contrabasso e una fisarmonica presentano un programma che va da Stravinsky e Shostakovitch alla Piaf, passando par Piazzola e Morricone, un motivo tradizionale klezmer o norvegese. Sono dei virtuosi dei loro strumenti che volteggiano in una libertà d’interpretazione non gratuita né caricaturale ma nutrita da una cultura che ha traversato il conservatorio e le grandi orchestre sinfoniche (Yorrick è primo violino leader dell’Orquesta Ciudad de Granada e Yann contrabbasso all’Orchestra di Radio France) senza perdere la capacità di sognare e di divertirsi divertendoci con questo brillante e raffinato patchwork.
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Les curiosités esthétiques
Carl Philipp Emanuel Bach: musique de chambre – Jean-Pierre Pinet: flauto, Fanny Paccoud: violino e viola, Etienne Mangot: violoncello, Aline Zylberajch: pianoforte – NoMadMusic (61’42’’)
Un omaggio a Carl Philippe Emmanuel Bach, nel terzo centenario della sua nascita, e all’Empfindzamkeit (la sensibilità, il sentimento, opposti alla razionalità dell’Illuminismo) che abita le composizioni di questo geniale figlio di Johann Sebastian, colui che, nel culto del padre, fece evolvere la musica del suo tempo dal rigore del barocco verso i primi fremiti che annunciavano il romanticismo. Protagonista è la mia adorata Aline Zylberajch (vedi, qui di seguito, Testament et promesses) in tre ben noti Quartetti per fortepiano, flauto, viola e violoncello, agili e seducenti acquerelli, per i quali è difficile applicare quel che diceva il musicologo globe-trotter inglese Charles Burney «… le composizioni di Carl Philippe Emmanuel Bach sono così singolari che un po’ di tempo è necessario per prenderci gusto …». A questi Quartetti, di immediato ed evidente godimento, si alternano le men note Sonata Wq 142 per violoncello solo (originariamente per flauto solo, ma C.P.E. usava praticare questo tipo di trascrizioni) ed il delizioso Duo in mi minore Wq 140 per flauto e violino, oscillante tra sacro e profano, tra il religioso dell’Andante iniziale – che rievoca i due flauti del «Qui tollis» dalla Messa in si minore di Johann Sebastian – e lo stile galante.
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Sonates françaises
Camille Chevillard, Gabriel Fauré, André Gedalge – Jean-Jacques et Alexandre Kantorow: violino – NoMadMusic (69’45’’)
Il gran violinista Jean-Jacques, che da qualche tempo aveva messo da parte il suo strumento per dedicarsi alla direzione ed alle master classes, evidentemente stimolato dalle doti di pianista del figlio Alexandre, appena diciassettenne, ha ripreso l’archetto per un programma che associa alla prima Sonata in La maggiore, op.16 per violino e pianoforte di Gabriel Fauré, il grande romantico francese, le Sonate – mai, sino ad ora registrate – di due altrettanto romantici e francesi, ma dimenticati compositori, Camille Chevillard e André Gédalge. Un programma vivificato da uno slancio e da una complicità che non è soltanto famigliare, ed una riscoperta, che da sola fa tutto l’interesse del disco, di musiche che non sono soltanto una curiosità d’epoca. E non dispiacerà à Jean-Jacques – che in passato ho ammirato sopratutto per la sua intelligente versatilità nel repertorio romantico – se oggi il mio entusiasmo è sopratutto per Alexandre, entusiasta ed illuminato compagno, più che accompagnatore, del glorioso padre.
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C.P.E. Bach
Testament et promesses – Alice Piérot: violino, Aline Zylberajch: Tangentenflügel – Encelade (71’)
Incontrai – musicalmente! – Aline Zylberajch tanti anni fa, e scopersi, grazie a lei un nuovo Scarlatti (parlo di Domenico). Mi fu rivelato dalle voluttuose sonorità del suo fortepiano – mai usato sino ad allora, che io sappia, per il grande napoletano il cui nome è stato sempre indissolubilmente legato alla sua monumentale raccolta di Sonate per il clavicembalo. Sorvolo, oggi, sulla legittimità di quella scelta – peraltro molto ben motivata nelle note del libretto. Quel cd, per il fallimento della casa discografica, scomparve dal mercato e dalla mia discoteca (un incauto prestito: mai allontanarsi dai propri dischi!), ma lo ritrovai, miracolosamente e dopo averlo cercato dappertutto, su una bancarella di quelle che nei mercatini esibiscono ed esauriscono gli stock degli invenduti. Comprai le tre copie disponibili, e ne ho ancora due …
Fortunatamente, dopo quella rapida epifania, Aline Zylberajch trovò editori più solidi – Ambronay in primo luogo, che ripubblicò lo Scarlatti (oggi esaurito) – e le sue registrazioni si sono moltiplicate, solista, sensibile accompagnatrice o in ensemble da camera (come nel cd di cui vi ho appena parlato). Ed ora questa registrazione, in cui, accanto la sublime Aline è la meravigliosa violinista Alice Piérot – interprete della più bella e mistica registrazione ch’io conosca delle Sonate del Rosario di Heinrich Ignaz Franz Biber (Alpha) – che qui riscalda ed anima il suono del suo magico strumento nell’illustrazione dei sentimenti più estremi che si succedono, spesso senza alcuna transizione nella Fantasia Wq.80, H.536, nelle Sonate Wq.78, H.514 e Wq.55/4, H.186 e nell’Arioso Wq.79, H.535.
Terzo protagonista è il Tangentenflügel – piano a tangenti – una sorta di fortepiano in cui delle piccole linguette di legno le cui estremità, senza alcun rivestimento, semplicemente arrotondate, percuotono le corde producendo un suono chiaro e limpido, e che può – a seconda dei registri, brillanti o soavi – evocare il clavicembalo, il liuto o l’arpa (smorzatori di tessuto o cuoio permettono di controllare la risonanza dello strumento). Il libretto, ben fatto, è ricco di spiegazioni su questo magico strumento, ideale nelle 12 Variazioni sulle «Follie di Spagna» Wq.118/9, H263 (sulla scia di quelle – ben più note – di Arcangelo Corelli o di Marin Marais), permettendo all’interprete una ricchissima tavolozza di contrasti nelle varietà dei caratteri.
«Riempire dei sentimenti più dolci l’orecchio più che gli occhi, e, più che l’orecchio, il cuore …» era l’intenzione, più volte ed in vario modo enunciata di Carl Philippe Emmanuel, e questo disco è la più bella illustrazione della poetica proposta.
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Bartók
Violin concerto n° 2, Concerto for Orchestra – Tedi Papavrami: violino, Orchestre Philharmonique du Luxembourg, Emmanuel Krivine – Alpha (76’16’’)
Uno dei primissimi dischi (allora si chiamavano «microsolco», e quello era, ricordo, un EMI 25 cm., un formato poi scomparso …) – e certamente il primo di musica «moderna» – che, negli anni della mia lontana giovinezza, mi commossero e stimolarono irreversibilmente la mia passione per la musica classica, fu il Concerto per Orchestra di Bela Bartók, genialmente e poeticamente diretto da Herbert von Karajan. Molti anni sono passati, von Karajan perse quell’energia appassionata e rivelatrice di opere ancora poco conosciute per dedicarsi esclusivamente alla sua monumentalizzazione ed al culto di se stesso, quel Concerto per Orchestra non fu – chissà perché – trasferito su cd, e la nostalgia di quei primi, struggenti ascolti non fu mai più rinnovata, neanche dalle pur belle registrazioni di Fritz Reiner, Leonard Bernstein, Claudio Abbado etc. etc. (non cito neanche quelle di von K. del 1970 e del ’93, da dimenticare).
Ed ecco che quelle emozioni, appena velate dal tempo, ritornano in un cd Alpha, magicamente evocate dalla bacchetta di Emmanuel Krivine.
Krivine è un gran direttore, ma le sue apparizioni in disco sono, ohimè, poco frequenti (non tante, cioè, quante se ne vorrebbero). Il fatto è che egli tiene, sopratutto, alla verità di un entusiasmo nell’ispirazione e teme i rischi della routine. Parlando, un giorno, di una delle star internazionali della direzione d’orchestra, egli disse «Credo, sopratutto, che si annoi. Quando si dirige tutte le sere, con dodici carte di credito nel taschino del frac, arriva un momento che l’ispirazione svanisce. In ogni modo, non si può premere su un bottone per essere ispirato! Anch’io, che sono un sacerdotale, un monaco-soldato, il contrario di un routinier, mi rendo conto certe sere di andare avanti con il pilota automatico, e non ne sono certo fiero. Il ritmo delle carriere è troppo serrato, e si guadagna troppo! ma questo non scrivetelo …»
E in questa splendida edizione di due delle opere maggiori di Bela Bartók – e di due capolavori della musica contemporanea – Emmanuel Krivine non è certamente in automatico, e la sua interpretazione del Concerto per Orchestra è raffinata e vigorosa nel selvaggio turbinare delle danze, e suscita tutta la spasmodica ricchezza di un’orchestrazione che rinnova ad ogni movimento le sue rivelazioni.
Per il Concerto per violino n° 2, Tedi Papavrami è il solista intenso e appassionato. L’orchestra, complice ideale di questo memorabile evento, è la Filarmonica del Lussemburgo della quale Krivine è direttore artistico. Esemplare la registrazione, che rivela tutte le virtù dell’acustica dell’auditorium granduchessa Josephine-Charlotte, una delle migliori in Europa.