CD e altre musiche di febbraio, di F. Nuzzo

Questa volta non è un video che vi presento, ma un prodigioso strumento di conoscenza, come soltanto internet può inventarne, mettendoli alla portata di tutti.

Si tratta di MIMO, la più grande banca dati relativa agli strumenti musicali conservati in collezioni pubbliche, e potete consultarla sul sito internet 

55.535 schede degli strumenti più diversi, da quelli più noti a quelli sconosciuti o dimenticati, utilizzati in tutto il mondo, popolari o appartenenti a lontane etnie, ma anche gli strumenti famosi, che furono suonati da mitici virtuosi – da Beethoven a Liszt e Chopin e a Ravel – o sui quali sono stati composti i capolavori della storia della musica di tutti i tempi. Potete visitare questo sito per cercarvi gli strumenti di cui vi parlo nelle mie cronache, ma anche per un fantastico viaggio alla scoperta di tutto quello che la fantasia umana ha creato e perfezionato per darci le eterne gioie della musica.


Beethoven vol.2   

Symphony 7, Wellington victory – Orchester Wiener Akademie, Martin Haselböck – Alpha (62’55)

Beethoven vol.2

Uno strumento originalissimo – e che non troverete illustrato in MIMO – è il protagonista di questa registrazione: la sua voce risuona soltanto in due brevi brani, ma esso è per me l’elemento principale dell’interesse del disco. Anche se non si tratta della musica di Beethoven e se, veramente, si tratta di un’originalità di tutt’altro genere, meno sublime di quella dell’Angelo d’avorio di cui vi ho parlato nello scorso numero.

Ma state a sentire: è l’8 dicembre 1813, Beethoven è alla vigilia dei suoi 43 anni e vive un grande momento di gloria. Nella grande Redoutensaal dell’università di Vienna dirige uno spettacolare gala di beneficenza attorniato da una pleiade di virtuosi (il successo fu così straordinario che si dovette ridare il concerto quattro giorni dopo). Per l’occasione, Beethoven si giova dei talenti dell’amico e specialista in divertimenti e gadgets: Johann Nepomuk Maelzel, un inventore di genio, tra l’altro il padre del metronomo, lo strumento che ancora ai nostri giorni scandisce le attività dei musicisti sin dai loro primi passi, e già ai suoi tempi rivoluzionò l’esecuzione musicale (prima di lui era, per esempio, impossibile indicare con esattezza la «rapidità» alla quale doveva essere suonato un pezzo).

Maelzel è anche il «Meccanico di corte» e un tuttofare di genio che ha collaborato con lui qualche mese prima alla composizione della Vittoria di Wellington alla quale doveva partecipare con il suo Panharmonicon, uno strumento meccanico, capace di riprodurre – grazie a un gioco di soffietti e di cilindri dentati (come un’enorme boîte à musique) – i quarantadue strumenti di una banda militare. Alla fine, tuttavia, l’idea del Panharmonicon venne abbandonata e due grandi orchestre rappresentarono l’armata inglese e quella napoleonica a gran forza di squilli di trombe e rulli di tamburi, rombi d’artiglierie ed un trionfale God save the King finale.

Maelzel fu, comunque, presente con la seconda grande attrazione del suo atelier: la spettacolare tromba meccanica (nella foto una ricostruzione moderna) che, nella seconda parte del concerto suonò – accompagnata dall’orchestra – due Marce di compositori-star dell’epoca: il céco Jan Ladislav Dussek, pianista virtuoso, e Ignaz Josef Pleyel, l’allievo favorito di Haydn. Il cd riproduce il programma del concerto, che include la Sinfonia n.7, ed è stato registrato, nella sala ove ebbe luogo in quel’8 dicembre, da  Martin Haselböck con la sua  orchestra – la Wiener Akademie, su strumenti dell’epoca – per un’affascinante fedele integrale delle Sinfonie di Beethoven nella serie Resound di Alpha.


Jean-Luc Ho   

Intégrale des Partitas pour clavecin de Johann Sebastian Bach – Jean-Luc Ho: clavicembalo – NoMadMusic (60’ + 45’ + 56’)

   Jean-Luc Ho

C’è un nuovo orizzonte di giovinezza che si va schiudendo nel panorama dell’interpretazione della musica di Johann Sebastian Bach, sopratutto per quanto riguarda le composizioni per strumenti solisti, e particolarmente quelle per clavicembalo, le opere che Bach destinava ai suoi allievi – figli inclusi – e che sono, comunque, quelle in rapporto più diretto al magico mondo della sua musica come astrazione filosofico-matematica.

Esemplare di questo approccio è la bella, luminosa, interpretazione che Jean-Luc Ho ci propone dell’integrale delle Partite per clavicembalo, uno dei capolavori di Bach, quello – forse – di cui esistono le più memorabili interpretazioni registrate, sia su clavicembalo che su pianoforte. Qui il compito è stato affidato al clavicembalo, e si tratta di sei strumenti diversi, uno per ogni Partita, tutti ricostruiti – in Francia o in Finlandia – su modelli di fattori germanici, e scelti in modo da illustrare l’evoluzione della scrittura, tutta la ricchezza e le sfumature del carattere e la forza degli affetti di queste composizioni.

La lunga avventura di queste registrazioni, che sono state realizzate nell’abbazia di Royaumont, marcate dal ritmo delle stagioni, si è felicemente conclusa l’estate scorsa con le Partite n.3 e 4, in un’esplosione di gioia e di luce, e Jean-Luc Ho ha scelto per la copertina dei cd una foto che lo rappresenta seduto al sole ed immerso nella contemplazione di una partitura (che immagino sia quella della musica in questione), mentre i fogli gli scorrono tra le dita e vanno a deporsi al suolo. L’immagine ben rappresenta, simbolicamente, il suo rapporto con questa sublime musica: illuminato dalla divinità di Johann Sebastian, Jean-Luc si lascia attraversare, impregnare dal testo, dalla nota scritta, che poi abbandona per non conservarne in sé che l’impronta, i significati, che renderà poi con la luce ed i colori dei suoni liberati da ogni ristrettezza o costrizione speculativa, da quel rigore che tanto spesso devitalizza queste composizioni.

Su YouTube, ed in francese, Jean-Luc Ho, davanti ai suoi strumenti, vi parla dall’abbazia di Royaumont delle sue scelte per queste registrazioni.


alla breve

Erik Satie   

Bruno Fontaine: pianoforte – Aparté (76’)

 Erik-Satie

Per una volta Aparté non ci presenta una sua scoperta, un giovane interprete animato dal sacro fuoco della rivelazione. Bruno Fontaine, pianista, direttore d’orchestra, compositore, orchestratore di numerose star da Johnny Hallyday a Paolo Conte è il protagonista di questa registrazione, perfetto esempio di un gran talento del XXI secolo, a suo agio nei settori più diversi della sua arte.

Il suo Satie è elegante, un po’ distaccato, autosufficiente: non deve dimostrare nulla; si limita, quindi, ad articolare i suoi geroglifici in un’atmosfera quotidiana, senza incorniciarli in uno spazio surreale, alla Magritte.

Un disco singolare, nel quale alle ben note Gymnopédies, Gnossiennes ed ai Pezzi freddi, si affiancano i più segreti Notturni, i meditativi Penultimi pensieri, i rigorosi Dodici piccoli corali e la gaiamente disinvolta Sonatina burocratica.


Fauré 

Integrale de la musique de chambre avec piano – Éric le Sage, Daishin Hashimoto, François Salque, Lise Berthoud, Quatuor Ébène, Alexandre Tharaud, Paul Meyer, Emanuelle Pahud – Alpha (74’02 + 64’09 + 66’15 + 70’32 + 67’58)

 Fauré  

Per il discofilo appassionato ma che non sia disposto a rovinarsi per la sua collezione, il tempo e la pazienza procurano spesso gradevoli sorprese. Un tempo le edizioni economiche si occupavano sopratutto delle musiche più popolari, dei capolavori «indispensabili» del repertorio classico: Sinfonie di Beethoven, Walzer e Notturni di Chopin, e Pavarotti vari. Oggi, qualche di tempo dopo l’uscita dell’ultimo cd di un’integrale, ed anche se si tratta di opere riservate piuttosto ad un pubblico di raffinati intenditori, molte sono le possibilità di trovare l’integrale stessa riunita in un’edizione economica.

È il caso di questo prezioso cofanetto di 5 cd che il pianista Eric Le Sage ha dedicato alla musica da camera con pianoforte di Gabriel Fauré riunendo attorno a sé raffinati solisti ed il Quartetto Ébène in un’integrale esemplare per completezza e coerenza stilistica (ed il discofilo non è privato di un esemplare libretto di un centinaio di pagine con tutte le note sulle opere registrate in tre lingue).

Ferruccio Nuzzo: Dopo una lunga e distratta carriera di critico musicale (Paese Sera, Il Mondo), si è dedicato alla street photo, con una specializzazione ecclesiastica. Vive in campagna, nel sud-ovest della Francia, ove fiere e mercati hanno sostituito cattedrali e processioni. Continua, tuttavia, a mantenere contatti con il mondo della musica, soprattuto attraverso i dischi, e di queste sue esperienze rende conto nella rubrica "La mia Musica. Suggerimenti d'ascolto".
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