È nata quasi insieme a noi, NoMadMusic, la giovanissima – come noi – casa discografica che ha dato in questi ultimi cinque anni i segni più straordinari della vitalità e dell’inventività di una giovinezza ben vissuta. E non soltanto con registrazioni curatissime e di notevole interesse, sovente presentate in queste pagine, ma con iniziative – sempre musicali – originali ed innovanti.
Come NoMadScore nel 2015, un gioco-concorso in partenariato con l’Orchestra Nazionale d’Ile de France, dedicato a tutti gli appassionati di musica ed a chi fosse curioso di vedere «come funziona» la composizione musicale ed ascoltare il risultato dell’associazione dei suoni nelle varie forme melodiche e ritmiche, strumentali e vocali.
Oggi Clotilde Chalot et Hannelore Guittet – a cui si è associato il molto mediatico violinista virtuoso Renaud Capuçon, partecipando alle presentazioni -, lanciano NomadPlay, un’applicazione destinata nutrire i sogni degli strumentisti di ogni età, debuttanti o virtuosi che siano (nella foto – © Caroline Doutre -, una presentazione di NomadPlay).
Cinque anni di ricerca sono stati necessari per trovare il rivoluzionario algoritmo che permette di separare le diverse sorgenti sonore di una registrazione audio, sottraendo giusto uno strumento all’insieme. Che in qualche clic potrà essere rimpiazzato dal vostro strumento, permettendovi di suonare in immersione, al cuore di un’orchestra di professionisti virtuosi. Non importa quale sia il livello di preparazione, è possibile scegliere la partitura preferita, provare e perfezionarsi senza limiti di tempo: la pazienza dei musicisti informatizzati è infinita …
Quatuor Varèse
Dvorak, Puccini, Debussy – 1893 – NoMadMusic (58’31)
Dopo un primo cd, dedicato alla sorprendente associazione dei Quartetti di ThomasAdès, Henri Dutilleux e Maurice Ravel, il Quartetto Varèse batte un altro forte colpo, giocando ancora una volta sulla sorpresa. Chi – non particolarmente ferrato in Storia della musica – potrebbe immaginare che il Quartetto Americano di Antonin Dvorak, il sublime “Crisantemi” di Puccini ed il Quartetto di Debussy furono composti nello stesso anno (il 1893, anche se per Crisantemi – dedicato «Alla memoria di Amadeo di Savoia Duca d’Aosta », è più probabile il 1890 …)?
Testimone della molteplicità estetica che animava l’Europa al crepuscolo del XIX secolo, questo programma si ricollega anche, idealmente, al primo cd del Varèse, che con il Quartetto di Ravel presentava quella che, del capolavoro di Debussy, poteva apparire come una parodia.
Bach
Sonates & Partitas – Solenne Païdassi: violino – Indésens (70’12 + 69’49)
Seguendo cicli misteriosi, indecifrabili, la composizioni di Johann Sebastian Bach per strumenti ad arco solo – le Sonate & Partite per violino e le Suites per violoncello – sono particolarmente alla moda di questi tempi, e le nuove interpretazioni e registrazioni si susseguono più o meno rivelatrici di quel che le miracolose, fantastiche architetture sonore di questi capolavori unici ed assoluti manifestano o dissimulano.
E, inevitabilmente, prima dell’ascolto di ognuna di queste novità, ci si chiede: cosa mi si farà scoprire, quali nuovi, insospettati segreti si sveleranno al mio orecchio amplificando ancora la sorpresa se non lo sgomento che ad ogni ascolto suscitano questo composizioni, ancor uniche – dopo esattamente tre secoli – per la loro insuperabile modernità?
Se tutte queste emozioni abitano l’ascoltatore – più o meno ignaro delle difficoltà e delle problematiche esecutive – immagino quel che deve essere lo stato d’animo dell’interprete che si accinge ad affrontare, poi ad eseguire in pubblico e, finalmente, a registrare – lasciandone quindi una traccia permanente se non definitiva – queste opere.
Tutto questo lo ho scritto, per precauzione, prima ancora di passare all’ascolto dei due cd nei quali Solenne Païdassi ha lasciato la testimonianza della sua appassionata visione delle Sonate & Partite. Una visione che si rivela mistica, quasi devota, attonita, solenne come il suo nome (mi si perdoni il calembour) nei tempi lenti – ma sempre piena di vitalità e senza alcuno storico appesantimento – ed animata, travolgente senza esser vertiginosa, quando i tempi veloci, “esplosivi nelle loro gioia di vivere” incalzano. “Nei quali – aggiunge Solenne – Bach ci offre l’esperienza universale di un’umanità favolosamente imperfetta e sincera“.
Kronos Quartet
Terry Riley: Sun Rings (2002) – Nonesuch (80′)
Sembra ieri – come si suol dire – che il fenomeno Kronos Quartet esplodeva come una vera, inattesa rivoluzione nel mondo aristocratico ed esclusivo della musica da camera (un mondo nel quale le vere, durevoli stars si contano sulle dita di una mano e creano irriproducibili miti, come, ad esempio, il Quartetto Italiano …).
Il Kronos arrivava dalla California con un suono nuovo, sorprendente, ed un repertorio che sembrava fatto su misura, e che, spesso, dopo i primi trionfi, effettivamente fu creato per lui da compositori notissimi – Arvo Pärt, Philip Glass e Steve Reich – o giovani e sconosciuti come Franghiz Ali-Zadeh originario d’Azerbaïdjan, l’inglese Clint Mansell o l’argentino Osvaldo Golijov
Le prime registrazioni, all’inizio degli anni ’80, in cui il jazz incrociava il classico (per lo più contemporaneo, e di una sorprendente vitalità), sempre più attese e frequenti, fecero conoscere il quartetto anche in Europa, ed il successo venne poi confermato in qualche concerto in cui il Kronos si associava ad altri miti, dal poeta Allen Ginzberg al cantante pop-rock David Bowie.
Durante 20 anni l’organico dell’ensemble restò immutato, poi, nel 1999, iniziarono le sostituzioni del violoncello (all’origine Joan Jeanrenaud), esattamente tre, per arrivare nel 2013 alla sud-coreana Sunny Jang. Non so se sia a causa di questi laboriosi cambiamenti che l’attività discografica del Kronos Quartet era, di questi ultimi tempi, notevolmente rallentata, ma ecco che questo cd, appena giunto in Europa, ci fa sperare in una ripresa stabile e fruttuosa.
L’idea di Sun Rings è nata dall’ascolto dei suoni che il fisico Don Gurnett ha raccolto nello spazio tramite le registrazioni effettuate dalla sonda Voyager in prossimità dei satelliti esterni del sistema solare. Difficile raccontare a cosa rassomigli questa musica, scritta dall’americano Terry Riley, un fedele del Kronos. I dieci spacescapes (spazi cosmici) sono stati concepiti come altrettante atmosfere musicali, nelle quali frammenti di melodia sono alla base dei temi sviluppati dal quartetto – a cui si aggiunge, talvolta, un coro -, che all’ascolto rivelano inedite emozioni nate dall’integrazione delle fantastiche sonorità dell’ensemble con le inquietanti sonorità cosmiche.
Chic à la française
Debussy, Hersant, Ravel – Trio Atanassov – Paraty (66’47)
Il fascino che emana dalle interpretazioni del Trio Atanassov – formato dal violinista Perceval Gilles e la violoncellista Sarah Sultan con Pierre-Kaloyann Atanassov al pianoforte – è un fascino sottile che illumina l’ascolto di questo cd sin dalle prime battute e che, via via, domina nel succedersi dei movimenti, rinnovando le emozioni suscitate da queste musiche “impregnate di chiarezza e di eleganza, sottili e raffinate, virtuose e brillanti, dotate di un lussureggiante senso del colore e delle proporzioni, e nelle quali passione rima con distinzione” (parole del Trio).
E tra i due ben noti Trii di Claude Debussy e Maurice Ravel la rivelazione di quello di Philippe Hersant – uno dei più interessanti compositori francesi contemporanei – sulle Variazioni sulla “Sonnerie de Sainte-Geneviève-du Mont”, celebre composizione per la viola da gamba di Marin Marais. Una musica insinuante e fantasmagorica, come un’apparizione notturna rievocatrice di indefinibili sonorità, fluttuanti tra l’immaginario e l’onirico, ed una ideale identificazione con la divisa dei tre geniali interpreti: “toccare, sorprendere, far viaggiare chi ci ascolta, offrendo la possibilità di condividere le emozioni che furono le nostre quando scoprimmo le opere che ora presentiamo“.
Les Musiciens et la Grande Guerre XXXVI
Sous la pluie de feu, Funerailles – Hortus (60’12)
Per concludere la mia prima rassegna del 2020, congratulazioni e festeggiamenti a Hortus che, con questo 36esimo cd, gloriosamente conclude il monumentale impegno, iniziato cinque anni or sono. Un’antologia senza precedenti dedicata ai musicisti – compositori ed interpreti – direttamente o indirettamente implicati nella Prima Guerra Mondiale. Ad essa contemporanei, sovente impegnati in prima linea – e non pochi in trincea sacrificarono la propria vita – o che più tardi rievocarono in musica quei tragici momenti. Come Philippe Hersant, uno dei più interessanti compositori francesi viventi, di cui questo disco presenta la commemorazione del massacro generale che fu quella guerra, Sous la pluie de feu, un concerto doppio per violino violoncello e orchestra, scritto su commissione di Radio France e qui presentato nell’intensa interpretazione – registrata dal vivo – di Hélène Collerette e Nadine Pierre con l’Orchestra Filarmonica di Radio France diretta da Pascal Rophé. Completa il cd una partitura possente e tormentata, Funerailles, che Lucien Durosoir, una volta smobilitato, dedicò ai milioni di morti della Grande Guerra.
Les Musiciens et la Grande Guerre XXX
La gazette du conservatoire – Hortus (75’25)
Post scriptum: questo XXX cd mi era sfuggito: si tratta di un interessante florilegio di 22 opere già apparse nelle precedenti pubblicazioni della collezione, qui raccolte sotto questo exergum: “L’Art n’a pas de Patrie, mais les artistes en ont une” (“L’Arte non ha patria, ma gli artisti ne hanno una”), ispirato a una citazione di Camille Saint-Saëns.