Un cd indicibile. Come descrivere questo fantastico, vertiginoso, delirante programma se non come il divertimento, in piena libertà di due musicisti che si sono scrollati di dosso ogni costrizione stilistica e che sembrano suonare, si potrebbe dire, come gli canta, come gli gira …
Questo all’ascolto. Poi viene il resto.
Il titolo del cd è The Lady from the Sea, (La donna del mare). Ispirato dall’opera teatrale di Ibsen? – ci si chiede – o giusto dal mare? Ma, a parte il fluttuare, il seducente ondeggiare delle composizioni di Giovanni Sollima non ho trovato con il mare alcun legame, ed ancor meno con il dramma borghese ed il moralismo ibseniano. Poi ho visto il video di presentazione del disco, ho parlato con Chiara, ed il mistero del titolo è stato svelato.
La Lady è una barca a vela di 22 metri su cui i Tetragonauti realizzano importanti progetti sociali. Uno di questi si chiama, appunto, Le vie del mare. Uno staff di educatori porta in mare, per periodi di 100 giorni consecutivi, minori disabili, o con problemi sociali o reati, e messi alla prova dal giudice. E lo scorso anno, in quei tre mesi e più di navigazione, Chiara Zanisi e Giovanni Sollima hanno suonato per Musica a Vela e per I Luoghi Feriti, un tour di concerti che Chiara ha ideato ed organizzato con Gabriele Gaudenzi, che dei Tetragonauti è stato il fondatore.
«Abbiamo suonato – ha detto Chiara – in alcuni dei luoghi feriti, marcati da gravi eventi negli ultimi anni. All’Asinara, davanti alla casetta rossa dove si sono dovuti nascondere Falcone e Borsellino; a Genova per il crollo del ponte Morandi; a Capaci in ricordo della strage; alla sede dell’ONLUS di San Vincenzo, dove ho portato i ragazzi del conservatorio di Como a suonare in concerto per i ragazzi delle Vie del mare e per fare una grande festa di chiusura alla fine dei 100 giorni. Ogni volta c’è stato un concerto a terra – in una chiesa o su un palco all’aperto – poi in mare, suonando sulla barca davanti ai luoghi ai quali si voleva rendere omaggio.
Io e Giovanni abbiamo suonato a Capaci nella chiesa del paese e poi in barca davanti a Palermo , davanti agli occhi stupiti e partecipi dei ragazzi del progetto – qualcuno di loro non aveva ma visto un violino – e circondati dal calore di una chiesa gremita di gente. Un rito forte e importante».
Ed il cd coincide, simbolicamente, con questo progetto-percorso sociale: un viaggio attraverso la musica per violino e violoncello come un viaggio in mare, sulla Lady, attraverso la Musica a Vela per i Luoghi Feriti, con un programma-itinerario che annuncia e ricorda tutte le emozioni vissute in quei momenti così intensi ed importanti.
Questa musica solare e intensa, gioiosa ed impegnata, alterna epoche diverse e linguaggi diversi, tra antico e contemporaneo, attraverso il dialogo dei due strumenti che si inseguono, si insidiano, si corteggiano, scambiano, scoprono, altercano, si convincono, senza mai separarsi.
Già Chiara la avevamo ascoltata ed amata in una splendida, decomplessata, registrazione delle Suonate per clavicembalo e violino di J.S. Bach ed in Suite Case, con il violinista Stefano Barneschi. Giovanni Sollima, musicista palermitano dai molteplici talenti dialoga con lei al violoncello e, in quanto compositore, alterna i brani di Suite Case – un ciclo da lui composto per questo progetto – alle musiche degli altri autori in programma, da Vivaldi a Francesco Barsanti ed al romano Giovanni Battista Costanzi.
The Lady from the Sea
Duos for violin and violoncello from Vivaldi to Sollima – Chiara Zanisi: violino, Giovanni Sollima: violoncello – Arcana (62’24)
Johann Sebastian Bach
Die Kunst der Fuga – Accademia Strumentale Italiana, Alberto Rasi – Challenge Records (68’24)
Per tantissimo tempo l’olimpica spiritualità dell’Arte della Fuga di Johann Sebastian Bach – l’opus summum, il monumentale vertice della sua arte e la sua ultima opera completa (anche se l’ultimo Contrappunto, una Fuga a tre soggetti, è rimasto incompiuto) – è stata turbata dalle querelles di musicologi ed interpreti: su quale/quali strumenti era legittimo, se non doveroso eseguirla ? Sino a far sì che le discussioni, tutte sapientemente motivate, finivano per velare, se non mettere in secondo piano, l’interesse degli ascolti.
L’Arte della Fuga è un opera che andrebbe letta, meditata più che ascoltata, raggiunta nell’astrazione del pensiero, in una paziente complessa ascensione verso un vertice che – più o meno comodamente raggiunto quando si è portati dall’interprete, e tra mille superficiali distrazioni – non ha assolutamente lo stesso significato. Non sono in molti, comunque, a poterne godere in tal modo, e non certo il povero musicofilo totalmente disarmato davanti ad una partitura che – nella sua austera semplicità – non gli dice nulla.
Ed allora ecco le tante registrazioni, da quelle per strumenti a tastiera (clavicembalo, organo, pianoforte) – memorabile, anche se non certo un riferimento, quella al pianoforte di Glenn Gould, che ne iniziò anche una, mai completata, all’organo – a quella nella clamorosa trascrizione per orchestra di Roger Vuataz, diretta da Hermann Scherchen. (Un capolavoro assoluto – anche senza alcun pretesto musicologico – fu la versione del Quartetto Italiano, che venne a compensare ingiustificabili stravaganze come le trascrizioni per strumenti a fiato).
Ed eccola, ora, in una nuova registrazione dell’Accademia Strumentale Italiana, l’ensemble che, ormai da quasi trent’anni Alberto Rasi anima e dirige. Sento in quest’Arte della Fuga, qualcosa di nuovo, un filo conduttore inedito, stimolante per chi a questo Monumento si accosta dal di fuori (cioè come ascoltatore passivo, in qualche modo sgomento di fronte a tanto genio).
Già dalla copertina del cd. Perché Die Kunst der Fuga e non der Fuge (come di solito viene intitolata)? «Sostanzialmente 2 ragioni – ci ha risposto Alberto Rasi – 1) così Bach ha intitolato il suo primo autografo 2) e l’ha intitolato così per rientrare nei suoi consueti calcoli numerici (la lettera A=1 e così di seguito) in modo da raggiungere sommando le lettere del titolo il numero 158 (1+5+8 = 14 e BACH = 14). Ma so che la nostra scelta non è qualcosa che si possa liquidare in poche parole. Ed è per questo che libretto che accompagna il cd contiene non tanto delle semplici note, ma un vero breve saggio nel quale Luca Guglielmi – che all’organo, ha partecipato alla registrazione –, in maniera molto esauriente (e convincente) spiega le ragioni per cui questo primo autografo è da considerarsi come un qualcosa di già completo e finito.
Una nuova vita per il capolavoro di Bach, dunque, in questa Kunst der Fuga, che nel limpido, mistico dialogo di un violino, 4 viole e dell’organo svela ed traccia nuovi itinerari di ascolto.
Kapsberger che fai tu ?
Villanelles – Les Kapsber’girls: Alice Duport-Percier: soprano, Axelle Verner: mezzo-soprano, Barbara Hünninger: violino basso, Albane Imbs: arciliuto, tiorba e la tiorbina, chitarra barocca – Muso (64’32)
Un cd affascinante, sorprendente, vitalizzante, primaverile in quest’estate già troppo calda.
Johannes Hieronymus Kapsberger – malgrado il nome, che più germanico non si può, e le sue ascendenze familiari – fu romano, e romanissimo di umori e sentimenti, anche se nato a Venezia da un gentiluomo tedesco. Ma a Roma si stabilì all’inizio del ‘600 e fu, con grandissimo successo, geniale compositore e sommo virtuoso di liuto, tiorba e chitarrone alla corte del Papa. La sua musica è ben conosciuta per la stranezza ed originalità dei ritmi impiegati e gli sviluppi melodici, e la sua travolgente immediatezza: pur estremamente raffinata la si può facilmente ambientare nel Bosco Parrasio (sede dell’Accademia dell’Arcadia) come in un’osteria di Trastevere …
E di questa barocchissima musica le Kapsber’girls sono interpreti ideali, ben meritando il nome che si sono attribuito. Dai quattro libri di Villanelle, veri gioielli musicali, editi a Roma tra il 1610 ed il 1623 ed oggi pochissimo conosciuti, le girls hanno qui registrato una ricca scelta alternando i brani vocali a pezzi strumentali magistralmente interpretati da Albane Imbs all’arciliuto, alla tiorba e la tiorbina ed alla chitarra barocca. La ricchezza e la vivacità dei caratteri, i colori, poetici e bucolici ma sempre mossi da una vivacità popolaresca, quasi vernacolare animano tutto il programma, splendidamente registrato con la direzione di Rolf Lislevand, illustre liutista e specialista del genere.
Beethoven
Giovanni Bellucci – Giovanni Bellucci: pianoforte, Sinfonie Orchester Biel Solothurn, Kaspar Zehnder – Calliope (4h15’)
Un progetto gloriosamente ambizioso quello del Label Calliope: in occasione del 250° anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven la pubblicazione di un cofanetto di 5 cd con l’integrale dei 5 Concerti per pianoforte e orchestra, registrati in live dal grande pianista romano Giovanni Bellucci accompagnato dall’Orchestra Sinfonica di Biel Solothurn diretta da Kaspar Zehnder. Ma quel che rende questa realizzazione – già molto interessante per la partecipazione di Bellucci – unica nella storia della discografia è la presenza di una nutrita serie di cadenze scritte nel tempo dallo stesso Beethoven, da Brahms, Busoni, Liszt, Fauré, Reinecke, Stavenhagen e, per finire, Glenn Gould e lo stesso Bellucci.
Ogni cd – ad eccezione del 5° che racchiude giusto l’Imperatore – contiene un concerto più le cadenze alternative (da due a quattro) e l’ascoltatore può programmare l’ascolto con la cadenza di sua scelta, da quella virtuosa di Liszt a quella visionaria di Fauré, scegliere Brahms, possente e grandioso, o lo stravagante Glenn Gould (per il Concerto n°1).
Giovanni Bellucci è l’ideale protagonista di quest’impresa. L’autorevole quotidiano Le Monde ha detto di lui: «Il n’y a pas dix pianistes comme lui dans le monde! Giovanni Bellucci renoue avec l’âge d’or du pianoforte» (Non ci sono al mondo dieci pianisti come lui. G.B. fa rivivere l’età d’oro del pianoforte). La sua interpretazione, pur classica e senza alcuna stravaganza, è matura, autorevole e mai banale, e Zehnder accompagna degnamente l’impresa, egregiamente registrata.
Amanda Favier
Igor Stravinsky, John Corigliano: Violin concertos – Orchestre Philharmonique Royal de Liège, Adrien Perruchon – NoMadMusic (58’48)
Un cd di straordinarie scoperte. Il Concerto in Re maggiore per violino di Stravinsky, per cominciare, capolavoro dimenticato ma che, sin dalle prime note, rivela il genio dell’autore, assolutamente libero e fuori da ogni schema, anche se con evidenti riferimenti ad opere precedenti, come Pulcinella o l’Histoire du soldat. Poi The Red Violin, di John Corigliano, a me completamente sconosciuto anche se a suo tempo fu premiato con un Oscar per la miglior colonna sonora del film omonimo, ricevendo anche un Academy Award.
«Sin dal primo ascolto fu un vero coup de foudre. – ha detto Amanda – Affascinata dalla potenza dell’opera e dalla ricchezza dell’orchestrazione, trovai nella scrittura di Corigliano un eco a Stravinsky, con le stesse esigenze violinistiche, fatte di tensione e di abbandono, di lunghi passaggi espressivi e di una irresistibile foga, qui condivise da tutta l’orchestra, nella comunione e nel conflitto».
Il violino avventuroso di Amanda Favier, di cui ho già presentato un cd di Sonate di Ludwig van Beethoven, si cimenta gloriosamente con queste composizioni che non hanno certo l’ovvietà dei capolavori di un repertorio che ormai tutti conosciamo (o crediamo di conoscere …). Le difficoltà tecniche non la turbano certo; può quindi slanciarsi alla scoperta di queste partiture, farle risplendere di tutto il loro fascino, svelandoci la complessità e la novità di una musica «… di tutti i possibili, con trame e sonorità modulabili all’infinito».