Ammettiamolo, siamo ossessionati dal futuro. Affermazioni come “ci hanno rubato il futuro”, “non abbiamo futuro”, “il futuro siamo noi” eccetera, sono cose del secolo scorso e che ci siamo portati in questo senza neanche rifletterci un istante. Perché di base, il futuro è un concetto che più astratto non si può. Che nessuno ci può togliere o regalare. È il prossimo istante e non possiamo sapere cosa ci porterà. Mentre il nostro passato lo maltrattiamo allegramente. Certo è memoria e come tale impreciso, frammentario. Gli dobbiamo dare noi un senso, e neanche così avremo la certezza della verità. Ma insomma la certezza, noi signore e signore che abbiamo raggiunto una certa età, noi Grey Panthers, noi dovremmo sapere che la certezza non è cosa degli umani. Vi ho fatto tutta questa premessa per dirvi perché il mio consiglio di lettura di questo mese è “Prima di noi” di Giorgio Fontana.
Romanzo di cui si è sentito parecchio parlare, vincitore del Premio Campiello e garantito da un editore di grandissima qualità come Sellerio. Che fa questi libri sempre un po’ piccoli e squadrati (anche se questo non è, per darvi un’idea, formato Camilleri ma più grande e voluminoso) con le copertine con la costa blu che si fa trovare facilmente anche nelle librerie più disordinate come la mia. “Prima di noi” ha una forma classica, il racconto si svolge su un piano temporale lineare, dalla sconfitta di Caporetto durante la prima guerra mondiale fino ai nostri giorni. Ed è una storia di famiglia, la famiglia Sartori, che attraversa tutte le vicende del cosiddetto secolo breve (ma quanto deve essere sembrato lungo a chi ci ha vissuto, con due guerre mondiali, una dittatura, la guerra civile, un mondo da ricostruire) portandosi dietro la sua storia di fallimenti e tradimenti, di difficoltà e di piccole gioie.
La famiglia è friulana e poi emigrerà verso Milano, e così il “setting” del racconto è tutto italiano, e per me anche molto familiare. E i luoghi hanno una grande importanza in questo romanzo, che vengano scelti o che vengano subiti sono parte di quello che succede, contribuiscono a definire gli stati d’animo e le scelte dei protagonisti. L’idea che il passato, i nostri predecessori, la nostra famiglia abbia un peso per certi versi sconosciuto nelle nostre vite mi piace e mi convince molto. Mi ricordo quando è morta una zia, la sorella di mia mamma, e ho disfatto la sua casa, che era anche la casa in cui avevano vissuto i suoi genitori e che quindi raccoglieva l’eredità di quella parte della mia famiglia, sono stata felice di trovare fotografie e lettere che non avevo mai visto da bambina. Alcune hanno aperto delle domande che sono rimaste senza risposta, altre invece hanno illuminato momenti e riportato alla memoria racconti, persone, aneddoti che hanno così trovato un nuovo significato. E mi capita di pensare a quello che lascerò, ai nipoti che leggeranno le cose che ho scritto, alle foto che un giorno devo decidermi a stampare perché lasciarle nel cellulare è destinarle all’oblio.
I Sartori sono persone normali. Il primo che incontriamo, Maurizio, è un’anima sofferente e tormentata ma anche capace, all’improvviso e con sorpresa anche sua, di amore e tenerezza. Resterà tormentato e rabbioso nonostante il destino sia molto clemente con lui; o forse proprio perché il destino è clemente e non lo condanna per le vigliaccherie che commette. Nadia, che diventerà sua moglie, invece è una ragazza solare, ottimista e generosa, piena di vita, e tale resterà, nonostante con lei il destino e la storia siano molto meno clementi. Diciamo anzi che sono parecchio crudeli. E da Maurizio e Nadia nascono Gabriele, Domenico e Renzo. E da Gabriele vengono al mondo Davide e Eloisa, da Renzo Diana e Libero. E da Eloisa nasce Letizia, e da Libero Dario. E poi chissà, anche se il numero dei figli cala con il passare del tempo, è possibile che la stirpe dei Sartori continui, magari con dei rami paralleli, come quegli alberi genealogici un po’ storti che si trovano all’inizio dei romanzoni dell’Ottocento.
Man mano che la storia si avvicina ai giorni nostri ritroviamo la grande storia che abbiamo vissuto anche noi: il Sessantotto e poi il terrorismo e gli anni di piombo, l’euforia sciocca degli anni Ottanta, l’11 settembre. E l’intreccio tra le storie individuali e la Storia con la S maiuscola è bellissimo e ci avvolge e trascina, ci sono momenti in cui sembra di poter toccare con mano i grandi eventi che hanno segnato le epoche, e poi momenti in cui quei grandi eventi restano sullo sfondo e sono confusi e quasi incomprensibili. Esattamente come ci succede quando viviamo, e noi signore e signori di una certa età possiamo dirlo con la sicurezza dell’esperienza. Alle volte i grandi avvenimenti, quelli che appunto si ritrovano nei libri di storia, ci appaiono vividi e noi ci siamo dentro e partecipi. Altre volte sentiamo che ci sono ma non riusciamo a capirli e dobbiamo aspettare che il tempo si sia depositato prima che sia chiaro cosa sta succedendo. A me piacciono molto i libri che riescono ad avvicinare la grande storia al quotidiano, che sanno contenere la portata dei grandi eventi ramificandola nelle vite minute e normali delle persone. È qualcosa che ci arricchisce e nello stesso tempo ci aiuta a ridimensionare quello che ci accade intorno, a non farcene sovrastare. Cosa che mi sembra utile e importante in questo momento, nel nuovo confinamento a cui siamo costretti.
Chiusi in casa per gran parte della giornata, lontani o comunque non abbastanza vicini a nostri affetti e ai nostri amici, con le giornate che si accorciano e il freddo che si avvicina, credo che i libri siano dei preziosi alleati. Ci fanno compagnia, e questo già non è poco, e ci portano in altri universi, creati dalla nostra immaginazione, che nessuna pandemia può limitare o fermare. Ma ci insegnano anche sempre qualcosa, che sia la sofferenza e la gioia degli altri, il passato vicino e lontano, i futuri possibili (e che appunto si
“Prima di noi” di Giorgio Fontana. La grande epopea familiare di Giorgio Fontana, vincitore del Premio Campiello 2014. Romanzo storico e corale, vasto ritratto narrativo del Novecento italiano, il racconto dei Sartori affronta il fardello di un passato che sembra aver lasciato in eredità solo fatica e complessità, persino nei più limpidi gesti d’amore. Se gli errori e le sfortune dei padri ricadono sui figli, come liberarsene? Esiste una forza originaria capace di condannare un’intera famiglia all’irrequietezza? Come redimere se stessi e la propria stirpe? La risposta a queste domande è nella voce di un tempo nuovo, nello sguardo di chi si accinge a viverlo, nelle parole di uno scrittore di neppure quarant’anni che ha voluto affrontare con le armi della letteratura la povertà e il riscatto, la fede e la politica, il coraggio dei deboli e la violenza dei forti.