“Bennussi’, io non ci voglio andare alla casa di riposo”. Così ha inizio la storia di “L’invenzione della felicità” di Benedetta Gargano, Solferino. Così ha inizio la vicenda di Benedetta, 45 anni, sposata, senza figli, sceneggiatrice di soap opera, food blogger, Napoli. Allorché la nonna 97enne le dà la notizia che, in seguito a una brutta caduta, i figli vogliono metterla in una casa di riposo, e lei, Benedetta, decide di prenderla a vivere con sé. Con sé e Paolo, il marito, nella loro casa minuscola, incastrando una brandina Ikea tra libreria e scrivania. L’avvento della nonna è una rivoluzione, e in lontananza risuonano le parole della mamma: “Quando si torna a casa dalla clinica dopo aver partorito, si piange. È la vita che cambia all’improvviso e, per quanto possa sembrare assurdo, i nove mesi della gravidanza non ti preparano a quel cambiamento”. Perché è esattamente questa la sovrapposizione che avviene, e non solo nella testa di Benedetta: la nascita di un figlio/la presa in carico della nonna.
Sempre di creature in arrivo trattasi. Creature che occupano spazio, sconvolgono routine. E la creatura di questa storia ha carattere, piglio, nonché esigenze: tifa Napoli, e desidera vedere la partita da sola — si potrebbe avere un secondo televisione, Bennussi’? Immaginate Zia Mame di Patrick Dennis invecchiata. Prendete zia Mame a fatela arrivare a 97 anni. Toglietele i viaggi, le feste, mettetela in un piccolissimo salotto: lei amerà e entrerà in polemica con la stessa foga della giovinezza. Tutto dalla poltrona — “Bennussi’, mentre tu non c’eri ho telefonato a Mimmo!”.
Non dando eccezionalità al corpo sovradimensionato, l’autrice compie un gesto letterario innovativo: affermare tramite la scrittura (nel non detto, nel sorvolare leggera) che la protagonista è una donna normale. Non stabilendo consequenzialità corpo dolore, racconta un’altra storia — d’amore e di cura. E allora prima corpo che accoglie, corpo di figlia (nipote), quindi — gradualmente —, corpo a sé, riscoperta. Attraverso la nonna rimpicciolita, sempre più fragile, Benedetta riacquista contezza del suo corpo. Nell’accudire l’anziana, diventa madre e torna donna, come dimostrano i riti, vedi quello della buonanotte, mettere a letto la nonna. Rito che contiene tutti i bambini che Benedetta ha perso, cinque, e tutte la madri che non è stata (contando desideri e fantasie: cento, mille).
L’anno in cui la nonna va a vivere da lei, l’anno in cui Benedetta s’innamora, l’anno in cui Benedetta dimagrisce. È questo che fa de L’invenzione della felicità un romanzo originale, sentimentale, comico, struggente, intelligentissimo: scardinando il concetto di maternità, trovando la metafora, componendo un quadro inedito (che comprende gli infiniti modi di essere madre). Al pari della nascita di un figlio, l’arrivo della nonna cambia il quotidiano, e genera un nuovo mondo fatto di codici e parole come il Daipan, ovvero l’iPad con cuffie che Benedetta le dà per non comprare un secondo televisore, chiesto e richiesto dalla nonna la quale, dice, non può adattarsi ogni sera a quello che vedono loro — “Bennussi’, ma se il papà del creaturiello ha registrato petaloso, noi non possiamo registrare Daipan?”.
L’anno in cui la nonna va a vivere da lei, l’anno in cui Benedetta dimagrisce, l’anno in cui Benedetta s’innamora. L’ultimo anno di vita della nonna. Per quanto loro, nonna e nipote, non vogliano pensarci, per quanto ci scherzino su, il cammino è quello — «Bennussi’, è morto anche il professore Abbamonte. Ormai è un testa a testa fra me e Kirk Douglas». Il corpo nonna/nipote va rimpicciolendo: la nipote dimagrisce, la nonna perde consistenza, fino alla «bambina raggrinzita» che si sente male, «al corpicino bollente» che Benedetta prende tra le braccia. Fino alla morte, e dopo: al cappotto grigio ritrovato nell’armadio che Benedetta indossa pensando sia suo, per poi ricordare che no, è un vecchio cappotto della nonna. «Che bellezza un altro paio di mesi a dieta e questo bel cappotto te lo godi tu» avrebbe detto la nonna, e forse dice, la voce risuona. Perché un personaggio del genere, tanto ingombrante — ricattatorio, prepotente, allegro tenerissimo — rimane: in vita e in letteratura. «Bennussi’ mia, da quando sto qua mi sento dieci anni di meno» — risuona la voce per sempre.
L’autrice
L’autrice, Benedetta Gargano (Napoli, 1969), è scrittrice, sceneggiatrice e autrice televisiva (“Un posto al sole” e altre serie tv). Si è formata presso la scuola Holden di Torino e nel 2015 ha pubblicato per Loescher un romanzo per ragazzi, “Lontano da qui”. Appassionata ed esperta cuoca, food blogger, ha collaborato con “Cook”, mensile di cucina del Corriere della Sera.
Fonte: Corriere della Sera