Le aperture
Il Corriere della Sera: “Esplode un’altra piattaforma. Torna la paura dell’onda nera. Allarme macchia di petrolio nel Golfo del Messico al largo della Lousiana”. Sotto, più in piccolo, la foto dell’incontro di ieri a Washington tra palestinesi e israeliani: “In Medio Oriente pace possibile entro un anno”.
Di spalla si parla delle proteste nella scuola: “La Gelmini: troppi precari, non c’è posto. In tutta italia si moltiplicano le proteste degli insegnanti che rischiano di perdere il posto”. Il commento è affidato a Roger Abravanel (“Cosa serve davvero agli studenti”).
A centro pagina l’immagine-simbolo di Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione: Bernard-Henry Levy firma una conversazione con il figlio della donna: “Europa, battiti per mia madre”. Di spalla: “Giustizia e processo breve. Alfano va al Quirinale. Il Guardasigilli: avanti con modifiche. Il premier valuta anche altre strade”.
L’editoriale del quotidiano milanese è firmato dall’economista Maurizio Ferrera: “Meno stato, più società. Le scelte di Cameron, la via italiana”:
La Repubblica: “Economia, Napolitano accusa. Il capo dello Stato: ‘Servono un ministro e una seria strategia industriale’. Bossi: federalismo in cassaforte, niente voto”. E poi: “Gelo Colle-Alfano. Bersani: il berlusconismo riduce la politica a una fogna”. A centro pagina la foto della piattaforma della Mariner Energy esplosa ieri nel Golfo del Messico: “Esplode un’altra piattaforma, torna l’incubo in America”. A centro pagina: “La Gelmini respinge i precari. ‘Siete troppi, bisogna tagliare’. Il ministro: non li ricevo”. E poi: “‘Bocciati a scuola con 50 giorni di assenza”. In prima anche un nuovo articolo del teologo Vito Mancuso, che alla fine di un dibattito che ha aperto questa estate annuncia che lascerà la Mondadori: “Cari amici di Mondadori, preferisco la giustizia”.
La Stampa: “Gelmini: i precari sono troppi, non posso assumerli. ‘Strumentalizzati dalla politica’. Il ministro: bocciato chi farà più di 50 assenze”. Di spalla: “Golfo del Messico, brucia un’altra piattaforma. Esplosione di un impianto di proprietà americana, torna la paura di un maxi inquinamento”. A centro pagina: “Manca un ministro? Passo la voce. Napolitano ironico sul lungo interim allo Sviluppo Economico. Il Presidente: ‘E’ arrivato il momento che l’Italia si dia una seria politica industriale'”.
Il Fatto quotidiano: “La scuola di Gelmini. L’istruzione ridotta a una questione di tagli e di precari. Ma il futuro del Paese dov’è?”. L’editoriale è firmato da Michele Boldrin, che insegna alla Washington University di Saint Louis ed è dedicato alla scuola: “Forse c’è un’altra strada”.
L’Unità: “Tagli e ragli. Gelmini a vanvera: i precari? Sono politicizzati e comunque li ho ereditati. Più classi a tempo pieno… Bocciati con 50 assenze”. “La realtà: con la riforma ci saranno meno ore di studio alle superiori. Più costi per le famiglie”.
Il Riformista: “Un nuovo Napolitano. Perché il presidente sta alzando i toni. L’arma del sarcasmo. ‘Serve un ministro dell’industria? Passerò la voce’. E il capo dello Stato richiama i governo sull’economia”. In prima pagina anche una intervista al finiano Carmelo Briguglio: “Scambio tra scudo e legge elettorale”.
Il Sole 24 Ore: “Serve una seria politica industriale. Nuovo appello di Napolitano al governo sull’emergenza economica. Il Tesoro studia le linee guida su infrastrutture e Sud. La Bce alza le stime del Pil per l’Eurozona: quadro più positivo del previsto”. Sotto la testata una intervista a Tommaso Padoa Schioppa: “Tremonti è sulla linea di Prodi”.
Il Giornale si occupa della popolarità del Presidente della Camera: “Fini precipita: vale il 2 per cento. Ultimo sondaggio su Futuro e libertà. A Berlusconi non c’è alternativa: il silenzio sulla casa di Montecarlo ha tolto qualsiasi credibilità al progetto scissionista. Anche l’opposizione è nel pallone: Bersani manda nelle fogne gli elettori del centrodestra”. In prima pagina anche due commenti: Renato Brunetta si occupa della proposta di riforma elettorale, definita “una trappola”, mentre Francesco Forte risponde alle critiche del Quirinale sulla mancanza di una politica industriale: “La politica industriale? E’ questa”. In prima anche una foto dell’Amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Passera: “La difficile estate del banchiere Passera. Gli attacchi del Corriere, le ambizioni politiche”.
Libero: “Fini impose l’uomo del boss. La cricca alla Camera. Ricordate Di Girolamo, l’ex senatore arrestato per ‘ndrangheta? Davanti al magistrato la finiana Contini rivela che la candidatura fu voluta direttamente da Gianfranco. Che per primo chiamò dopo l’elezione”. A centro pagina: “Napolitano corteggia Bossi sul federalismo”.
Il Foglio: “Obama ai negoziati sceglie di puntare su basse aspettative. Per il think tank più vicino al presidente le ‘Ave Marie’ bushiane sono finite. Prove di intesa tra Bibi e Abu Mazen. Chi sta sabotando i colloqui”.
Su tutti i quotidiani la notizia del licenziamento del socialdemocratico tedesco Sarrazin dalla Bundesbank. In un libro aveva portato accuse molto pesanti al multiculturalismo tedesco e all’islamizzazione della Germania: la notizia si ritrova commentata sulla prima pagina de Il Foglio, che polemicamente sottolinea come alcuni intellettuali ed esponenti delle comunità turche ed ebraiche lo difendano, così come ha fatto l’ex cancelliere Schmidt. Anche su Il Riformista un richiamo in prima pagina con la storia di Sarrazin: si sottolinea peraltro che il suo libro stravende.
Napolitano
Secondo La Repubblica ai suoi il Cavaliere avrebbe espresso la volontà di non trattare più sul processo breve: “Se devo scendere a una trattativa con Fini – avrebbe detto – allora dico subito che il processo breve non mi interessa più. Mandatelo pure su un binario morto. Perché io con quello non tratto più niente, e nessuno è autorizzato per conto mio a trattare con lui, neppure i leghisti”. Insomma, le condizioni poste dai finiani avrebbero mandato in bestia il Cavaliere, tanto più che i sondaggi freschi sembrebbero garantirgli un pieno successo della maggioranza anche al Senato, se si andasse a votare subito. Non vale la pena quindi di svenarsi con Fini, tanto vale chiudere e non aspettare neppure il discorso del Presidente della Camera a Mirabello, eliminando l’ostacolo del processo breve. In quelle stesse ore il ministro della giustizia Alfano saliva al Colle dove avrebbe trovato un Presidente convinto a ribadire la posizione di non condizionare in alcun modo le future scelte del Parlamento.
Anche per La Stampa Berlusconi ai collaboratori ieri avrebbe detto che il processo breve non gli interessava più: “Premier rassegnato, più vicino lo strappo definitivo con Fini”, sintetizza il quotidiano, scrivendo che “il Cavaliere mette l’elmo” e dal discorso di Fini non si attende nulla di buono. E anche per La Stampa al ministro Alfano il Capo dello Stato avrebbe ribadito la sua assoluta neutralità, nessun via libera preventivo alle leggi sulla giustizia.
Su La Repubblica è Nadia Urbinati a commentare l’atteggiamento e lo stile del Presidente Napolitano, che ha deciso di rendere più incisiva la sua fino ad oggi moderata e puntuale loquacità.
Secondo il Corriere della Sera Alfano al Quirinale avrebbe portato un progetto di riforma del processo breve precisando anche le possibili soluzioni tecniche: prima di tutto quella che limiterebbe la contestata norma transitoria ai reati commessi prima dell’indulto del 2006, firmato da Romano Prodi. Escludendo i delitti più gravi, come associazione sovversiva, banda armata, mafia e sequestro di persona, ma non il reato di corruzione, che riguarda i procedimenti che coinvolgono Berlusconi. Per il Corriere Alfano sarebbe convinto che Fini all’inizio si metterà di traverso sul processo breve, ma alla fine farà passare il testo, magari con qualche piccola modifica.
Per lo stesso quotidiano nel discorso di domenica del Presidente Fini non verranno prospettati “compromessi al ribasso”.
Il Giornale apre con il sondaggio di Euromedia research secondo cui un eventuale partito del presidente della Camera “viaggerebbe su percentuali da Pli e Psdi delle annate peggiori”. Se si presentasse da solo, svincolato sia da Pd che da Pdl, otterrebbe un risultato compreso tra l’1 e il 3 per cento. Se invece si alleasse con il Pd, raggiungerebbe consensi che andrebbero tra l’1 e il 2 per cento. Il sondaggio è stato realizzato tra il 30 agosto e il 1 settembre su un campione di 1000 intervistati.
Economia
Racconta La Stampa che agli operai di Marghera, che ieri lo supplicavano di intervenire a difesa del polo chimico, Napolitano ha detto chiaramente che la vacanza al ministero dello Sviluppo economico deve finire: “Un vuoto che bisogna chiudere”, ha detto. “E’ venuto il momento, ha spiegato il Presidente, che l’Italia si dia una seria politica industriale nel quadro europeo, secondo le grandi coordinate dell’integrazione europea”, “abbiamo bisogno di questo per l’occupazione e per i giovani”, “c’è una quota assai consistente di giovani che non sono impegnati in processi formativi, né in processi lavorativi, né di addestramento al lavoro”. Ai giornalisti che lo sollecitano chiedendogli se non serve un ministro per lo sviluppo economico, risponde ironicamente: “Lei crede? Allora passo la parola”. Al Quirinale, sottolinea La Stampa, fanno notare che quello del Presidente non è stato un intervento politico ma un rigoroso richiamo di carattere istituzionale.
Su Il Sole 24 Ore una intervista all’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. Padoa Schioppa è appena rientrato da una serie di incontri in Asia, e parla della crescita in ripresa nei Paesi emergenti. Spiega perché non lo è nei Paesi avanzati, ricordando che si tratta di due crescite profondamente diverse: mentre nel primo caso si tratta di un processo spesso impetuoso, di uscita dalla povertà, “connessa al fatto che la gente si compra le scarpe, mentre prima andava a piedi nudi, si fa arrivare l’acqua corrente a casa, il telefono, compra il frigorifero”, mentre nei Paesi prosperi “l’espansione economica è fondata sulla sostituzione di beni che gà si posseggono. Perciò è fragile. Chiunque può rinviare le scelte di acquisto. E in più è in questi Paesi che si sono registrati gli squilibri finanziari principali, soprattutto con il forte indebitamento delle famiglie negli Stati Uniti”. Padoa Schioppa sottolinea che gli Usa puntano sullo stimolo della domanda, con strumenti fiscali e monetari, mentre “l’Europa guarda più all’equilibrio monetario e fiscale e non condivide l’idea che si possa, a qualunque costo, ritornare alla crescita pre-crisi come massima priorità”. L’ex ministro si aspetta che le pressioni aumenteranno nei prossimi mesi: “Gli americani premeranno sugli altri Paesi avanzati perché stimolino la crescita”, ma è convinto che l’Europa abbia una linea migliore di quella americana, perché è necessario “partire da una idea chiara di quale sia una crescita sostenibile”. Sulla politica economica del governo in carica e sulla richiesta di tagli fiscali dice: “Parlare di una riduzione generica dell’imposta non ha senso, si deve dire dove si recuperano i soldi che verranno a mancare e magari quali altre tasse vanno aumentate”. Nell’agire di Tremonti l’ex ministro vede “una continuità con la politica del governo Prodi”, poiché l’attuale titolare del dicastero dell’economia “è stato sin dall’inizio consapevole del fatto che l’Italia non aveva margini di manovra”.
Pd
Fanno discutere le parole del segretario del Pd Bersani, ieri a Firenze: “Abbiamo visto in questo agosto come il secondo tempo del berlusconismo possa far regredire la politica alla fogna”. La Stampa ritrova in queste parole l’eco dello slogan anni 70, quello dedicato ai “fascisti, carogne”. La destra rispose con una rivista fondata nel 1974 dal titolo “La voce della fogna”. Ieri ha parlato anche D’Alema, alla festa di Torino. Il Sole 24 Ore sintetizza così il suo pensiero: “D’Alema: legittimo il governo tecnico”. E spiega che “il presidente del Copasir alza i toni contro il premier e assicura il suo appoggio al progetto del nuovo Ulivo. D’Alema ha sottolineato che il governo non ha fatto nulla per contrastare la crisi, ha ragione il Presidente Napolitano a insistere perché l’economia torni nell’agenda politica: “Serve una politica industriale, ma da mesi siamo senza il titolare dello Sviluppo economico, è scandaloso”, “ci sono problemi seri e si parla di processo breve, bisognerebbe chiamarlo ‘prescrizione rapida’, l’ennesima leggina sulla giustizia per l’agenda personale del Presidente del Consiglio”. Per Il Corriere della Sera D’Alema ha chiarito che il governo si cambia anche senza votare. La Repubblica spiega così il pensiero di D’Alema: “Il voto si avvicina, prepariamoci”. L’ex ministro degli esteri ha avuto modo anche di polemizzare con il sindaco di Firenze Matteo Renzi (Se mi vuole rottamare dovrà inseguirmi per il mondo. Comunque gli consiglio maggiore cautela”), e con quelli che ha definito i “metodi squadristi” usati nei confronti del Presidente della Camera.
Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma, firma un intervento su Il Riformista: “Mettiamoci in cerca del popolo”. Zingaretti scrive che occorre evitare il rischio di cadere nel politicismo.
E poi
Su La Repubblica un reportage dalla Somalia dedicato ai pirati che, dopo aver terrorizzato i mari, sono passati alla terraferma. Non hanno una linea precisa, ma aiutano chi li paga di più. Insomma, hanno deciso di fare politica, alcuni stanno con il governo filoUsa, altri con gli estremisti di Al Shabab.
Sullo stesso quotidiano l’inserto R2 è dedicato alla “operazione Quercia” con cui i nazisti decisero di liberare Mussolini sul Gran Sasso. La vicenda viene raccontata attraverso i telegrammi segreti relativi all’operazione.
Il Corriere della Sera si occupa del caso Sakineh con una intervista del filosofo francese Bernard-Herny Levy al figlio della donna condannata alla lapidazione: “Hanno torturato mia madre Sakineh. Ora l’Europa non dia tregua all’Iran”.
Il Sole 24 Ore ha inviato a Najaf, in Iraq, Alberto Negri, che racconta come la città stia rinascendo grazie ai soldi iraniani. La città santa irachena sembra essere il simbolo della influenza crescente della Repubblica islamica. L’anno scorso ha raccolto un milione e mezzo di pellegrini sciiti. L’ottanta per cento viene da Teheran, che con Ankara è il primo partner commerciale di Baghdad”.
Si parla di Kerbala e Najaf, cuore religioso e politico della Shia nella rivista L’Interprete Internazionale, oggi all’interno del Riformista.
Sull’onda del caso Sakineh Il Sole 24 Ore si occupa di donne e diritti nei Paesi arabi: “La misoginia non è imposta dal Corano – scrive Karima Moual. I Paesi non sono tutti uguali, però: per esempio il Marocco è riuscito a desacralizzare molti tabù e, con il suo codice di famiglia, ha fatto acquisire molti diritti alle donne, impensabili in altri Paesi arabi.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)