Le aperture
La Stampa apre con la strage di Mosca: “Gli estremisti tornano a colpire la Russia. L’attentato nella zona arrivi internazionali dove i controlli erano scarsi. Kamikaze si fa esplodere: almeno 35 morti. La polizia: era un arabo”. Mark Franchetti in prima pagina scrive dell’attentato: “Jihad russa, un terrorismo nato in casa”. Una intervista annunciata in prima pagina con il direttore di Ogoniok è titolata. “Questa è guerra civile. Ora il Cremlino lo deve ammettere”. In alto, in prima pagina, le parole dei Monsignor Bagnasco: “Affondo della Cei. ‘Il Paese prova disagio morale’. Caso Ruby, i vescovi bacchettano premier e magistrati”. “Superare la fase di scontro tra poteri”.
Il Corriere della Sera: “Un kamikaze in aeroporto. Mosca torna nell’incubo. L’urlo del terrorista prima dell’esplosione: vi uccido tutti. Decine di morti nell’attacco. Un italiano tra i feriti”. L’editoriale, firmato da Franco Venturini, è titolato “La maledizione del Caucaso”. Il titolo più grande è per l’inchiesta milanese: “Le carte difensive del premier. L’indagine dei legali sul caso Ruby. ‘Trenta testimoni, ad Arcore solo serate tranquille’. E Berlusconi chiama in diretta tv: accuse e lite con Lerner”. A centro pagina: “Le critiche dei vescovi: ‘Il Paese è sgomento’. Richiamo ai politici ma anche dubbi sui magistrati”.
La Repubblica: “I vescovi: l’Italia è sgomenta. Scandalo Ruby, monito di Bagnasco. Berlusconi insulta Lerner in diretta tv. La Cei: il Paese prova disagio morale, serve sobrietà. I legali del premier depositano le memorie difensive. Spunta una legge per punire i pm”. A centro pagina: “Mosca, kamikaze fa strage all’aeroporto”. Di spalla si parla dei documenti sul processo di pace tra Israele e Anp: “Medioriente, le carte segrete del negoziato impossibile”. In evidenza anche le tensioni nel Pd dopo le primarie a Napoli: “Pd, primarie al veleno, scoppia il caso Napoli. Umberto Ranieri fa ricorso: ci sono stati brogli”.
Libero: “Scemo chi vota Silvio”. “L’ultimo slogan della sinistra”. “Gli elettori di destra? Spacciatori o pirati. Le elettrici? Zoccole o cretine. Parola loro. Ma la Chiesa delude gli antiberlusconiani e bacchetta pure i magistrati”. A centro pagina si parla della testimonianza di Nadia Macrì: “Anche i pm scoprono le balle della pornoteste”.
Il Giornale: “Giustizia sommaria. Gli abusi dei tribunali. Mentre Milano si conferma la città più spiata d’Italia, un pm vuole arrestare persino il federalismo. I vescovi parlano di mezzi spropositati per l’inchiesta Ruby. E la superteste Macrì si rivela una bugiarda”. A centro pagina la notizia dell’intervento telefonico di Berlusconi ieri durante la trasmissione di Lerner: “Il Cav si ribella agli insulti di Lerner. Berlusconi chiama in diretta all’Infedele”.
Il Fatto quotidiano: “Altro che prostituzione, vanno puniti i Pm. Il cardinalo Bagnasco prova ‘disagio morale’ per B., ma deplora la ‘mole delle indagini’. Il Pdl ringrazia. E sfodera una legge contro la procura”. “Ghedini presenta la memoria difensiva ma resta l’interrogativo: chi ha sentito Ruby il 6 ottobre? La Macrì è stata ad Arcore ma la minorenna non c’era”. A centro pagina si parla di Marina Berlusconi: “Marina la delfina. Se cacciano papà lei è pronta”.
Il Sole 24 Ore. “Irpef locale subito sbloccata”. “Federalismo: il governo pronto ad accogliere la richiesta dei sindaci per l’intervento sulle addizionali. Tassa di soggiorno al 5 per cento. Pd e terzo polo: cedolare al 20 per cento”.
Russia
Sull’attentato di ieri il corrispondente de La Repubblica racconta che le indagini “puntano all’eterna sfida della jihad del Caucaso”, racconta dei “racconti contraddittori dei testimoni”, riferisce della “puntuale notizia non confermata che i servizi segreti fossero al corrente da almeno una settimana di un attentato proprio a Domodedovo”. Viktor Erofeev, scrittore russo, scrive tra l’altro: “Noi russi continuiamo a sentirci vittime di uno odio che non cerchiamo di comprendere, ma neghiamo ogni dignità morale alle popolazioni del Caucaso come ad altre minoranze. Io stesso, l’altro giorno, partendo da Sheremetevo, mi sono quasi rallegrato di vedere una sicurezza platealmente allentata rispetto ai mesi scorsi. Mi sono ritrovato a pensare: forse non è più necessario, il problema è risolto”. “In realtà sappiamo bene che non sono le misure di sicurezza o i blitz punitivi, Nè le uccisioni di giovani terroristi nei villagi sperduti delle montagne che ci porteranno pace e sicurezza. La sola strada è quella di comprendere che abbiamo di fronte popoli e persone degne di rispetto, è saper ascoltare le loro richieste”.
Sul Corriere un ritratto firmato da Washington da Guido Olimpio di Doku Umarov, “emiro jihadista”, leader dell’ala dura del movimento ceceno che “ormai ha prevalso sui moderati”. Anche Il Sole 24 Ore parla del ritorno “dell’ombra dell’emiro Umarov”.
Ancora il Corriere della Sera intervista Boris Nemtsov, indicato ai tempi di Eltsin come “delfino del presidente”, oggi uno dei leader dell’opposizione. Si dice sicuro della matrice “cecena” dell’attentato, dice che durante gli anni di Putin gli attentati sono cresciuti perché “a questo signore non interessa minimamente ciò che accade, a lui importa solo arricchirsi per tenere in scacco l’opposizione e mantenere il potere”. Per contrastare il terrorismo ci vorrebbe “una riforma profonda dei servizi segreti”, e “cambiare la politica nel Caucaso”, perché “non si vince contro il terrorismo se non si garantiscono le libertà civili, non si elimina la corruzione e non si crea una ripresa economica”.
Su La Stampa un retroscena di Anna Zafesova si sofferma sul Caucaso, “da carta vincente a tallone d’Achille” di Putin. “Dopo dieci anni di conflitto gli attacchi dei jihadisti sono aumentati di sei volte”. Ancora la Zafesova intervista Viktor Loshak, direttore di Ogoniok, “leggendario giornale della perestrojka”, che chiede a Putin di riconoscere che è in corso una guerra civile, “non solo in Cecenia ma in tutto il Caucaso, in Kabardino Balkaria, Daghestan, Inguscezia, regioni dove non è chiaro chi detiene veramente il potere e dove la violenza non cessa”.
E poi
La Stampa intervista Sali Berissha, ex presidente della repubblica albanese, oggi primo ministro, che si difende dalle accuse di non voler concedere l’arresto delle sei guardie accusate di omicidio plurimo dopo gli scontri: quello messo in atto a Tirana dalla procura generale è “il piano B del colpo di Stato. Tutto è stato fatto secondo uno scenario ben organizzato. Sono stato circondato da 300 crimilani pagati per il loro lavoro. Il capo dell’opposizione Edi Rama era nel palazzo di fronte e dirigeva le operazioni, aspettando di entrare nel mio ufficio con la forza. Questo è stato chiaro, chiarissimo”. Berisha viene intervistato anche da La Repubblica: “Ho chiesto all’Italia di aiutarci”.
Oggi Obama pronuncerà il discorso sullo Stato dell’Unione. Scrive Il Sole 24 Ore che nel suo discorso il Presidente cercherà il consenso dei Repubblicani sull’economia: “Meno tasse sulle imprese in cambio di fondi a scuola e infrastrutture. La Casa Bianca sta cercando di ricucire i rapporti con il mondo del business come dimostra la scelta di Immelt al posto di Volcker”. Immelt è il Ceo di General Electric, ed è il nuovo consigliere economico di Obama.
Il Foglio informa che oggi ci sarà la conferma della indicazione di Najib Mikati, sunnita ma vicino ad Hezbollahg, come nuovo premier del Libano. E’ l’uomo scelto dal “partito di Dio” per guidare il governo libanese, dopo la caduta di Hariri, che rifiuta di collaborare.
Libero informa che “il Corrierone è nei pasticci”. Si parla delle contestazioni da parte della redazione al direttore De Bortoli “per i tagli” e anche delle contestazioni degli azionisti “per le posizioni anti-Fiat”.
(Fonte:La rassegna italiana di Caffè Europa, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)