Le aperture
Il Corriere della Sera: “Berlusconi: non mi dimetterò mai. Fallisce l’incontro con Bossi e il presidente della Camera. Il Pdl: questo premier oppure si va alle urne. ‘Fini? Se vuole mi sfiduci’. Lunedì i futuristi lasceranno il governo”. A centro pagina la notizia della morte del tassista milanese da un mese in coma, dopo esser stato picchiato per aver investito un cane: “Morte di un tassista buono”. A fianco: “Napolitano critica la manovra: buio sulle scelte, troppi tagli. Rincari per i treni dei pendolari, torna l’eco-bonus”. L’editoriale, firmato da Sergio Romano, si sofferma sulla legge elettorale: “Batta un colpo (se ci riesce). Un tentativo per la legge elettorale”. A battere un colpo dovrebbe essere il presidente del consiglio, per “aprire un nuovo tavolo e gettare una carta che nessuno possa ignorare”.
Il Sole 24 Ore: “Finanziaria, Napolitano è critico. Scontro nella maggioranza anche sulla manovra”. E ancora: “Il Quirinale: buio sulle scelte, non tagliate tutto. Confindustria e sindacati: mancano misure per la crescita, necessario l’ecobonus”. In prima si legge anche: “Fini: non voteremo la fiducia”. A centro pagina: “Al g20 non c’è pace sulle valute. Salgono gli spread europei, Bruxelles pronta a intervenire”.
La Repubblica: “Berlusconi: io premier o il voto. Il Cavaliere: sono in difficoltà. Fli: lunedì via i ministri. Bersani: governo di transizione con chi ci sta. Napolitano critica la manovra. Fallita la mediazione di Bossi. Fini: non cambio idea, si dimetta”. A centro pagina: “Ruby, il pm accusa Maroni: ha calpestato la verità. Il ministro querela la Fiorillo. Corona: ci sono le foto delle feste a Arcore”. A centro pagina una inchiesta a Milano, “la nuova città costruita sui veleni”. Di spalla l’economia: “Il debito dell’Irlanda fa paura all’Europa. Italia, lo spread Btp ai massimi dal 1997”.
La Stampa: “Bossi, mediazione fallita. Fini e Casini: mai più Berlusconi a Palazzo Chigi. Il Pdl: avanti o al voto. Ruby, Maroni querela la pm Fiorillo. I finiani: se il premier non se ne va, lo sfiduciamo dopo la manovra. Il Cavaliere da Seul: dimettermi? Mai, piuttosto la guerra civile”. Il titolo di apertura è per il vertice G20: “Verso un debole compromesso. Cambi e commerci. Al G20 in Corea non c’è accordo. Irlanda, cresce l’allarme crisi”. In alto: “I dubbi di Napolitano sulla Finanziaria: ‘Non tagliare tutto'”. Accanto, i dati sulle tasse in Italia: “Sono dieci milioni gli italiani che non pagano le tasse. Solo l’1 per cento dichiara più di 100 mila euro”.
Il Giornale: “Imbavagliato Feltri. Divieto di scrivere per tre mesi”. Lo ha deciso l’Ordine dei giornalisti, dopo il caso Boffo. “Alla faccia della libertà di stampa l’Ordine toglie la penna a uno dei giornalisti più importanti e liberi. Il pretesto? Il caso Boffo. La verità? Vogliono far tacere chi non canta nel loro coro. E non ci riusciranno”. Firma l’editoriale Alessandro Sallusti: “Oggi siamo tutti Vittorio Feltri”.
Stesso titolo per Libero, con caricatura del direttore del Giornale: “Imbavagliato Feltri. L’ordine dei giornalisti vieta al nostro ex direttore di scrivere per tre mesi: proprio quelli in cui si deciderà il destino politico dell’Italia. E’ lui il vero martire della libertà di stampa, non Santoro o Saviano”. Firma un commento Renato Farina, in prima pagina. Sulla politica: “Fini offre Tremonti e un pugnale. Bossi rifiuta: Cav premier fino al voto”. Secondo Gianluigi Paragone “il gioco del cerino è in mano al Colle”.
Su Il Fatto Luca Telese torna sull’intervista che ieri aveva realizzato con Vittorio Feltri: il direttore editoriale de Il Giornale gli aveva preannunciato che, in caso di condanna dell’Ordine dei giornalisti, avrebbe ipotizzato di lasciare il quotidiano. Telese lavora su questa ipotesi, dice che c’è stato un progressivo distinguo dal suo compagno di battaglia Sallusti, avendo in mente che era stato richiamato a Il Giornale con l’impegno di difendere Berlusconi. Dentro la testa di Feltri – scrive Telese – prende forma il progetto di un nuovo giornale, e della partita potrebbero far parte anche l’attuale direttore di Libero Maurizio Belpietro e il direttore di Panorama Giorgio Mulè, creando così due testate nel campo del centrodestra: il nuovo Giornale “corsaro” e quello ortodosso controllato da Sallusti.
Il Foglio: “Bossi oscilla tra le urne e il governissimo, ma il sospettato è Tremonti. Il capo della Lega vede Fini e gli offre un Berlusconi bis, il presidente della Camera e il Pd guardano al Tesoro. Il Cav punta a dicembre”. Di spalla: “Il dollaro debole di Obama fa arrabbiare l’Europa più di un Iraq. Fossato transatlantico. ‘Da quando c’è lui, qualcosa è cambiato nelle relazioni’, dice il francese e capo dei diplomatici Ue”.
Il Riformista: “A Fini non piace il bis. Fumata nera al summit di Montecitorio. Berlusconi niet. Bossi esce dall’incontro e si dice possibilista su una crisi pilotata con reincarico al presidente del Consiglio, ma il leader del Fli lo gela: ‘Le cose non sono così semplici'”. Di spalla: “Feltri è pronto a lasciare Il Giornale”. A centro pagina: “Al G20 il gioco delle tre monete”.
Politica
“Per Fli e Casini mai più Berlusconi a Palazzo Chigi: si sta ragionando – secondo La Stampa – su un salvacondotto per “favorire una uscita indolore di Berlusconi, che eviti una caccia all’uomo. Due sere fa Fini, Casini e Rutelli si sarebbero trovati d’accordo sull’ipotesi di escludere assolutamente un Berlusconi bis, e Fini ha anticipato “ai suoi sodali terzopolisti” che ritirerà la sua delegazione lunedì mattina, dopo il ritorno di Berlusconi da Seul, che voterà a favore della Finanziaria, che i suoi non parteciperanno più a voti di fiducia sul governo perché questo rapporto di fiducia si è rotto, e che già dalle prossime ore continueranno le dissociazioni parlamentari. La prima prova già questa mattina in commissione bilancio, con la presentazione di emendamenti Fli-Udc sulla Finanziaria, sui quali conta di rimettere sotto il governo. Uno degli scenari su cui si sta lavorando dentro Fli e dentro il Pdl è un governo di centrodestra con un premier diverso da Berlusconi: candidati possibili sono Tremonti, Letta, ma anche Angelino Alfano. Lo scenario più difficile è quello del governo istituzionale, con premier possibile Pisanu, ma contando su defezioni in casa Pdl e Lega. Ne è massimo sponsor, insieme a Fini, Massimo D’Alema, quando dice che un governissimo dovrebbe essere sostenuto da una base parlamentare “la più larga possibile”. Intanto lo stesso quotidiano riassume così lo sfogo di Berlusconi nella notte a Seul: “Dimissioni? Piuttosto la guerra civile”. Queste sono le parole che avrebbero ascoltato i vertici del partito tramite interfono.
Anche Il Giornale descrive un Berlusconi furibondo con Fini: “Si assumano le responsabilità della crisi e diano corso alle loro minacce”. Insomma, deve essere Futuro e Libertà a votare contro il governo. E anche sul quotidiano di Feltri una sorta di retroscena: “Fini tenta Bossi: Tremonti o Maroni premier”. Mentre il piano di Casini è quello di “far fuori il Cav senza passare dalle urne”.
Su La Repubblica: “E Gianfranco tenta Umberto, ‘più facile un governo senza Silvio'”. Ieri nell’incontro Bossi-Fini, il senatur avrebbe detto al presidente della Camera: “se voi accettate un Berlusconi bis, nel nuovo governo ci sarebbe spazio per un numero maggiore di vostri ministri, anche con portafogli. Si potrebbe aprire un dialogo per la riforma parziale della legge elettorale. E Silvio potrebbe sacrificare gli ex colonnelli di An”, facendo riferimento a La Russa e Gasparri. Fini insiste che l’era Berlusconi è finita. Libero: “Bossi non tradisce: il premier resta Silvio o andiamo a votare”. Anche qui si scrive che “per sedurre Umberto” Fini aveva proposto una presidenza del consiglio affidata a Tremonti. Per La Repubblica Berlusconi sarebbe intenzionato a chiedere subito la fiducia al Senato. Il Corriere della Sera scrive che il leader di Futuro e Libertà avrebbe lanciato le ipotesi di Tremonti o Maroni. L’ipotesi che i finiani possano appoggiare un esecutivo con una maggioranza risicato in Parlamento, per il Corriere è da escludere, e non solo per i dubbi di Napolitano, ma perché i futuristi si ritroverebbe ostaggio dei numeri della sinistra. Diverso sarebbe se “un pezzo significativo del Pdl (parole di Bocchino) si staccasse dal Cavaliere. Un pezzo del Pdl o la Lega, o tutti i due insieme. Non a caso Fini, nel colloquio con Bossi, ha rimarcato che auspicherebbe la nascita di un nuovo esecutivo sostenuto da una “maggioranza di centrodestra”. Ribadendo di non essere “pregiudizialmente contrario a un Berlusconi bis”, ha evocato per Palazzo Chigi il nome di Tremonti, prima di farne altri, compreso quello di Maroni.
Intanto il Pd (scrive ancora il Corriere) non sarebbe contrario all’ipotesi caldeggiata da Casini, ovvero il tentativo di un nuovo centrodestra con un altro premier, da mandare in porto entro l’anno.
Esteri
Secondo La Repubblica sulle valute il G20 in corso ha Seul ha “già fallito”, Cina e Usa sono ancora ai ferri corti ed è impraticabile un accordo sulle svalutazioni. Nel comunicato in preparazione ci sarà, secondo il quotidiano, un accenno al fatto che nessuno deve fare svalutazioni competitive. E sarà anche un richiamo alla necessità di riequilibrare i Paesi in attivo e quelli in defici commerciale. Ma non è previsto nessun impegno vincolante sui cambi, lasciati al libero gioco del mercato: “siamo pronti a rivedere la politica dello yuan, ma occorre un contesto esterno favorevole”, ha detto il presidente cinese Hu Jintao. Impensabile anche un target sui surplus, chiesto dagli Usa, cui è contraria anche la Germania. Al momento tra i big ci sono solo due punti fermi: le nuove regole della finanza disegnate dal Financial Stability board, che oggi avranno l’avallo politico del G20 dopo la lettera appello del presidente Mario Draghi; la riforma del Fondo Monetario Internazionale, con l’ingresso dei Paesi in via di sviluppo nella stanza dei bottoni.
Anche per La Stampa al G20 Obama è isolato, e gli Usa sono sul banco degli imputati per la decisione della Fed di acquistare centinaia di miliardi di titoli del tesoro Usa, con una mossa sospettata di voler abbassare artificialmente il valore del dollaro. Dice il presidente brasiliano Lula: “Politiche come quella della Fed rischiano di mandare in bancarotta il mondo intero”, “se i Paesi ricchi che non consumano vogliono sostenere l’economia con le esportazioni andremo tutti incontro ad un collasso, perché si innescherà una corsa a vendere”.
La Stampa parla di un “nuovo asse Germania-Cina”. Sottolinea che la Cancelliera Merkel è riuscita a mettere sul tavolo le ragioni di una economia in crescita e a guidare il gioco, facendo del suo Paese il vero interlocutore europeo di superpotenze come gli Usa, dando finalmente una risposta alla domanda di Kissinger (“chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?”). Il quotidiano sottolinea anche che si vedono oggi i risultati degli anni di agenda 2010 del cancelliere socialdemocratico Schroeder.
Il Corriere della Sera si occupa della Gran Bretagna di Cameron, poiché ieri il ministro del lavoro Duncan Smith ha presentato un “libro bianco” in cui viene presentata la riforma del welfare che il quotidiano considera la più grande rivoluzione a partire dal rapporto Beveridge del 1942. Il via sarà dato nel 2013, è una riforma che tocca 5 milioni di individui, fa risparmiare otto miliardi di sterline ogni anno. Obiettivi: unificare le elargizioni pubbliche (dall’indennità di disoccupazione ai crediti di imposta per i figli a carico, ai benefici per le spese abitative a favore dei poveri) in un singolo assegno, per evitare che si guadagni di più stando a casa piuttosto che cercare un lavoro a bassa retribuzione. Incentivare i senza lavoro all’aggiornamento e alla riconversione, prevedendo che, ad esempio, il disoccupato che respinge la prima offerta di lavoro perde i contributi di welfare per tre mesi, di fronte alla seconda offerta rifiutata congelamento degli assegni per sei mesi e, con il terzo diniego, taglio per tre anni.
Il Sole 24 Ore, sulla Gran Bretagna: “Il nuovo welfare premia chi accetta un lavoro”, “la riforma lascia il 35 per cento del sussidio ai disoccupati assunti”.
Sullo stesso quotidiano, due analisi sulla formazione del nuovo governo in Iraq: intesa dopo otto mesi di stallo, lo sciita Al Maliki rimane premier, il curdo Talabani presidente. Il leader della coalizione cross-sectarian Allawi, che pure aveva ottenuto 2 voti in più, ha rinunciato a chiedere la premiership, ma c’è malcontento tra i sunniti. Alberto Negri, nel suo commento, evoca l’esempio Libano per questo nuovo Iraq. Anche per il ruolo di attori esteri che in questo caso, sono soprattutto Iran, Siria e Turchia.
Tutti i quotidiani raccontano la storia di una Sakineh cristiana: si chiama Asia Bibi, è -scrive La Repubblica– una povera contadina del Punjab pakistano, 37 anni, cinque figli. A giugno, lavorando nei campi con le compagne, le venne chiesta dell’acqua, che andò a prendere ad una fonte. Le sue amiche – musulmane, però, la rifiutarono, poiché consideravano quell’acqua impura. Le spiegarono che il cristianesimo è una religione inferiore, lei difese la sua fede, paragonò il Nazareno al profeta e disse qualcosa come “lui per noi si è fatto crocifiggere. Ha gettato il suo sangue per noi. Cosa ha fatto Maometto per voi?”. Venne picchiata, rinchiusa in cantina, intervenne la polizia. Così Asia domenica scorsa è stata condannata a morte per impiccagione. Il caso ha voluto che proprio ieri atterrasse ad Islamabad il ministro degli esteri italiano Frattini, che ha chiesto di non procedere all’esecuzione.
E poi
Da segnalare su La Stampa una intervista a Giuseppe Zamberletti, fondatore della Protezione civile, ex ministro. Parla anche di Bertolaso. Dice che negli anni la Protezione civile è stata “snaturata”, perché la sua forza era nella esaltazione del ruolo degli enti locali: “Il rischio, invece, è quello che con il processo di centralizzazione eccessiva delle decisioni, vi sia un parallelo processo di deresponsabilizzazione degli enti locali. I sindaci rischiano così di diventare soltanto i sindacalisti delle popolazioni”.
Sulla gestione Bertolaso: “Vedo il rischio che si scarichino sulla protezione civile competenze e attività improprie, come l’organizzazione dei grandi eventi sportivi, religiosi, internazionali”, mentre il compito istituzionale della Protezione civile è quello della prevenzione e della previsione. E su Bertolaso manager dei grandi eventi “ha fatto quel che la politica gli ha ordinato di fare”.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)