Le aperture
Il Foglio: “Perché attacco i pm. Intervista al presidente Berlusconi: ‘C’è un piano antidemocratico, gestito da procure spionistiche e con giacobini al seguito, per liberarsi di me evitando il voto. Ma io non cedo, e al Quirinale c’è un galantuomo”. Di spalla “la svolta d’Egitto”. “I generali decidono il destino di Mubarak e la piaza aspetta di ottenere quello che vuole. Per la transizione ordinata sono tutti al lavoro, soprattutto gli oligarchi. Le paure dei Fratelli Musulmani”.
La Repubblica: “‘Un golpe, io spiato come nella Ddr’. Oggi l’incontro tra il Cavaliere e Napolitano. Frattini: su Ruby violata la privacy, pronto ricorso alla Ue. A Milano Pdl in piazza contro la procura. La Consulta: non siamo comunisti. Berlusconi: ultimo giudice è il popolo. Tg1, arringa di Ferrara contro il premier. Il Pd: vergogna”. A centro pagina: “Mubarak: poteri a Suleiman, ma resterò. Esplode la rabbia nelle piazze d’Egitto”. “La beffa finale del Faraone di plastica” è il titolo del reportage di Bernardo Valli”.
Il Giornale: “In piazza contro il golpe”. “Oggi, davanti al tribunale di Milano, prima manifestazione per contestare i giudici politicizzati. Domani l’evento antimoralisti di Ferrara. Il Cavaliere: ‘Spiati come nella Germania comunista’”. Sotto il titolo di apertura una serie di foto che mostrano “le donne che dicono no al corteo”. “Chi diserterà l’iniziativa della sinistra”. Si riconoscono Emma Marcegaglia, Simona Ventura, la tennista Francesca Schiavone, la deputata Rita Bernardini, Clio Napolitano. “La first lady Clio Napolitano invita ad ‘affrontare problemi più di sostanza’”. A centro pagina anche l’Egitto: “Mubarak cede il potere ma resta”.
L’Unità: “Non è più un film”. Fotogramma dal film di Moretti Il caimano, e intervista al regista: “Berlusconi lascerà macerie. Hanno paura del Caimano perché è profetico. E la Rai lo rinvia all’infinito”. In alto l’Egitto: “Mubarak non se ne va”.
Il Riformista: “Atteso al Colle. Oggi un Napolitano furioso incontra un Berlusconi scatenato. Il Cav stamattina manda in piazza il Pdl davanti al Tribunale di Milano e parla di inchieste da Germania comunista. Il Quirinale, irritato per la sua strategia di guerra nelle istituzioni, arriva a un passo dall’annullare l’appuntamento”.
La Stampa apre con la cronaca (la vicenda delle due gemelline). Sotto, un titolo sulla politica interna e uno sull’Egitto: “Berlusconi attacca: ‘contro di me un golpe morale’. Il premier: certe inchieste degne della Ddr. Oggi l’incontro con Napolitano”. E poi: “Mubarak resta al suo posto. Esplode l’ira della piazza. Il presidente egiziano passa i poteri al vice Suleiman. La folla invoca l’intervento dell’esercito”.
Il Corriere della Sera: “Mubarak si aggrappa al potere. La crisi egiziana. Il discorso in tv dopo le voci di colpo di Stato militare rinvia ancora le dimissioni. ‘Resto fino a settembre, ma delegherò il mio vice’. La furia della piazza”. A centro pagina: “Berlusconi accusa i ‘puritani’. ‘Inchieste da Paesi comunisti'”.
Il Sole 24 Ore: “Mubarak sfida la piazza. Il presidente in tv gela le attese: poteri a Suleiman, ma resto fino alle elezioni, non accetto diktat stranieri. Al Cairo l’ira dei manifestanti. Decisivo il ruolo dell’esercito”.
Libero: “Fini alla canna del gas. Il Fli nasce moribondo. Oggi a Milano il congresso futurista, con tanto di confessionale alla Grande Fratello. Ma il partito vale appena il tre per cento. Piepoli: ‘Crollo irreversibile, può solo peggiorare'”. In prima anche l’intervista a Berlusconi firmata da Giuliano Ferrara: “Resisterò al golpe giudiziario. Contro di me un complotto da Germania comunista’. Il Pdl manifesta davanti al Tribunale”.
Il Fatto quotidiano: “I soldi degli Agnelli volano in Cina. John Elkann prende la guida di Exor, la cassaforte di famiglia. La svolta: gli utili della Fiat vanno investiti in Asia, non più in Italia”.
Egitto
Su La Stampa una intervista ad Ayman Nour, oppositore di Mubarak, leader del partito El Ghad, arrestato e condannato a cinque anni di carcere, libero dal 2009. Dice che la storia di Mubarak si è chiusa “ma lui continua a non capirlo. Non ha ceduto il potere, insiste per restare al suo posto”. Sulla paura di una ascesa dei Fratelli Musulmani o di una deriva integralista: “Sono anni ormai che il regime esagera la forza dei Fratelli Musulmani. Lo ha fatto per terrorizzare gli alleati occidentali ed ottenere il loro appoggio, sfruttando il ricatto dell’estremismo islamico. Ma non è così. I giovani che hanno iniziato e gestito la protesta sono i laici, e non permetteranno la nascita di uno stato confessionale. Naturalmente i Fratelli Musulmani fanno parte della nostra società e devono sedersi al tavolo della nostra democrazia, ma non la deraglieranno verso altri fini”. Ayman Nour viene intervistato anche da Il Foglio.
La Repubblica intervista il politologo francese Gilles Kepel, specialista di islam e di mondo arabo. Si sofferma in particolare sul ruolo dell’esercito, e dice: “Anche se c’è stata una forte pressione da parte di una gioventù colta e sensibile al discorso dei diritti umani, gli avvenimenti egiziani non sono stati guidati dai manifestanti. Mi ricorda quanto accadde nel 1952, quando arrivarono al potere i liberi ufficiali, guidati da Nasser. Le forze armate occuparono i ministeri, le stazioni radio e tutti gli obiettivi militari, e in brevissimo tempo la capitale”. Insomma, “l’Egitto è oggi controllato dallo Stato maggiore militare, che evidentemente ancora non vuole che il Presidente vada via. E ciò per paura che sia l’inizio della fine. Teme che Mubarak possa essere il primo fusibile e che poi tocca ad Omar Suleiman, al premier Ahmed Shafiq, e così via”. Spiega che Mubarak ha detto che trasferisce la sua autorità al vicepresidente Suleiman, ma resta al suo posto: se avesse lasciato, i manifestanti avrebbero raggiunto il loro obiettivo e avrebbero “potuto capitalizzare la loro vittoria nelle trattative con l’esercito”. Sui Fratelli Musulmani: “Al momento il loro ruolo è stato piuttosto marginale. I militari stanno trattando con una opposizione molto più ampia, che comprende anche i cosiddetti blogger, nel tentativo di cooptarli all’interno del sistema”. Kepel considera legittimi i timori di Israele, perché da quella parte della sua frontiera, lo stato ebraico ha beneficiato negli ultimi 30 anni di una situazione di grande tranquillità. E anche se Suleiman è stato uno degli artefici dei buoni rapporti israelo-egiziani, Gerusalemme è adesso preoccupata dalle pressioni che potrebbe esercitare sul Paese un nuovo potere”.
Anche su Il Sole 24 Ore, attenzione sull’esercito egiziano: con gli scioperi nelle grandi industrie e a Suez il Paese rischia il collasso, ed è un quadro che può favorire l’intervento delle forze armate.
Una delle analisi de Il Foglio spiega che i generali egiziani hanno concluso ieri un “colpo di stato alla turca”: hanno costretto Mubarak a cedere, gli hanno tolto il ruolo di baricentro della transizione, un po’ come accadde ad Ankara nel 1980. Il Corriere della Sera offre invece una analisi e spiega come “si è bloccato il golpe dell’esercito”, con il racconto della “notte più lunga degli agenti segreti”.
La Stampa scrive che l’Arabia Saudita appoggia Mubarak e che Ryad sarebbe pronta a sostituirsi agli Usa nel fornire armi all’Egitto. Ancora su questo quotidiano, in una analisi si legge che è “probabile che l’esercito si fosse davvero messo d’accordo con Washington per liberarsi dello scomodo presidente”. Si raccoglie l’opinione di Essam El Eryam, membro della direzione dei Fratelli Musulmani, che del discorso di Mubarak dice: “E’ una follia. Non accettiamo una sola parola di quello che ha detto. E’ stata una mossa completamente irresponsabile. Adesso il Paese brucerà”.
L’Unità intervista Mohammed Moursi, portavoce dei Fratelli Musulmani. Dice che “l’esercito non può garantire dal solo la transizione. Se così fosse saremmo di fronte a un golpe”. E poi: “noi non abbiamo alcuna intenzione di fare dell’Egitto uno stato religioso. I Fratelli Musulmani non mirano alla conquista del potere”. Sullo stesso quotidiano un lungo ritratto di Mubarak: “L’alleato di Israele che ha tessuto il destino del Medio Oriente”.
In Iran l’opposizione aveva chiesto di poter manifestare il 14 febbraio in solidarietà con i movimenti di protesta in Egitto e in Tunisia. Ma le autorità iraniane hanno deciso ieri di arrestare uno dei leader dell’Onda verde, Medhi Karroubi, come ricorda La Repubblica. Anche perché cade oggi il 32 anniversario della rivoluzione khomeinista.
Politica
Intervistato dal quotidiano Il Foglio, il presidente del Consiglio dice: “Per quanto mi riguarda devo osservare che dalle cronache di questi giorni si capisce che i pubblici ministeri e i giornali o i talk show della lobby antiberlusconiana, che trascina con sé una opposizione senza identità propria, si muovono di concerto, si passano le carte, non si comprende in base a quale norma, come nella inchiesta inaccettabile di Napoli”. Oppure, come avvenuto a Milano, scelgono insieme i tempi e i modi per trasformare in scandalo internazionale inchieste farsesche e degne della caccia spionistica alle ‘vite degli altri’ che si faceva nella Germania comunista”. Dice che stanno tentando di liberarsi di lui “evitando il voto degli italiani”, ma sottolinea la differenza rispetto al “ribaltone” del 1994-1995: allora c’era Scalfaro alla presidenza della Repubblica, e quindi “diedero una parvenza di istituzionalità a una manovra di Palazzo”, mentre oggi “abbiamo un Presidente che è un galantuomo” e quindi ricorrono a quello che lo stesso Ferrara aveva chiamato “golpe morale”.
Si apre oggi il congresso fondativo di Futuro e Libertà, ma secondo il direttore di Libero Maurizio Belpietro, Fini “si appresta a mettere in scena il suo fallimento”, perché anziché sancire l’uscita di scena del Cavaliere, il congresso segna la debolezza del progetto nato a Mirabello ma mai uscito dalla incubatrice. Fli, dal 14 dicembre (giorno della fiducia a Berlusconi) ha perso pezzi e soprattuto voti.
Anche su Il Giornale si parla dell’avvenimento come della “nascita di un partito già morto”: per circa un quindicennio l’elettorato di quella che era An si è mosso in nome e per conto di un patto con la Lega e Forza Italia, e se domani si andasse a votare non si capisce bene in nome di cosa e perché il suo elettore tradizionale dovrebbe premiare il partito, né quale potrebbe essere il suo appeal per chi finora non l’aveva votato.
Su La Repubblica: “nasce il Fli, già diviso sul’antiberlusconismo”, “Fini: non mi dimetterò, la Camera dovrà decidere sul processo Ruby”. E sul Corriere: “‘Partitino’ o ‘primo polo’, Fli al bivio”: i finiani divisi su un’eventuale alleanza con il centrosinistra.
Il Giornale riassume la situazione in cui si trova Fini così: “prepara l’ultima sceneggiata: autosospeso dopo l’incoronazione”. Fini accetterà quindi la leadership del nuovo movimento, ma si autosospenderà un secondo dopo la proclamazione, per non offrire il fianco alle critiche di essere presidente della Camera anomalo (“Per tenersi stretta la poltrona della Camera”).
Il Foglio, sotto il titolo “il Quirinale vuole Futuro e sobrietà”, scrive che Fini ha deciso di rispettare (“non senza fatica”) gli autorevoli suggerimenti arrivati dal Quirinale: una volta eletto presidente di Fli, si autosospenderà dall’incarico di presidente della Camera. Nei giorni scorsi aveva già fatto cancellare il proprio nome dal simbolo del nuovo partito.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)