Le aperture
Il Corriere della Sera: “Yara ha cercato di difendersi. La morte della tredicenne: ferite al collo e alla schiena. Trovati la sim del cellulare e l’Ipod. Uccisa con almeno sei coltellate. Il parroco: l’orco è tra noi”. A centro pagina la Libia: “La rivolta accerchia Gheddafi: un governo nelle zone liberate”. “Il rais sfida l’Occidente: io resto. Tunisia, via anche il premier”. L’editoriale, firmato da Piero Ostellino: “Il conflitto culturale italiano. Idee diverse di democrazia”, sul confronto tra centrodestra e centrosinistra.
La Repubblica: “L’Onu: processate Gheddafi”, “‘Crimini contro l’umanità’. Gli Usa: aiuteremo gli insorti”. Si spiega poi nell’occhiello che l’opposizione ha formato un governo di transizione nazionale a Bengasi. Un richiamo anche per la rivolta in Oman e per il nuovo primo ministro in Tunisia. A centro pagina le notizie di cronaca sull’assassinio di Yara: cercò di difendersi, sei coltellate sul corpo”: Di spalla: “Scuola pubblica, bufera sul premier. Il Pd: in piazza”. In taglio basso: “Torino, primarie record, un trionfo per Fassino”.
In prima da segnalare due interventi sulla politica italiana. Il primo è quello di Nadia Urbinati, dedicato alle generose offerte del Cavaliere alla Chiesa, per ottenerne l’appoggio. Il secondo è firmato da Ilvo Diamanti e spiega come, spostando l’attenzione dai partiti alle coalizioni, la maggioranza di centrodestra perderebbe voti.
L’Unità dedica l’apertura alle parole di Berlusconi sulla scuola pubblica: “La scuola è per tutti. Di nuovo in piazza. Franceschini: protesta per il sapere il 12 marzo”. “Gelmini dimettiti. Bersani: via ora. Prof e studenti pronti alla rivolta”.
“Libia, miglia di profughi verso i confini” è il titolo di apertura de La Stampa. “All’Onu anche la Cina vota le sanzioni”. “La Clinton: aiuteremo gli insorti. Gheddafi accusa l’occidente e Al Qaeda. A Bengasi nasce un Consiglio Nazionale”. A centro pagina le notizie su Yara, “uccisa con sei coltellate. Segni di tagli su collo, schiena e mani. Gli inquirenti: il corpo della ragazza è sempre stato in quel posto”.
Il Sole 24 Ore: “Crisi libica: caos o rinascita? L’export italiano stima un calo di 8 miliardi. Primi segnali positivi dall’Egitto”.
Il Giornale: “La Boccassini è in bolletta. Ha speso tutto per Ruby. Il Pm: non ci sono i soldi per intercettare i narcos’. E poi le inchieste su droga e mafia fanno meno notizia”. “Dopo la P2 e la P3 spunta la P4. L’inchiesta è di Woodcock: c’è aria di un altro bluff”. A centro pagina un articolo di Fiamma Nirenstein sulla decisione del Consiglio di sicurezza Onu sulla Libia: “Che beffa vedere la Cina fare la morale a Gheddafi”.
Libia
Il Corriere della Sera spiega che da ieri pomeriggio la Libia orientale ha un governo provvisorio: lo chiamano “Consiglio nazionale transitorio” ed è composto da 15 tra i leader più importanti, almeno cinque donne, in grande maggioranza avvocati e giudici. Spiegano i portavoce: “Siamo civili, vogliamo finalmente un governo dove i militari obbediscano ai politici come da voi in Occidente”. Per il momento lo guida Mustafa Abdel Jalil, ex ministro della giustizia, che da poco ha lasciato il fronte pro Gheddafi. Ma il suo ruolo pare resti controverso, a Bengasi molti ne chiedono le dimissioni o il ridimensionamento. Il governo ha annunciato elezioni entro tre mesi.
Ieri, racconta L’Unità, è tornato a parlare Gheddafi: lo ha fatto con una intervista alla tv serba in cui è tornato ad accusare Al Qaeda ed ha condannato il consiglio di sicurezza Onu per le sanzioni e la possibilità di una commissione di inchiesta per crimini di guerra nei suoi confronti. “Resterò nel mio Paese. Combatterò fino all’ultimo respiro”, ha detto il colonnello.
La Stampa ha un inviato a Tripoli: “Tripoli, il rais nel bunker maledice Al Qaeda e l’Onu. La gente fa la coda nelle banche per ritirare i sussidi donati dal colonnello: ‘300 euro sono tanti, ma di certo nom bastano a morire per lui'”. Gheddafi – scrive La Stampa – potrebbe anche non capitolare del tutto, ritagliandosi un territorio in cui esercitare il suo dominio: parte della Tripolitania e del Fezan”. Sullo stesso quotidiano si descrive come “storica” la decisione presa al Palazzo di Vetro di varare una risoluzione che prevede il blocco dei beni di Gheddafi e di alcuni dei suoi familiari, l’embargo alle vendite di armi e il deferimento dinanzi alla Corte Penale Internazionale dell’Aja per i crimini di guerra. Su quest’ultimo punto si cita il precedente che riguarda il Sudan: nel marzo 2005 venne dato il via libera all’incriminazione, poi formalizzata nel luglio 2010 con un mandato di arresto, del presidente sudanese Al Bashir.
Anche La Repubblica ha inviati in Libia, per vedere da vicino gli insorti della Cirenaica. Lo stesso quotidiano intervista il politologo francese Olivier Roy, tra i massimi esperti di islam in Europa. Spiega che quando si parla di primavera araba bisogna tener presente che il movimento ha due anime: è una rivolta e una rivoluzione. “E’ una rivolta perché le manifestazioni non erano programmate e non sono ideologiche, non hanno alle spalle leader, partiti, agende politiche. Vogliono una sola cosa: la democrazia. Ma è anche una rivoluzione perché vuole cambiare la società dal profondo, e perché viene dal mondo reale, dai giovani, dall’oggi”. Sono sulla scena due generazioni, con obiettivi diversi: in piazza ci sono giovani arabi istruiti e non ideologici, appartenenti ad una generazione post-islamista. Ma il controllo delle leve del potere, secondo Roy, in Egitto e in Tunisia, lo hanno vecchi generali, ispirati da una ideologia politica vecchia, tutta legata al concetto di autorità: “per loro lo Stato è potere e ordine”, tentano di gestire una transizione ordinata, ma i giovani vogliono la democrazia ora, e non una transizione indefinita. L’Occidente deve “togliersi i paraocchi” con cui da trenta anni guarda il mondo arabo, ovvero “la paura del nemico islam”, dell’estremismo.
Fiamma Nirenstein su Il Giornale si sofferma sulla decisione della Cina di unirsi ai Paesi che hanno votato le sanzioni nei confronti di Gheddafi. Ricorda che la stessa Cina ha, malgrado le sanzioni varate in passato contro il Sudan per il genocidio in Darfur, continuato a fare vantaggiosi contratti con il dittatore Bashir. Allo stesso modo, sul caso iraniano, ha salvaguardato la costruzione del nucleare iraniano, cui peraltro ha preso parte. “Insomma, la Cina si contrappone anche nel caso libico per salvaguardare i suoi interessi. Ma anche per gestire, con la sua contrapposizione agli Usa, un potere mondiale alternativo”. Si ricorda altresì che la Cina siede all’Onu anche nel consiglio diritti umani dal 2009 ed ha aiutato la stessa Libia ad entrare in questo Consiglio, di cui faceva parte anche l’Egitto, e in cui siedono anche Bahrein, Arabia Saudita.
Si occupa di rivolte nel mondo arabo una lunga analisi dell’ex direttore di The Economist Bill Emmott. Che, si sofferma sul voto della Cina che, secondo Emmott, “oggi tiene all’importanza di istituzioni e accordi multilaterali” molto più di quanto avvenisse nel 1989. Sarà importante ricordare le dichiarazioni della Cina di questi giorni quando i tibetani o i musulmani dello Xinjang scenderanno in piazza. Ma la parte più interessante dell’articolo di Emmott riguarda i possibili futuri rapporti tra i Paesi del nordAfrica e l’Unione Europea: sarebbe auspicabile “una qualche sorta di forma di adesione all’Ue per alcuni Paesi nordafricani”. Si potrebbe elaborare una nuova formula per consentire una integrazione economica, un successivo accesso ai commerci e al mercato unico, senza concordare per il momento una piena libertà di movimento. L’Ue stessa dovrebbe cambiare di nuovo nome, diventando Unione Europea e Mediterranea.
Tutti i quotidiani riportano peraltro notizie dalla Tunisia, dove il primo ministro Gannouchi, dopo 42 giorni, ha rassegnato le dimissioni dall’incarico, che aveva assunto in un governo considerato di transizione. Era ritenuto troppo vicino al regime di Ben Ali (è stato primo ministro per 11 anni). Il Corriere riferisce le parole pronunciate lasciando l’incarico: “dopo aver riflettuto per una settimana ho deciso di lasciare il mio posto. Non voglio essere un primo ministro della repressione”. In serata il suo successore è stato individuato in Beji Caid Essebsi, che è stato ministro ai tempi di Bourghiba. E’ una soluzione provvisoria – sottolinea La Repubblica – in attesa delle elezioni previste per luglio. Ma non c’è niente di definitivo: il movimento di rivolta chiede una nuova costituzione, e non è chiaro se il nuovo governo organizzerà elezioni parlamentari o direttamente il voto per una assemblea costituente. E’ “in fiamme” anche l’Oman, fa sapere ancora La Repubblica, mentre l’Arabia Saudita ha annunciato riforme.
Primarie
A Torino hanno votato in 53186 per le primarie del centrosinistra. La più alta affluenza in rapporto alla popolazione mai registrata in queste consultazioni in Italia, come sottolinea La Stampa. Più di un elettore su due (il 55,3 per cento) ha votato per Piero Fassino, che viene intervistato dallo stesso quotidiano. Dice che Torino e i torinesi hanno salvato lo strumento delle primarie ed anche il Pd, “perché, dopo il risultato di Milano e i pasticci di Napoli la tentazione di abolire questo straordinario strumento di partecipazione era forte. E invece le primarie funzionano. Forse c’è qualcosa da cambiare, ma è certo che permettono di ricostruire un rapporto tra la politica e i cittadini. E questa è una risposta a chi, nel mio partito in queste settimane, le ha messe in discussione”. Per Fassino il risultato di Torino è la dimostrazione che quando i cittadini vengono chiamati a decidere davvero, ci sono. La partecipazione popolare di ieri rafforza Bersani come leader del Pd.
Sul Corriere della Sera si riferisce che Veltroni ha chiesto che le primarie siano istituite per legge, rendendole “obbligatorie” per tutti i partiti. Lo stesso quotidiano intervista Carlo Callieri, l’ex manager Fiat tra gli ideatori della marcia dei Quarantamila. Dice che “Fassino era il candidato più autorevole” e invita il centrodestra a candidare una valida alternativa. Fassino nel 1980 era responsabile della commissione fabbriche del Pci di Torino, stimato anche dall’avvocato Agnelli. Callieri dice che a Torino “le grandi opere sono già state fatte”, e ora bisogna “curare l’esistente con impegno”. Parla della Fiat e dice: “Il futuro di Torino è legato alla conferma di sede di attività manufatturiera di alto livello, ma è fondamentale che si continui sul fronte della progettazione, della ricerca e dello sviluppo sia in campo automobilistico sia in quello aeronautico e spaziale, con investimenti ad esempio nel Politecnico. L’altro candidato di peso, Davide Gariglio, ha ottenuto il 27 per cento.
E poi
Carlo Galli su La Repubblica recensisce il libro dello storico Sergio Luzzatto dedicato alla questione della esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Lo pubblica Einaudi e il titolo è “Il crocifisso di Stato”. Sullo stesso quotidiano, alle pagine R2 della cultura, si dà conto dell’ultimo libro di Hans Magnus Enzesberger: critico sull’Unione Europea, che definisce “il mostro soft”, Enzensberger accusa le istituzioni perché tendono ad omologare gli Stati e pretendono di stabilire anche le forme dei wc.
L’Unità, nell’inserto del lunedì “Cose dell’altro mondo”, offre ai lettori gli interventi di Anne Applebaum da Slate.com (“Non parlate di muro: il vento dell’Africa è come un nuovo 48”), di Stephen Kinzer, da Daily Beast (“Il futuro dell’Egitto: un’altra Turchia o un nuovo Iran?”) e del direttore del WTO Pascal Lamy (“Prezzi in salita: il mondo sull’orlo di una crisi di cibo”).
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)
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Un buon esempio per tutta l'Europa, (dal free-press Leggo, http://www.leggo.it) Obama e Hillary Clinton: "Siamo pronti ad aiutare gli oppositori del colonnello Gheddafi in Libia. Dobbiamo vedere la fine del regime ed evitare un nuovo bagno di sangue". L'Onu ha votato le sanzioni contro la Libia di Gheddafi, mentre nelle aree del paese liberate dal regime è stato creato un Consiglio nazionale. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all'unanimità una risoluzione che prevede il deferimento alla Corte Penale dell'Aja il dittatore Gheddafi sospettato di crimini contro l'umanità.
Segnalo la recente copertina di " Time Magazine" che mostra una foto di un gruppo di giovani egiziani "ribelli" attivisti al Cairo con il titolo che sottolinea la loro giovane età con un certo ottimismo e speranze per il futuro :
"The generation changing the world"