La Repubblica: “Kabul liberati gli italiani, ‘non sono colpevoli’”. Spiega il quotidiano: “Rilasciati dopo otto giorni i tre volontari di Emergency”. “Gino Strada: volevano screditarci”. Foto notizia di passeggeri accampati in aeroporto: “Si torna a volare, riaprono gli scali. La Ue: oggi operativi metà dei voli”, “protesta delle compagnie: allarme inutile”. In taglio basso, l’incontro a Malta del Papa con una delegazione di vittime della pedofilia da parte di sacerdoti: “Il Papa piange davanti alle vittime degli abusi”, “l’incontro a Malta, poi attacca i media: ‘ostili alla fede’”.
Corriere della Sera: “Liberi i volontari di Emergency. Kabul: ‘Non sono colpevoli’. Il racconto dei tre”, “Napolitano: sollievo, il governo ha agito bene”. Gino Strada: “Fallito il tentativo di screditarci”. Poi foto di BenedettoXVI: “Le lacrime del Papa, ‘provo vergogna’”. Anche qui, sul blocco degli aerei: “Le compagnie: eccesso di precauzione, nube innocua”.
La Stampa: “Kabul libera i tre italiani”, “’Non colpevoli’”, “Strada: fallito, il tentativo di screditarci, grazie a Frattini”. Anche su La Stampa la notizia della riapertura dei voli e una sottolineatura della opinione dei piloti: “Sulla nube allarme eccessivo”. In taglio basso: “Pedofilia, il pianto del Papa”.
Il Giornale: “Il governo salva i tre di Emergency. Decisiva l’azione diplomatica della Farnesina su Kabul. Frattini e Letta: ‘Noi lavoriamo e non raccogliamo polemiche’. E Strada ringrazia il ministro”. A centro pagina, foto di Gianfranco Fini: “Fini resterà, è la destra che se n’è andata”.
Il titolo riassume il commento di Marcello Veneziani, secondo cui “l’ex numero 1 di An non lascerà il Pdl, ma sono i suoi ad averlo lasciato: non ha mai arginato la Lega, parla da Radicale, dimentica la sua storia. Gli elettori vogliono un leader, non uno speaker.
Emergency
Tanto secondo il Corriere della Sera che secondo La Stampa il prezzo della libertà per i tre cooperanti di Emergency è stato la chiusura del centro di Lashkar Gah. Secondo il Corriere della Sera è questa la condizione che il governo italiano ha dovuto accettare per soddisfare gli afghani, ma anche il vertice militare britannico che di quella zona a sud del Paese detiene il comando. E tanto basta a confermare definitivamente come la perquisizione della struttura fosse solo un pretesto per tenere sotto pressione Emergency, finita nel mirino per il suo ruolo pubblico e per aver mediato negli anni scorsi con i Taleban, ottenendo la liberazione di Gabriele Torsello e Daniele Mastrogiacomo, sequestrati mentre erano in quell’area. La realtà è che tutte le notizie false di questi giorni (comprese quelle su un coinvolgimento di Marco Garatti nel sequestro Mastrogiacomo e addirittura l’esistenza di telefonate registrate) servivano soltanto ad alzare il prezzo. Ma lo stesso quotidiano sottolinea che hanno pesato sulla trattativa anche l’appoggio politico al Presidente Karzai e l’impegno dell’Italia a sostenere nuovi progetti di sviluppo. Una analoga ricostruzione compare su La Stampa, che ricorda le accuse al chirurgo Garatti e ad Emergency (500 mila dollari ricevuti dai Taleban pakistani per uccidere il governatore Gulab Mangal, o che Emergency aveva intercettato soldi nelle trattative per la liberazione di Mastrogiacomo o Torsello, oltre ad essere implicata nell’omicidio dell’interprete afghano Naqasbandi, decapitato dai taleban). Sullo stesso quotidiano, si dà conto della conferenza stampa di Gino Strada, che conferma: “restano troppe ombre”, “faccio come il ministro Frattini: prego il cielo che il governo italiano non c’entri nulla”. Il fotoreporter Gabriele Torsello, invece, intervistato dallo stesso quotidiano, dice: “C’è qualcosa di poco chiaro intorno all’ospedale di Emergency a Lashkar Gah. Ma perché mai le autorità di Kabul, che da sempre riconoscono l’importanza dell’attività medica di Emergency, dovrebbe voler far chiudere la struttura? Toccherebbe a Gino Strada spiegarcelo”. Torsello sottolinea che “di certo qualcuno ha portato le armi dentro l’ospedale”.
Politica
Luca Ricolfi, sulla prima pagina de La Stampa, si occupa del Pd e del Pdl, “due partiti nati vecchi”: Scrive Ricolfi che “comunque vada a finire, nulla sarà come prima, né a destra, né a sinistra”, perché, con il trionfo della Lega alle regionali di marzo, tutto è cambiato, non solo nei rapporti interni al centrodestra, ma nella struttura profonda del sistema politico italiano. E’ in corso la prima partita, quella del federalismo, divenuto improcrastinabile dopo il successo della Lega. Ed una seconda, quella delle regole del gioco, ovvero giustizia, presidenzialismo, legge elettorale. Sono temi su cui non si può distinguere un’asse destra-sinistra, poiché tanti il Pdl che il Pd devono affrontare spinte scissioniste: oggi parliamo di una possibile scissione all’interno del Pdl da parte dei nostalgici di An, guidati da Fini, ma fino a pochi giorni fa parlavamo di una possibile scissione all’interno del Pd da parte di chi auspicava la creazione di un “Partito democratico del nord”, guidato da Cacciari e Chiamparino.
Domani, ricorda La Repubblica, ci sarà l’assemblea dei “fedelissimi” del Presidente della Camera. E l’alternativa sarebbe stare nel Pdl in minoranza o fondare un nuovo partito. Gianni Alemanno, sindaco di Roma, ex An, dice che “il mondo cattolico è molto irritato per certe posizioni di Fini sul terreno dei valori, della bioetica”. Dice anche che “il verticismo era una malattia anche dentro An”. Per Alemanno “solo un nuovo congresso nazionale può consentire un chiarimento definitivo”. Ci sono, secondo il sindaco, troppi “tifosi” e “kamikaze” che hanno fatto crescere la tensione al di là di quello che realmente si sono detti Fini e Berlusconi. Il fatto è che la settimana scorsa i finiani Adolfo Urso e Italo Bocchino se le sono date di santa ragione venerdì scorso con ex di Forza Italia come Lupi, durante la trasmissione di Paragone su Rai due. La Stampa dice che il video impazza su Youtube, e intervista uno dei protagonisti, Adolfo Urso. Urso ribadisce che è inaccettabile che il ministro della semplificazione legislativa Calderoli abbia portato al Capo dello Stato un documento sulle riforme di cui il Pdl non ha discusso, e che il cofondatore del partito non ha neanche visto. Questa è stata “la miccia” del dissidio. Paragona la situazione dei finiani a quella in cui si trovò Sarkozy con Chirac, quando l’allora presidente della Repubblica francese indicò primo ministro De Villepin: sono cioè pronti a costituirsi in minoranza, aspirando di essere un giorno maggioranza.
Il Ministro La Russa, ex An, intervistato dal Corriere, dice: “Non è vero che Fini ha deciso di uscire dal partito” e accennando al suo incarico di coordinatore aggiunge: “non me ne vado per far posto ai giochetti politici o ai capricci di qualcuno”. Se invece Fini dovesse mai uscire dal Pdl, “ma non ci credo”, “mi dimetterei”: “Se poi mi volessero confermare, sarebbe la volontà del partito…”.
Secondo Marcello Veneziani su Il Giornale “non c’è nulla nella linea di Gianfranco Fini che ricordi il neogollismo di Sarkozy, la tradizione cattolico popolare della Merkel e di Aznar, la rivoluzione conservatrice e sociale di Cameron. Le sue posizioni sono estranee non solo alle destre italiane e alla loro cultura, ma anche alle post-destre europee”.
Usa
Ancora una volta è il New York Times a rivelare l’esistenza di un documento inviato dal Ministro della Difesa Gates alla Casa Bianca, in cui il capo del Pentagono lancia l’allarme: gli Stati Uniti non hanno una efficace strategia di lungo termine per rispondere alle ambizioni nucleari dell’Iran, specie se la stra della diplomazia e delle sanzioni dovesse rivelarsi inutile.
La Stampa riassume così il senso del memorandum: “Con l’Iran pronti a tutto”, ed evidenzia le parole di Gates: “stiamo preparando anche piani militari”, visto che la Casa Bianca è priva di strategia. Sullo stesso quotidiano si racconta l’ “amore finito” tra Obama e i reporter: fotografi banditi, corrispondenti dribblati, accuse reciproche, cresce il nervosismo. Il cronista del caso Watergate, Carl Bernstein, intervistato dal quotidiano, ridimensiona le accuse ad Obama per i problemi con il mondo della comunicazione: “un vero giornalista non ha bisogno delle conferenze stampa per fare il suo lavoro”, fa il paragone con l’Amministrazione Bush, ingannevole e bugiarda, ma all’inizio brava (il riferimento è a Bush ed a Cheney) ad ingannare la stampa, fino a che i media non hanno scoperto la verità. Obama “continui a camminare con convinzione sulla strada della trasparenza e della sincerità: oggi non c’è altro modo di fare comunicazione”.
E poi
Su Il Giornale, si recensisce con una intervista all’autrice (Maria Zalambani) un saggio dedicato a “censura, istituzioni e politica letteraria in Urss”, riassunta sotto l’affermazione: “Così Breznev censurò persino Sartre”. La Zalambani sottolinea come Kgb e Unione degli scrittori controllassero anche le traduzioni, stravolte per cambiarne il senso.
Ieri a Cracovia i funerali del presidente Kazcynski, vittima dell’incidente aereo di Smolensk. I grandi non c’erano, scrive La Repubblica, causa nube. Solo il presidente russo Medvedev era presente alla cerimonia che ha visto sfilare 150 mila persone. Nell’omelia, l’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz, già segretario personale di Giovanni Paolo II, ha detto: “Settanta anni fa il massacro di Katyn allontanò le nostre due nazioni, adesso questa catastrofe ha suscitato nei nostri fratelli russi testimonianze di bontà e di compassione che riaccendono la speranza di un riavvicinamento e di una riconciliazione tra le nostre due nazioni slave. Andiamo avanti su questa strada”. Il Corriere della Sera: “Il segno di pace del presidente russo ai funerali polacchi. Con intervista allo scrittore ebreo polacco Marek Halter: “Così Mosca ha capito che ha bisogno di Varsavia”.
Dalle pagine R2 Cultura de La Repubblica, si ricorda l’insurrezione del ghetto di Varsavia, di cui oggi ricorre il sessantesimo anniversario, recensenso il libro-intervista di Gad Lerner al sopravvissuto dal ghetto di Varsavia, Marek Edelman.
(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini)