FRATELLI COLTELLI – di Giorgio Bocca- ed. Feltrinelli- euro 19
Un viaggio nella storia d’Italia, dal 1943 al 2010, raccontata dal novantenne decano del giornalismo Giorgio Bocca attraverso i suoi articoli e i suoi libri. Qualcosa di più e di diverso da una testimonianza, piuttosto un percorso documentato e spesso emozionante, che inizia dalla caduta di Mussolini e, via via, segue le tappe storiche del nostro Paese, dalla ricostruzione all’illusorio boom, dal mitico ’68 alla tragedia del terrorismo, dalla rivoluzione post-industriale degli anni ’80 all’espandersi del potere mafioso, dall’eterno conflitto Nord-Sud al crollo della prima Repubblica. Poi la nascita della seconda Repubblica, l’ascesa di Bossi e Berlusconi.
Memorabili i ritratti di personaggi che hanno segnato settant’anni di storia italiana. C’è un’irresistibile flash sugli Agnelli, nella cui villa i partigiani avevano piazzato il comando della brigata “Giustizia e Libertà”. Bocca, ubriaco di Champagne millesimato delle cantine del padrone di casa, finisce nella camera da letto della segretaria del senatore, da cui viene cacciato con sdegno. “Non si scherza con le segretarie Fiat”, commenta il giornalista.
Emozionante è il ricordo di Enrico Mattei, “l’uomo dell’energia”, ex capo partigiano che sognava un’Italia dinamica e moderna. Il giornalista lo ricorda come un uomo “pulito e timido”, per sedici anni alla ribalta, poi vittima di un misterioso incidente aereo. E, ancora, ecco la cronaca del sequestro di Aldo Moro,ucciso dai brigatista nel ’78: “…Moro è stato tenuto prigioniero per cinquantacinque giorni nella capitale dello Stato e il suo cadavere è stato deposto al centro di Roma nell’assoluta impotenza degli 80.000 carabinieri e dei 100.000 poliziotti della Repubblica”, annota Bocca. Il libro si conclude con una illuminante intervista a Umberto Bossi, dove l’autore spiega l’ascesa della Lega, e con un capitolo dedicato a Berlusconi.
Nell’incipit del libro, Giorgio Bocca confessa di non sapere se conosce davvero il Paese in cui è nato e vissuto: “…dobbiamo ancora imparare a vivere in società, a essere Stato, inutilmente furbi, inguaribilmente infantili ma molto umani nelle debolezze come nelle virtù, in un certo senso rassegnati a questa nostra umanità, capaci di fermarci prima della ferocia e del fanatismo”.