Le aperture
“Vado avanti, parlerò al Paese” è il titolo di apertura del Corriere della Sera. Sono le parole di Silvio Berlusconi, che al quotidiano milanese annuncia una “nuova legge elettorale” e “potere ai cittadini”. “Napolitano chiede al premier se il governo ha ancora i numeri”. “Oggi il voto sul deputato Pdl Milanese. Bossi: no all’arresto, non voglio far cadere Silvio”. A centro pagina le notizie sul rating dell’Italia: “Standard & Poor’s boccia sette banche italiane. Dopo la riduzione del rating sul debito pubblico”. In prima pagina anche il dibattito sul nuovo Stato palestinese: “Obama ai palestinesi: niente scorciatoie”.
La Repubblica: “Bossi: salverò Berlusconi. Oggi il voto segreto su Milanese. Il premier al Quirinale: non mi dimetto. Bersani a Maroni: stacca la spina. Di Pietro shock: via il Cavaliere o ci scappa il morto. Standard & Poor’s declassa sette banche italiane”. A centro pagina: “Un giorno di guerra a Lampedusa. Caccia ai clandestini dopo la rivolta. Il sindaco assediato dai cittadini, decine di feriti”.
Il Sole 24 Ore: “Fmi: banche europee da rafforzare. La crisi pesa per 300 miliardi. Declassati tre big americani e sette istituti italiani. La Fed allunga il debito pubblico Usa e vede ‘rischi significativi’ per la crescita. Wall Street cede il 2,9 per cento”. Il titolo di apertura è dedicato alla politica interna: “Berlusconi a Napolitano: il governo va avanti. Il Colle: subito riforme. Bossi: voteremo no all’arresto di Milanese”.
Il Foglio: “Il Cav incassa la pace tra Bossi e il Quirinale e studia la difesa su Millas. Milanese, verso il no all’arresto. Maroni conciliante. Oggi vertice economico Pdl-Lega (e nuove idee sui processi). Di spalla, sulla questine palestinese: “All’Onu c’è un piano B per evitare lo scontro frontale con Abu Mazen”.
La Stampa: “Milanese, voto ad alta tensione. La Camera decide sull’arresto. La Lega per il ‘no’. Bossi: non faccio cadere il governo. Di Pietro: premier via o ci scappa il morto”. E poi: “Vertice Napolitano Berlusconi su emergenza economica e tenuta della maggioranza. Il Cavaliere: vado avanti. Caso Tarantini, i pm contro il trasferimento dell’inchiesta”. In prima pagina anche il discorso di ieri della leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi in videocollegamento ad un convocegno organizzato dalla Clinton Global Initiative, a New York: “Suu Kyi, a New York la primavera birmana”.
Libero apre su di Pietro: “Vogliono il morto. Anti Silvio scatenati. Di Pietro evoca la rivolta, la polizia lancia l’allarme: il 15 ottobre violenti in piazza. Lo scopo: buttare giù un governo eletto per sostituirlo con un papocchio gradito alla lobby politico-giudiziaria-affaristica”. A centro pagina: “Caccia all’uomo negli aeroporti d’eEuropa”. “Salta i controlli a Linate, scalo bloccato per ore”. L’uomo è passato sotto un metal detector non attivo, e si è dileguato eludendo i controlli di sicurezza dello scalo milanese.
Il Giornale: “Di Pietro gioca col morto. Tonino aizza la piazza e strizza l’occhio ai violenti. Pur di far cadere il Cav è pronto alla ‘rivolta sociale'”. E poi: “Berlusconi da Napolitano: non mi dimetterò mai. La Lega è con lui”.
Il Fatto quotidiano si occupa del conflitto di attribuzioni sollevato dal Parlamento sul caso Ruby: “La Procura di Milano denuncia: ‘Camera complice di B’. Durissima replica di Bruti Liberati al conflitto di attribuzioni alla Consulta sul caso Ruby: Proteggono la persona e non la carica, calpestando la Costituzione”. “Intanto a Napoli i pm ricorrono al Riesame contro il trasferimento a Roma di Ricattopoli. Il procuratore Lepore al Fatto: La competenza è nostra. Falsa testimonianza per B? Una cosa per volta”.
Berlusconi
Ieri al Quirinale un’ora e mezzo di colloquio tra il Capo dello Stato e il Presidente del Consiglio, che aveva chiesto martedì scorso l’incontro: “Napolitano chiede garanzie al premier”. ‘Avete i numeri?’. Il Cavaliere lo rassicura”. Così riassume il senso del colloquio il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda. Il colloquio è stato “teso”, poiché Napolitano era impressionato dal giudizio con cui Standard & Poor’s ha abbassato ieri il rating di sette banche italiane. Ha incalzato Berlusconi, chiedendogli insistentemente se la sua maggioranza è in grado di tenere. Il Cavaliere avrebbe utilizzato “il solito repertorio dell’orgoglio ottimista, ricordando di aver incassato la fiducia delle Camere una decina di giorni fa”. Ed ha ribadito di non voler fare passi indietro. Il Colle è peraltro assediato da un pressing che comprende anche la richiesta di quello che il quirinalista considera un improponibile messaggio alle Camere del Presidente per agevolare l’uscita di scena di Berlusconi.
Su Il Giornale il retroscena si sofferma sul faccia a faccia tra Presidente e premier: “Berlusconi è certo di avere i numeri a suo favore? Il Presidente del Consiglio appare sicuro, il faccia a faccia con Bossi è andato bene, e in serata persino Bersani si dice convinto che il governo non cadrà sul caso Milanese”.
Il Foglio parla di “grana disinnescata” anche sul fronte dei rischi di un sì della Camera all’arresto di Milanese, ex consigliere di Tremonti, dopo l’annuncio ufficiale che la Lega voterà no. Il leader Bossi lo ha rassicurato ed avrebbe persino promesso a Berlusconi che chiederà scusa a Napolitano per le parole pronunciate sulla secessione.
Su La Repubblica: “Bossi non affonda il governo. ‘Ma si vota prima del 2013′”. Tra i protagonisti della giornata di ieri, anche il ministro dell’interno Maroni, interprete dell’anima “antigovernativa” della Lega. Repubblica si occupa ampiamente del “pressing” tentato ieri dal segretario Pd Bersani sullo stesso Maroni.
Sul Corriere: “Maroni stavolta si allinea”. “Mi atterrò alla decisione”. “Oltre 40 deputati con il ministro, l’incognita dei ‘dissidenti'”.
Lavoro
Il Giornale (“Siluri al governo”) scrive della ratifica tra Confindustria e sindacati dell’accordo sui contratti del 28 giugno scorso. “La presidente di Confindustria ha siglato un accordo con Cgil, Cisl e Uil che magari non scardina ma sicuramente circostrive il potenziale dell’unica riforma conternuta nella manovra di Ferragosto”.
Anche su La Repubblica: “Lavoro, le parti sociali sconfessano la manovra. Confindustria e sindacati firmano l’accordo che supera l’articolo 8 sui contratti”. Ci si riferisce a quello contenuto nella manovra di Ferragosto. Si tratta della chiusura definitiva dell’intesa raggiunta il 28 giugno scorso su contrattazione e rappresentanza. L’incontro è avvenuto a sorpresa – sottolinea La Repubblica – e si è concluso con la sigla dell’accordo, integrato con un nuovo impegno formale: “Le materie delle relazioni industriali e della contrattazione sono affidate all’autonoma determinazione delle parti”. Spiega il segretario Cisl Bonanni: “Da oggi le parti sociali potranno trattare, siglare accordi e, qualora ci siano dissidi, far decidere la maggioranza”. Nel contestato articolo 8 vi era la possibilità di derogare al conrtratto nazionale e alle leggi in materia di lavoro anche sui licenziamenti tutelati dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, dice La Repubblica.
Un “dizionario” per i patti aziendali viene presentato da Il Sole 24 Ore, che sottolinea come il sì della Cgil abbia sbloccato l’intesa. Susanna Camusso, segretaria Cgil, dice che la cancellazione dell’articolo 8 è un obiettivo fondamentale e che il sindacato sta lavorando al ricorso costituzionale.
Lampedusa
Negli ultimi dieci giorni, all’improvviso, sono sbarcati quasi 1200 tunisini. E una settimana prima il ministro Maroni aveva parlato di un “bilancio totalmente positivo” della collaborazione in materia di sicurezza con la Tunisia. Ma i ponti aerei o i rimpatri forzati non risolveranno mai la vicenda dei barconi – sottolinea il quotidiano dei disperati che vengono schedati e poi rinchiusi per una settimana o per un mese nel famigerato centro di accoglienza. I conti non tornano: ne arrivano di più di quanti ne possiamo mandare indietro secondo le intese stipulate. L’accordo siglato nell’aprile scorso con Tunisi non regge più. è diventato carta straccia perché non si è tenuto conto della disperatissima situazione che c’è oggi in Tunisia, soprattutto nel sud di quel Paese, al confine con la Libia, dove tutto è crollato. Chiusi gli alberghi, principale fonte di reddito, fermo il commercio. Anche il Corriere sottolinea come il patto con la Tunisia non basti, e ricorda che ad aprile il governo aveva assicurato che le consegne di materiale come le vedette, i motori di ricambio, i fuoristrada erano ben avviati. Ma le contromisure non ce la fanno e non ce la possono fare ad arginare il sommovimento profondo della società tunisina. I ragazzi che continuano a sbarcare rappresentano solo l’avanguardia di un esercito di disoccupati. Molti di loro sono i reduci della disastrosa stagione del turismo (crollo del 60 per cento) che, compreso l’indotto, copre il 12 per cento del Pil e dà lavoro a 800 mila persone sul totale di 2 milioni della popolazione attiva. Questo sarebbe il vero “rubinetto” da chiudere, sbloccando, per esempio, gli interventi (anche europei a favore dell’economia locale.
Palestina
La Stampa scrive che nel suo intervento all’assemblea generale Onu il presidente Obama ha esordito ripercorrendo l’anno che ha segnato le svolte democratiche in gran parte del mondo arabo, ha potuto sottolineare che Al Qaeda è in rotta e “i dittatori sono in allerta, perché la tecnologia consegna il potere nelle mani del popolo”. Non ha mancato di sottolineare le difficoltà persistenti delle transizioni in stati come lo Yemen e il Bahrein, l’oppressione perdurante del regime iraniano e la repressione siriana: il presidente ha chiesto al Consiglio di sicurezza di agire in fretta e schierarsi dalla parte del popolo siriano. Poi ha ammesso “amarezza e frustrazione” perché l’anno passato non ha portato alla nascita della “Palestina indipendente” da lui auspicata proprio all’Onu. Ma, soprattutto, Obama ha ribadito che l’obiettivo dei due popoli e due stati non si può raggiungere con “scorciatoie”, perché servono “negoziati diretti”: “La pace non arriverà attraverso dichiarazioni e risoluzioni dell’Onu, devono essere israeliani e palestinesi a raggiungere l’accordo sui temi che li separano: confini e sicurezza, rifugiati e Gerusalemme”. Neanche due ore dopo, sale sul palco il presidente francese Sarkozy e punta su una proposta all’Anp che eviti la battaglia dei voti: il veto americano in Consiglio di sicurezza – dice – innescherebbe le violenze, lo Stato palestinese diventi osservatore, “con la promessa di una adesione a pieno titolo entro un anno”, Il Quartetto Usa-Onu-Ue e Russia aveva chiesto all’Anp di non accelerare i tempi del riconoscimento in cambio di forti garanzie.
La Stampa riferisce anche delle dichiarazioni del negoziatore Nabil Shaat: “Sappiamo che questo processo prenderà tempo. La richiesta sarà fatta senza chiedere subito il voto”. Anche secondo il Corriere della Sera il presidente dell’Anp Abbas presenterà comunque venerdì la richiesta di riconoscimento come membro a pieno titolo dell’Onu, ma non chiederà una decisione immediata al Consiglio di sicurezza.
Il Sole 24 Ore, in una analisi, sottolinea come si sia ampliato il fronte favorevole al sì: non ci sono i soliti cinesi e russi, perché nel consiglio di sicurezza e in assemblea generale si contano Brasile, Argentina, Turchia, Sudafrica, India, Indonesia, il continente latinoamericano, l’Africa, l’Asia. E in mezzo c’è l’Europa, incerta tra la convinzione del diritto palestinese e quella di non poter lasciare l’America da sola. I nuovi protagonisti economici e sempre più politici della scena mondiale non sono dalla parte di Usa e Israele.
L’editoriale del Corriere della Sera parla di “pericoloso isolamento” dell’Italia, anche sullo scenario internazionale. E parte dalla considerazione che il Presidente Obama, davanti all’assemblea Onu, abbia ringraziato Lega Araba, Egitto, Tunisia Francia, Danimarca, Norvegia e Gran Bretagna per il ruolo svolto in Libia contro Gheddafi, dimenticando il governo di Roma.
Oggi all’Assemblea Onu è previsto anche l’intervento del Presidente iraniano Ahmadinejad, da cui ci si attende anche una ennesima “sparata” contro Israele. Ma anche, secondo Il Foglio, un attacco a Stati Uniti e Gran Bretagna, cui potrebbe chiedere le riparazioni di guerra per l’occupazione alleata durante la seconda guerra mondiale. Mille corposi tomi sull’argomento sono stati fatti stampare dal Presidente iraniano per leader e delegati Onu. L’articolo si sofferma ampiamente sulla guerra in corso tra lui e la massima autorità politico-istituzionale del Paese, l’Ayatollah Khamenei.
by RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini