E’ un momento difficile, una situazione del tutto nuova nella quale non sappiamo come muoverci, come comportarci, nè tantomeno cosa aspettarci.
Come persone con una certa esperienza e un pezzo di vita alle spalle, noi signore e signori dai capelli grigi potremmo essere, se non di aiuto, almeno di esempio per tutti, giovani e meno giovani.
Già, belle parole, ma come, visto che #restiamoacasa?
Con i social network ovviamente. Che si sono rivelati potenti e importanti, forse persino di più di quello che pensavamo. Ci siamo trovati all’improvviso a stare a casa, dopo esserci abituati a stare in giro, a vivere più in altri luoghi che nel nostro nido, pure se lo abbiamo scelto e arredato con cura. Certo c’è una bella differenza fra stare a casa perché se ne ha voglia e stare a casa perché non si può uscire.
Però appunto i social network, e tutta la schiera di persone che ci lavora, si stanno ingegnando a creare intrattenimento, spesso di buona qualità, per tutti quelli che non lavorano a casa e si trovano disorientati di fronte a tutto questo tempo improvvisamente liberatosi.
Moltissimi autori stanno inventandosi modi per dialogare con i lettori in mancanza della possibilità di incontrarli di persona, e tante aziende hanno deciso di offrire gratis alcuni dei loro prodotti.
Ma oltre all’intrattenimento, i social network sono un luogo di scambio e socialità, come del resto dice la parola… e quindi spesso ci stiamo così, per passare il tempo, per curiosare, per sapere cosa fanno gli altri.
Una volta, quando Twitter e Facebook erano nuovi, si diceva alle persone che si iscrivevano che era come andare a una festa dove non si conosceva nessuno: si entrava con cautela e guardandosi intorno, bisognava o farsi presentare o presentarsi con garbo e sorriso quando si voleva partecipare a una conversazione, si doveva ascoltare prima di intervenire, e non si poteva certo pretendere di essere subito al centro dell’attenzione! Insomma le regole della buona educazione tradotte per i nuovi mezzi.
Ecco ora più che mai è importante ricordarsi che i social network sono come una piazza, o un bar, il parrucchiere, i giardinetti, un qualsiasi luogo in cui ci troviamo in tanti, qualcuno lo conosciamo e qualcuno no, e mica vorremo che ci additino come maleducati, no? E valendoci della regoletta con cui ci hanno stressato da piccoli, “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” (i miei fratelli ed io, per esempio, ne avevamo fatto una canzoncina che potrei cantarvi anche ora), usiamo i social con criterio: pensiamo prima di scrivere, rileggiamo il post per vedere se non ci sono strafalcioni, riflettiamo un attimo se vogliamo davvero che chiunque veda quello che stiamo postando.
E quando leggiamo i post degli altri, che di sicuro ce ne saranno che ci infastidiscono, che riteniamo stupidi, beh lasciamoli perdere.
Come il grande Charles M. Schulz faceva dire a Linus: “Amo l’umanità. E’ la gente che non sopporto”. La gente, gli altri, non solo hanno il brutto vizio di essere diversi da noi, ma sono pure diversi tra loro. Quello che va bene a uno non va bene all’altro e viceversa. A voglia dire che è una ricchezza, la diversità. E’ pure una fatica!
Ma rispetto al bar, al parrucchiere e ai giardinetti in fondo sui social è più facile vivere e lasciar vivere. Ed essere se stessi: se siamo riservati e timidi, restiamolo; se siamo giocosi usiamo tutti i video e le gif che fanno divertire; se siamo bravi a raccontare raccontiamo; se ci piace fare le foto, mostrare la bellezza della natura e del mondo che abbiamo intorno, facciamolo.
E non incolpiamo questi poveri social network di come siamo noi e di come sono gli altri: loro alla fine sono solo un mezzo. Che però, sia per chi lavora che per chi deve restare a casa, si sono rivelati utili, preziosi, oserei dire indispensabili.
Essere distanti ma essere presenti. Una volta c’era solo l’immmaginazione, che ci permetteva di farlo. Con le lettere, e poi il telefono.
Ora la distanza ha preso un senso diverso.
Anche fisicamente.
Perché la distanza che siamo costretti a tenere dagli altri ci esercita a una gentilezza differente da quella a cui siamo abituati, ma di sicuro non meno bella e soprattutto non meno significativa.
Si può sorridere, si può parlare, si può comunicare calore e partecipazione anche a distanza di sicurezza.
Anzi forse, per una nazione creativa e piena di risorse ma un po’ indisciplinata come l’Italia, imparare a tenere le distanze quando si è in fila ci fa solo del bene.
Direi che tenere le distanze è molto chic…