Nell’immaginario percorso della luce che inizia quando entra nell’obiettivo della nostra reflex digitale e che abbiamo descritto nei precedenti articoli, arriva ora il momento in cui l’immagine del nostro soggetto si forma sul sensore: questo sarà il momento in cui la fotografia “prenderà corpo”, anche se come insieme di dati.
Due sono gli aspetti da affrontare: le dimensioni del sensore e il suo funzionamento.
Ne abbiamo già accennato nel secondo e nel terzo articolo, quando si è vista la lunghezza focale dell’obiettivo e l’apertura del diaframma.
La dimensione del sensore
Le fotocamere un tempo più diffuse – reflex o non reflex che fossero – avevano la pellicola – il “negativo” – della dimensione di 24×36 millimetri: con il passaggio al digitale queste dimensioni sono state mantenute e quelle reflex vengono indicate come “full frame”.
Produrre sensori di quelle dimensioni aveva costi notevoli, comportava dimensioni rilevanti del pentaprisma e dell’obiettivo. Così più produttori hanno cercato di ridurne le dimensioni senza compromettere la qualità dell’immagine risultante, ottica permettendo; riducendo le dimensioni del sensore si sarebbero ridotte anche le dimensioni della fotocamera.
Abbiamo visto che la diagonale di un sensore “full frame” è di 43 millimetri, da cui la lunghezza focale di 50 millimetri dell’obiettivo “base”.
I sensori Advanced Photo System tipo-C (più semplicemente “APS-C”) hanno dimensioni ridotte: il lato minore passa da 24 millimetri a 15 / 16 millimetri mentre il lato maggiore passa da 36 millimetri a 22 / 24 millimetri, di modo che la diagonale passa da 43 a 26 / 28 millimetri.
Quindi un sensore APS-C ha una diagonale che, per raggiungere la diagonale del formato “full frame”, richiede di essere moltiplicata per un fattore (il c.d. “Fattore di moltiplicazione” o “Crop factor”) di norma tra 1,25 e 1,7: le fotocamere più diffuse hanno un Crop factor tra 1,5 e 1,6.
Questo significa, ad esempio, che un obiettivo dalla lunghezza focale di circa 33 millimetri – che con un sensore “full frame” sarebbe un grandangolare – usando un sensore APS-C con un Crop factor di 1,5 equivale ad una lunghezza focale di circa 50 millimetri (33×1,5=49,5 millimetri) o, più correttamente, ha il medesimo angolo di campo di quell’obiettivo.
O, al contrario, che un obiettivo di 50 millimetri su un sensore APS-C sarebbe un teleobiettivo da ritratto su un sensore “full frame” (50×1,5=75 millimetri).
Gli obiettivi di una fotocamera dovranno tenere conto di questo fattore: motivo per cui i produttori hanno realizzato gamme di obiettivi dedicati a determinati tipi di sensore e gli obiettivi sono “portabili” da un sensore all’altro con certi, notevoli, vincoli.
In secondo luogo anche all’interno di fotocamere del medesimo produttore non tutti gli obiettivi sono intercambiabili con il medesimo corpo macchina: questo avviene tramite un attacco a baionetta diverso.
Quindi la scelta iniziale del corpo macchina vincolerà la scelta degli obiettivi: e quando poi si saranno acquistati gli obiettivi sarà possibile sostituire il corpo macchina solo se supporterà tutti gli obiettivi già acquistati. In pratica si resterà con lo stesso produttore e, spesso, all’interno di una data gamma di obiettivi, non tutti.
Il funzionamento del sensore
Il sensore non è altro che una matrice, una griglia nella quale sono posizionati i punti sensibili alla luce: i “pixel” (contrazione di “Picture Element”).
Il numero di pixel è dato dalla moltiplicazione dei pixel sul lato maggiore del sensore per quelli sul lato minore: poiché sono in numero rilevante viene adottata l’unità di misura c.d. “Megapixel” (un milione di pixel). Facile immaginare quanto siano ridotte le dimensioni di ciascun pixel.
Il sensore, per ciascun pixel, registra solo la presenza e l’intensità della luce non il suo colore: ogni pixel produce una scala di 256 tonalità di grigio.
Per fare in modo che ogni pixel sia sensibile ad un dato colore, viene posto un filtro (Rosso o Verde o Blu) su ciascun pixel, di modo che quel filtro lascerà passare solo la lunghezza d’onda di quel colore ed il pixel ne registrerà anche la relativa intensità, mentre non registrerà i restanti colori.
E’ la “mescolanza additiva” della luce vista nel primo articolo: l’insieme di tutti i pixel, della loro intensità, luminosità e saturazione negli estremi del visibile umano – dal viola al rosso – darà la gamma dei colori dell’immagine.
Senza voler entrare eccessivamente in dettagli tecnici, alcuni fattori da considerare quando si acquista una fotocamera reflex digitale per quanto riguarda il sensore sono, oltre alle sue dimensioni (“Full frame” o “APS-C”, il relativo “Crop factor” e la gamma di obiettivi disponibili):
- Numero di pixel
Su questo punto è necessario sfatare alcuni miti, non comodi né economici per chi la fotocamera la deve acquistare:
- innanzitutto è bene misurare i Megapixel come indicato sopra a partire dal manuale della fotocamera.
Ad esempio, se sul lato maggiore del sensore sono posti 4.000 pixel e su quello minore 3.000 pixel il sensore avrà 12 Megapixel.
Tutto così semplice da risultare banale? No.
Alcune fotocamere dichiarano un numero di pixel elevato pur adottando un numero fisico di pixel ridotto: il risultato viene raggiunto tramite il processo di “interpolazione”, cioè di simulazione fatto da un software interno alla fotocamera. Ma non si tratta di Megapixel reali, sono solo immagini ricostruite;
- in secondo luogo è da tenere presente che il numero di pixel non cresce in modo lineare poiché sono disposti su una superficie a quattro lati.
Detto in altri termini e tornando al nostro sensore di 12 Megapixel, per avere un sensore che abbia una risoluzione doppia ogni lato dovrà avere un numero doppio di pixel: il lato maggiore dovrà passare da 4.000 a 8.000 ed il lato minore da 3.000 a 6.000.
Quindi, per avere una risoluzione doppia rispetto a un sensore di 12 Megapixel il nuovo sensore dovrà avere un numero complessivo di 48 Megapixel (8.000 x 6.000 pixel) e non di soli 24 Megapixel: un sensore da 24 Megapixel – sempre che servano – non ha affatto una risoluzione doppia di un sensore di 12 Megapixel ma di circa il 40% in più.
Da tempo si è poi notato che sensori “affollati” di pixel danno risultati inferiori rispetto a sensori di più grandi dimensioni a parità di pixel: entrano in giuoco interferenze tra pixel che creano rumore.
Detto in termini semplici: sostituire la fotocamera solo per raddoppiare i Megapixel più che un vantaggio acquisito è un regalo fatto, a maggior ragione se consideriamo quanto segue.
- in terzo luogo, se certamente aumentare del numero di pixel aumenta la risoluzione – il dettaglio – dell’immagine e questo consente di realizzare stampe di più grandi dimensioni, è il caso di considerare altri aspetti.
Va tenuto presente che ultimamente poche fotografie vengono stampate e che spesso vengono viste su video di Personal Computer 17 pollici (un Laptop con schermo medio) che supportano 3 Megapixel: i restanti – da un punto di vista pratico – non servono o, se si acquistano, sono molto costosi. 12 o 16 Megapixel bastano e avanzano.
Se poi si decide di stampare la fotografia è bene considerare che con un sensore di 8 Megapixel può essere stampata senza perdita di dettagli su un formato di 20 x 30 centimetri: solitamente più grande delle fotografie che vengono stampate dopo una vacanza al mare o in montagna.
Quindi cambiare una fotocamera solo per raddoppiare i Megapixel o acquistarne una con molti Megapixel se poi non si fanno stampe di grande formato (30 x 40 centimetri e oltre) o per esigenze quasi-professionali, può non essere una buona idea.
Un dettaglio non secondario: i pixel servono se la stampa viene vista da vicino, servono molto meno se viene vista da lontano.
In conclusione rincorrere i Megapixel può non essere una buona idea: meglio concentrarsi – e concentrare le risorse economiche – sulla qualità, la tipologia e la intercambiabilità degli obiettivi.
- il rapporto Segnale/Rumore (SNR)
Abbiamo visto il rumore nel quarto articolo; il rapporto SNR è un numero puro che indica quanto il segnale (l’immagine) è più potente del rumore: più alto il rapporto migliore la qualità;
- la gamma (o intervallo) dinamica:
Indica l’intervallo tra la luminosità minima e massima registrabili dal sensore.
Si pensi di scattare una fotografia ad una via dove le case su un lato sono assolate e quelle sull’altro sono in ombra: è una situazione frequente.
La gamma dinamica ideale sarà quella che consente di vedere il lato in ombra, cioè non ridotto ad un nero uniforme, ed al contempo di vedere il lato assolato, senza portarlo ad un bianco uniforme. L’unità di misura è l’intervallo di apertura del Diaframma (gli “Stop”, che abbiamo visto nel terzo articolo): più alto il valore degli Stop migliore la qualità della fotocamera.
Quasi tutti i sensori APS-C adottano la tecnologia CMOS, che incorpora il sistema di elaborazione dati rendendolo più sensibile alla luce e più veloce nella elaborazione di ciascuna immagine: per elaborare una immagine tutti i dati presenti sul sensore – l’immagine precedente – devono essere cancellati.Quindi la tecnologia CMOS è rilevante soprattutto in caso di fotografia sportiva.
In conclusione quali sono vantaggi e svantaggi di un sensore APS-C rispetto ad un sensore “full frame”, dal punto di vista del fotografo?
vantaggi:
- minor prezzo;
- maggiore compattezza della fotocamera;
- minore dimensione del pentaprisma e degli obiettivi;
- angolo di campo ridotto;
- una maggiore profondità di campo.
svantaggi:
- maggior rumore a parità di altre condizioni (l’immagine richiede un maggior ingrandimento per essere rappresentata);
- minore luminosità e ampiezza del mirino;
- angoli di campo ampi ottenibili solo con grandangolari ad-hoc.