Appena rientrata da una mistica esperienza in Mongolia, in un nomadismo che ha rinnovato in lei i rapporti con lo spazio, la natura, la terra e il cosmo, e marcato dall’incontro con gli sciamani – “… la cui umiltà ed il sacerdozio mi ricordano quelle del musicista – sempre su un filo teso tra due mondi – … Venuta a scoprire un paese, ho toccato con la punta delle mie dita – ed in modo vertiginoso – ben altro: l’infinito” -, Hélène Tysman ha presentato il suo ultimo cd, dal suggestivo titolo Dagli Antichi ai Demoni, dedicato a Maurice Ravel.
Le composizioni qui registrate, due delle quali – Gaspard de la nuit e La Valse – fanno parte delle più note del repertorio pianistico, sono anche, con la Pavane pour une Infante défunte, tra quelle che meglio rappresentano la allucinata poetica di Ravel. Esse furono composte tra l’inizio de secolo ed il 1930, mentre “l’Europa e il mondo sono presi dalla frenesia, da una furiosa accelerazione, sino all’esplosione” – scrive Hélène nel bel testo che accompagna il cd, ricordando poi le parole di Henri de Régnier, che, a proposito dei Valses nobles et sentimentales parla del “piacere delizioso e sempre rinnovato d’una inutile occupazione“, e quelle di due aristocratici francesi che, durante una festa che precede le rivoluzione del 1830 osservano “noi balliamo su un vulcano“.
Associandole a due composizioni tra le prime di Ravel, e raramente eseguite, il Minuetto antico ed il Minuetto sul nome di Haydn, Hélène Tysman ha sottolineato questa perturbante sensazione di “danzare – non lo facciamo, noi, ancora e sempre? – su un mare falsamente tranquillo, su un vulcano che ci illude con la sua calma, leggeri nel corpo ma con cuore pesante. Il mondo è una scena, e quel che ci offre Ravel non è altro che l’eco delle notre anime di fanciulli, prese in un turbine meraviglioso e infernale, voluttuoso e fatale, anime che non chiedono altro che di esser libere. … Il cuore parla. Sta a noi di ascoltarlo, di interpretarlo, di (ri)dargli vita, sempre.”
Dopo i suoi due primi, affascinanti, cd dedicati a Frédéric Chopin, Hélène aveva mostrato le sue doti di camerista accompagnando il virtuoso spagnolo David Alonso in un disco dedicato ai capolavori del repertorio per corno, poi, con un ensemble di virtuosi francesi, in un cd dedicato alle musiche da camera con strumenti fiato di Robert Schumann.
Con questo intenso e splendido cd essa conferma la sua straordinaria sensibilità e tutta la poesia di un virtuosismo che anima la musica, illuminandola attraverso la traslucida trasparenza del suono, ben servito da una registrazione di gran purezza.
Proponendovi l’ascolto dell’onirico, intenso ed evanescente al tempo, stesso Gaspard de la nuit di Hélène Tysman (in una registrazione del concorso Arthur Rubinstein), colgo l’occasione – come si sul dire – per consigliarvi la lettura del Ravel di Jean Echenoz (Adelphi), un romanzo che – senza nessuna pretesa di fedeltà biografica ma in un gioco fantastico, appassionato e devoto – ne narra, con divertita e indiavolata eleganza, l’esasperata sensibilità attraverso i sui tic e le sue manie, evocando un momento cruciale della vita del compositore, quello della sua trionfale mega-tournée di quattro mesi negli Stati Uniti ed in Canadà (su YouTube troverete numerosi video in cui Hélène – che suona la musica di Ravel – accompagna, come in quello qui segnalato, Dominique Pinon nella lettura – in francese – di alcuni estratti del libro).
Maurice Ravel
Des Antiques aux Demons – Hélène Tysman: pianoforte – Klarte Records (68’)
La Belle Vielleuse
The virtuoso Hurdy Gurdy in XVIII century France – Ensemble Danguy, Tobie Miller – Ricercar (76’17)
La vielle à roue (ghironda in Italia, ma è uno strumento che da noi ha avuto una diffusione veramente sporadica …) era lo strumento favorito dei mendicanti – veniva anche chiamato “viola da orbi”, ed è stato a lungo simbolo iconografico (Jeronimus Bosch) di ignobiltà, immoralità, povertà – poi, a partire dalla prima metà del ’700, fu introdotto a Versailles dalle mode pastorali dell’aristocrazia al seguito di Madame de Pompadour (si disse anche che questo strumento fu responsabile della scomparsa del liuto, in quanto, all’occasione, moltissimi liuti e chitarre furono trasformati in vielles).
Numerosi compositori dell’epoca scrissero metodi e musiche per la vielle à roue o adattarono i successi dell’epoca: la più celebre trascrizione è quella delle Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, a cui venne anche attribuito Il Pastor Fido, scritto per lo strumento (in realtà opera di Chédeville).
La moda della vielle à roue cessò bruscamente già prima della Rivoluzione Francese; oggi è stato il folclore a recuperarla, negli anni ’60 e ’70, facendo evolvere lo strumento sino ad elettrificarlo, ma soltanto recentemente qualche appassionato ha riesumato il repertorio classico, ricco di composizioni in cui lo strumento è solista o accompagna la voce (quasi esclusivamente femminile).
Questo simpatico cd traccia un panorama del repertorio della vielle attraverso le musiche di autori conosciuti – come Michel Corrette o Christophe le Menu de Saint-Philibert – o dimenticati. L’Ensemble Danguy, diretto da Tobie Miller, che suona lo strumento protagonista, e il bravo soprano Monika Mauch, sono i raffinati interpreti di questa musica, non indispensabile ma piacevolissima, in un gioco di travestimenti, oscillante tra Corte e Arcadia.
Antonio Vivaldi
Concerti pour deux clavecins – Gwennaëlle Albert & Clément Geoffroy: clavicembali – Encelade (67’)
Frustrati dalla scarsezza del repertorio di musica d’epoca per due clavicembali (anche se Bach ha dato, in qualche modo, splendidi esempi con i suoi Concerti per due, tre e quattro clavicembali) Gwennaëlle Albert e Clément Geoffroy, hanno rimediato con le trascrizioni. Ed hanno scelto, per cominciare, le composizioni di Antonio Vivaldi. Il Prete Rosso, che io sappia, non ha scritto musica per clavicembalo solista – anche se lo ha regolarmente usato per il basso continuo delle sue Sonate (ed anche qui Bach è intervenuto trascrivendo per clavicembalo alcuni dei suoi più bei concerti).
I due valorosi protagonisti di questa originale – e coraggiosa – impresa si son dovuti confrontare a non poche difficoltà: prima di tutto la linea del basso che in Vivaldi, quando accompagna i solo, è molto spesso essenziale, puramente ritmica, con un’armonia lineare e trasparente (al, o ai, continuisti di arricchirla e movimentarla completandola con la loro “realizzazione”, permettendo al solista di esprimersi in piena libertà e fantasia), ed al clavicembalo solo può apparire secca, austera. Nelle trascrizioni essa è stata, quindi, ampiamente modificata, con un ruolo più melodico, talvolta solistico, ed ampliandone la tessitura.
I puristi storceranno forse il naso, ma all’epoca ci si permetteva questo ed altro, ed il risultato è estremamente piacevole, e questi Concerti – all’origine per violino, flauto e oboe, o soli archi – rivelano sotto una nuova luce l’inesauribile ricchezza di questa musica.
Fauré intime
Mélodies – Thibaut Lenaerts: tenore, Philippe Riga: pianoforte – Muso ( 53’10)
Costituzionalmente allergico alla sovrabbondante musica vocale francese della fine dell’800, mi sono lasciato piacevolmente sorprendere da questo raffinato cd di melodie di Gabriel Fauré (che del genere è uno dei massimi rappresentanti). Sarà perché il tenore belga Thibaut Lenaerts – qui alla sua prima registrazione solistica – proviene da tutt’altre frequentazioni musicali – il ‘600 ed il ‘700, con ensembles prestigiosi come Les Arts Florissants, Les Talens Lyriques o Le Concert Spirituel – e la sua interpretazione delle atmosfere sfumate e irresistibilmente nostalgiche che impregnano queste composizioni è sobria e rattenuta, senza alcuna enfasi superflua, ma anche il suono del sublime pianoforte Erard del 1873 con il quale Philippe Riga l’accompagna giova alla credibilità delle emozioni sottraendole ad una stucchevole retorica e ben fondendosi al caldo timbro della voce. Le opere conosciute – Au bord de l’eau, Après un rêve, Tristesse – si alternano alle rarità del giovane Fauré, ancora alla ricerca di una libertà armonica e formale, in un ritratto del compositore completo e sensibilmente tracciato.