Per una volta questa mia pagina non apre con la presentazione di un sensazionale cd, ma con la segnalazione di un piccolo gioiello che – anche se ancora non si è materializzato in un single – potrete ascoltare (e scaricare) su internet. All’origine c’è uno dei capolavori di Trilussa, una poesia che il grande poeta romanesco scrisse nel 1914, rapidamente divenuta un canto pacifista che risuonava sui treni diretti al fronte, o nelle trincee, sull’aria di una canzoncina piemontese intitolata “Feramiù” (ossia rottamaio ambulante).
Abbiamo chiesto ad Ercole di raccontarci com’è nata questa poetica ed appassionata idea.
«Da sempre sono un ammiratore delle opere del poeta romano Trilussa. Leggere le sue poesie in dialetto romanesco mi fa sentire in qualche modo a casa e il messaggio morale che trapela dalle sue opere rispecchia un’umanità senza limiti di tempo o di luogo.
Poco più di un anno fa mi venne l’idea di musicare qualche suo testo. Utilizzare a tal fine un basso ostinato di “Romanesca” mi parve una scelta quasi ovvia (anche se la “Romanesca” è una melodia rinascimentale che, a quanto sembra, ha origini spagnole).
Non conoscevo la celebrità della Ninna nanna de la guerra, spesso recitata da Gigi Proietti e già musicata da Claudio Baglioni: ho scoperto la notorietà del testo facendo ricerche sul web dopo averla scelta per metterla in musica. Ora il brano fa parte di alcuni miei programmi di concerto, ottenendo sempre molto favore da parte del pubblico. Proprio in occasione di un concerto natalizio del mio ensemble Instrumenta Musica abbiamo trovato il modo di registrare professionalmente la Ninna nanna e, da qualche settimana, l’abbiamo messa a disposizione di un più vasto pubblico attraverso piattaforme come iTunes, Amazon music, Spotify ecc. Un single prodotto e distribuito in proprio, in maniera indipendente. Con la speranza di aver realizzato una vera hit, grazie anche alla partecipazione del bravissimo soprano tedesco Heidi Maria Taubert – che se l’è cavata benissimo con il dialetto romanesco – e delle mie eccezionali colleghe Elisabeth Seitz (salterio), di sua sorella Johanna (arpa rinascimentale) e di Zita Mikijanska (organo positivo). »
Ma perché in questa bella registrazione il suo trombone tacet ? – «Veramente penso sempre che gli altri strumenti siano più facili da ascoltare e adatti ad un pubblico più esteso. Ma mi rendo anche conto che il modo più evidente per diffondere la propria musica è quello di suonarla personalmente… Comunque il mio trombone è sempre “in movimento” e già lavoro ad altri brani dove il trombone si farà sentire in tutta la sua bellezza.»
ps: anche se virtuale, questo single ha una copertina, tratta dal bel quadro che l’artista viterbese Elvio Chiricozzi, cugino di Ercole, ha dipinto nel 1998, anno in cui il trombonista ha preso il volo per la Germania.
Ercole Nisini – Trilussa
Ninna nanna della guerra, sopra un basso di romanesca – Instrumenta Musica, Heidi Maria Taubert: soprano, Elisabeth Seitz: salterio, Johanna Seitz: arpa rinascimentale, Zita Mikijanska: organo positivo – Nisilux (3’41)
Schubert
Impromptus – Amandine Savary: pianoforte – Muso (63’39)
Bach
Toccatas – Amandine Savary: pianoforte – Muso (68’52)
Ci sono dei capolavori che restano impressi per sempre nella nostra memoria associati alle emozioni del primo ascolto. È il caso degli Impromptus, gli immortali gioielli che, tra la meditazione ed il sogno ad occhi aperti, così bene rappresentano la luminosa e vulnerabile poesia di Franz Schubert.
Li ascoltai per la prima volta – o per la prima volta, comunque, ne scoprii la folgorante bellezza – nella prima versione che Alfred Brendel incise in microsolco. Non ricordo che anno fosse (era tanto tempo fa …), poi Brendel ne registrò altre versioni, ma quella prima è rimasta per me, con la sua narrazione pudica e intimista, un riferimento impareggiabile (che, talvolta, mi dava la voglia di dire al nuovo, sprovveduto interprete: «ma come ti permetti?»).
Ed ecco che un nuovo cd degli Impromptus arriva a turbare i miei riferimenti sentimentali ed estetici. Non si tratta di un vero e proprio sconvolgimento – come, del resto, rarissimamente accade – piuttosto di una luminosità familiare che, venuta da lontano, accende un poema già noto ma cantato da un’altra voce. E la voce di Amandine Savary è pura e inspirata, animata dalla tenerezza di un tocco così leggero – ma, al tempo stesso, deciso quand’è il caso – come di rado m’è dato di ascoltare. Sembra che questi Impromptus ci vengano da un lontano Eden, abitato da quei pochissimi geniali virtuosi che respirano la stessa sublime aria delle divinità del pantheon della musica, e di essa nutrono le loro interpretazioni.
Poi, essendomi informato, ho saputo che, con Brendel, Amandine ha avuto il non comune privilegio di lavorare; tuttavia non credo proprio che sia stata questa frequentazione, da sola, a determinare la magica aura di cui vi ho parlato, quanto un’affinità elettiva che ha permesso la trasmissione e la continuità della magica rivelazione.
Non è ancora disponibile, purtroppo, un video di questi Impromptus. Ce n’è, invece, uno poetico ed ispirato, di una Toccata di Johann Sebastian Bach, che mi da l’occasione di segnalarvi un altro bellissimo disco, il primo che Amandine ha registrato come solista (le altre sue preziose registrazioni sono, sopratutto, con il Trio Dalì: Schubert, Mendelssohn e Ravel). Bach aveva vent’anni, e le sue Toccate sono la summa di quello stylus phantasticus che, importato da Roma, lo sedusse per la vertiginosa libertà che metteva alla prova in particolare modo il genio dell’improvvisazione e le sue doti di virtuosismo. L’occasione per Amandine Savary di mostrare un altro aspetto delle sua arte, che, attraverso tutte le sfide tecniche, splende per la sensibilità e la capacità di trasmettere momenti di pura emozione.
Divertissements
Oeuvres originales pour hautbois et guitare – Michaela Hrabankova: oboe, Gabriel Bianco: chitarra – Ad Vitam Records (59’37)
Un’associazione inedita, quella della chitarra e dell’oboe, per un repertorio originale (non si tratta, cioè, di trascrizioni, ma di musiche scritte espressamente per questo ensemble). Interpreti una giovane solista ceca, Michaela Hrabankova, ed il chitarrista Gabriel Bianco di cui ho già parlato in queste pagine, come solista o in quanto membro del Quartetto Eclisses.
I due virtuosi danno l’impressione, lungo tutto il programma del disco, di giocare a rincorrersi; il timbro acidulo e piccante dell’oboe rimbalza e si solleva sulle morbidezze della chitarra, sfuggendole e provocandola in un alternarsi di contrasti e di intrecci, di rifiuti e condiscendenze.
Un repertorio pochissimo noto – come ho detto -, opere di compositori austro-ungheresi della prima metà del XX secolo – Karl Pilss, Ferdinand Rebay e Barna Kováts – con una notevole scoperta: quella della musica di Napoléon Coste, gran virtuoso di chitarra e compositore dell’800. Allievo e complice di Fernando Sor, ha lasciato un gran numero di opere sopratutto per il suo strumento, ma è stato anche tra i primi ad associarlo all’oboe. Nel programma è presente con una sensuale e vibrante Fantasia drammatica «La partenza», per chitarra sola, e Il Montanaro per chitarra e oboe.
Les Musiciens et la Grande Guerre XXII
Maudite Guerre – Puccini, R. Strauss, Lehar, Webern, Leoncavallo, Korngold – Fionnula McCarty: soprano, Klaus Häger: baritono, Karola Theill: pianoforte – Hortus (65’40)
Les Musiciens et la Grande Guerre XXIII
Dans les services de Santé: le piano mobilisé – Ducasse, Huré, Ibert, Koechlin, De la Presse, Ravel, Roussel, Séverac – Amaury Breyne: pianoforte – Hortus (68’17)
Con metronomica precisione, Hortus prosegue nell’ambizioso programma dedicato ai Musicisti che hanno vissuto o subito, più o meno direttamente, la terribile avventura della Prima Guerra Mondiale. Si aggiungono, oggi, il XXII ed il XXIII volume: il programma del primo cd, dedicato alla Maledetta guerra, è un commovente florilegio poetico sui soggetti più vari, dall’entusiasmo della battaglia allo sgomento della morte, dall’evocazione della brutalità bellica all’aspirazione alla pace, messi in musica da compositori delle più diverse origini, come Giacomo Puccini, Franz Lehar, Ruggero Leoncavallo o Richard Strauss.
Il secondo riflette le reazioni di musicisti che, da un giorno all’altro hanno scambiato l’abito da concerto con l’uniforme del soldato, mobilitati nei servizi di Sanità. Infermieri, barellieri di nome Jacques Ibert, Jean Roger-Ducasse o Charles Koechlin, marinai come Albert Roussel o autisti d’ambulanza come Maurice Ravel, esorcizzano con la loro musica gli orrori della guerra o tentano, al pianoforte, una nostalgica fuga verso orizzonti più sereni.
Un programma molto interessante, al di là dell’evento storico, e realizzato con sensibilità attenta ed appassionata .