Preparo queste note il 21 giugno, Festa della Musica, un’occasione che, nata qualche anno fa all’insegna della riscoperta e della diffusione di musiche, strumenti e forme musicali rare o dimenticate, per un giorno proposte al vasto, e spesso ignaro, pubblico della strada, è diventata in questi ultimi tempi una palestra (o uno stadio) ove si confrontano, a forza di magawatts e di decibel, complessi che non hanno molte altre virtù da proporre oltre a quella di un volume sonoro da competizione, davanti al quale soccombono le esili melodie di liuti, arpe ed altri flauti. (Devo, per dovere di cronaca, citare l’iniziativa – quanto meno originale – del Conservatorio di Parigi la cui orchestra, nella gran sala della Philharmonie, ha commentato con un concerto di musica sinfonica il match Spagna-Croazia trasmesso in diretta su grande schermo).
A questi fragori, oppongo oggi uno strumento stravagante, affascinante per la sua follia; a suo tempo estremamente popolare e funzionale, oggi scomparso e dimenticato. Migliaia di American Fotoplayers furono costruiti tra il 1910 ed il 1925 per creare – nelle grandi sale cinematografiche – le ambientazioni musicali indispensabili a sottolineare la drammaturgia del film muto; l’avvento del sonoro li rese, quindi, assolutamente inutili. Oggi ne restano una cinquantina – di cui soltanto 12 funzionanti – proprietà di musei o di appassionati collezionisti. Joe Rinaudo è uno di loro, e le sue esibizioni hanno gran successo su YouTube. La più spettacolare – un brano non identificabile – è qui, dimostrazione di tutte le capacità dello strumento e dello scatenato virtuoso. In quest’altra Joe Rinaudo spiega – in inglese – il funzionamento dell’American Fotoplayer, illustrandolo poi con la famosissima – anche se pochi, credo, ne conoscono le origini – Vjezd gladiátorů (o Marcia dei Gladiatori) del compositore céco Julius Fučík. All’origine una Gran Marcia Cromatica poi trascritta dal compositore canadese Louis-Phillipe Laurendeau e universalmente utilizzata nei circhi, in particolare modo per movimentare l’entrata dei clowns.
Giovanni Battista Pergolesi
Stabat Mater, Sinfonia for Cello and Continuo – Silete Venti!, Emanuela Galli: soprano, Lucile Richardot: alto, Luca Franzetti: violoncello, Simone Toni – La Bottega Discantica (38’)
Ci sono artisti, rari come le comete, che simili a questi affascinanti e misteriosi corpi celesti segnano i tempi ed i cieli che attraversano. Penso a Simone Toni, ed al suo folgorante Vivaldi, di cui vi ho parlato all’inizio di quest’anno con tutto l’entusiasmo di chi ascolta – stavo per dire «vede» – rivivere musiche ormai da anni congelate da interpretazioni cosiddette «di riferimento», ma che nascono, ohimè, già vecchie e anchilosate.
Simone – che spero un giorno di poter incontrare per verificare queste mie sensazioni, per ora soltanto musicali – mi dà l’impressione di essere in un perpetuo stato di ebbrezza – per non dir di più …
Quando ho saputo che dopo essersi rimesso dalle vertigini dei 3 cd dedicati ai Concerti con l’oboe del Prete Rosso egli si era dedicato a Giovanni Battista Pergolesi ed al suo immortale Stabat Mater ho cercato di immaginare a quale settimo cielo il suo delirio avrebbe trasportato questo capolavoro che non ha pari nel repertorio sacro del suo tempo. Ed, avendo ricevuto il cd – pubblicato dalla Bottega Discantica, una mitica oasi per i discofili milanesi che, di tanto in tanto, publica preziose e non comuni registrazioni – ho avuto conferma di quel che avevo potuto immaginare.
Credo che davanti a simili eventi il cronista – ché il critico deve andarsi a nascondere – ha una sola possibilità, per non naufragare nei gorghi della retorica o del luogo comune, e cioè di lasciar libere le sue emozioni di manifestarsi, associandosi al geniale interprete di questo eterno capolavoro che di pudori, certo non ne ha, sia nella visione dell’opera sia nel parlarne.
Uno Stabat che inizia con le coinvolgenti palpitazioni del basso ed evolve lungo tutte le laceranti modulazioni del singhiozzo, sordo e sgomento nell’invocazione, disperato e martellante nel compianto, sino al travolgente Amen. «È stato un’esperienza dolorosissima e al contempo sublime – ha detto Simone – che mi ha lasciato a lungo nel buio. Ne ho scritto un poco nel libretto che accompagna il cd: avere accesso al manoscritto è stato devastante e ancor più mi colpiva come il pensiero di Pergolesi fosse stato per tanto tempo sepolto sotto una coltre di perbenismo e reso ministeriale. Che perverso destino hanno questi capolavori celebrati dalla storia e al contempo banalizzati: è una forma di vendetta del tempo, in attesa che un qualche Ebbro Messia venga a resuscitarli a nuova vita.
Nulla è normale in questa musica, nessun singolo suono, e lui era devastato dalle emozioni, dalla rabbia, dalla paura: ogni nota ha un segno sempre diverso che ne rivela le più profonde intenzioni. Non è, certo, stato possibile trovare tutto, ma cercare era un obbligo perché in quelle vibrazioni straordinarie si cela un grande segreto. E mi son trovato sommerso in un vortice sconosciuto, gli ultimi giorni prima delle prove ero colto da febbri, a letto tra sonno, fremiti e visioni, ed ogni volta, poi, terminata la sessione, mi accasciavo svuotato nel buio …».
Per gli audiofili appassionati (ed equipaggiati), aggiungo che questa registrazione è stata anche registrata su vinile ritrovando tutto il fascino ed il calore del suono analogico. «… e questo mi rende orgoglioso – ha aggiunto Simone -, anzi, devo aggiungere che il progetto è partito proprio con il desiderio di farne il vinile, e per questo il cd è corto, e, del resto, non saprei neanche cosa si potrebbe mettere vicino allo Stabat Mater …».
Devo, tuttavia, precisare che la Sinfonia in Fa maggiore per violoncello e continuo, ancora del Divino Giovanni Battista, completa, invece, il cd, egregiamente interpretata da Luca Franzetti, e aiuta a ritornare su terra dalle sublimi sfere alle quali questo sconvolgente Stabat Mater ci aveva elevato.
Ophélie Gaillard
Carl Philipp Emanuel Bach vol.2 – Pulcinella Orchestra, Ophélie Gaillard:
Due anni or sono, in occasione del trecentesimo anniversario della nascita di Carl Philipp Emanuel Bach, Ophélie Gaillard, violoncellista ed animatrice della Pulcinella Orchestra, aveva registrato uno splendido omaggio al più sorprendente e famoso dei figli di Johann Sebastian Bach, un cd premiato con il Diapason d’oro dell’anno. Ed ecco l’omaggio prolungarsi in un secondo volume, con un programma, se possibile, ancora più interessante. Ancora la Pulcinella Orchestra – che quest’anno festeggia il suo decimo anniversario – in una Sinfonia, la n°3 in Do maggiore, Wq.182/3, ancora un Concerto per violoncello ed archi, il n°2 in Si bemolle maggiore, Wq171, ed uno per clavicembalo, in re minore, Wq.17, ma anche – sopratutto – la rara e scatenata Sinfonia per archi in mi minore, Wq.178 e l’intensa Sonata per violoncello piccolo in Re maggiore, Wq.137 che si ascolta, di solito, eseguita alla viola da gamba. Illustrazione ideale del suggerimento che C.P.E.Bach dava ai musicisti, e cioè di «avere un’immaginazione cantante, e di prender l’abitudine, per trovare la buona maniera di interpretare un’idea musicale, di cantarsela ad alta voce» prima di affidarla allo strumento, questa Sonata dà modo, ancora una volta, al sensibile e generoso virtuosismo di Ophélie Gaillard di realizzare la principale ambizione del compositore: commuovere il pubblico nella maniera più diretta, rivolgendosi al suo cuore.
alla breve
Ensemble Amarillis & Louis Sclavis
Inspiration Baroque – Héloïse Gaillard, Violaine Cochard, Annabelle Luis, Louis Sclavis, Matthieu Metzger, Jean-Philippe Feiss – NoMadMusic ( 65’03)
Credo che si chiami crossover un genere musicale – alla moda da qualche tempo – che accostando, mescolando generi e strumenti diversi (barocco e folk, strumenti antichi e musica contemporanea) rinnova il repertorio e propone nuove prospettive d’ascolto. I risultati sono, ovviamente diversi, da i più banali e scontati, alle reali, entusiasmanti sorprese. È il caso del cd di NoMadMusic, un label che non è certo a corto d’idée, e che questa volta associa il clarinetto di Louis Sclavis – ben noto per le sue numerose registrazioni con ECM – ai giovani virtuosi dell’ensemble Amarillis, con il flauto a becco e l’oboe di Héloïse Gaillard, sorella della succitata Ophélie. Le sonorità inventive e spesso destabilizzanti di questo incontro rinnovano il fascino di musiche emblematiche del repertorio barocco associandole ai brani composti o arrangiati da Sclavis e dal sassofonista Matthieu Metzger in una pulsazione barocca che vibra magicamente dei ritmi ereditati dal jazz.
Schubert
String Quintet – Lieder – Quatuor Ebène, Gautier Capuçon: violoncello, Matthias Goerne: baritono, Laurène Durante: contrabbasso – Erato (72’06)
«Un mostro a cinque teste, coronamento della musica da camera occidentale, quintetto del reale e del sogno, del sacro e del profano, della gioia e del lutto, realizza il ponte tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, vera opera testamento del Maestro del Lied», così il Quartetto Ebène definisce il capolavoro di Franz Schubert, qui superbamente registrato con la partecipazione del violoncellista Gautier Capuçon. Completa il programma, costituendo un elemento maggiore d’interesse del cd, la trascrizione di cinque dei più noti Lieder interpretati dal grande baritono Matthias Goerne – che canta «come se camminasse sull’acqua» – in un’inedito arrangiamento con accompagnamento d’archi di Raphaël Merlin (al contrabbasso la bravissima Laurène Durante).