Notissimo, ai suoi tempi, per la sua produzione operistica – egli fu il fondatore della scuola napoletana – e in tempi moderni sopratutto per essere il padre del geniale Domenico, che da Napoli alla Spagna (e al Portogallo) rinnovò e fiorì il repertorio clavicembalistico delle sue 555 Sonate – Alessandro Scarlatti è conosciuto più per la sua gloriosa reputazione e paternità che per la sua musica.
Ed ecco che Odhecaton ci svela un aspetto del tutto sconosciuto della produzione liturgica di questo famosissimo sconosciuto, con la splendida registrazione di due inediti: la Missa Defuntorum per quattro voci e basso continuo ed un Magnificat a nove voci scritto per la Cappella Sistina, associati ad un Miserere ed un Salve Regina.
In occasione della registrazione del cd, Outhere Music ha dato la parola a Paolo da Col – che dirige Odhecaton – ed a Luca della Libera – che ha curato l’edizione critica della Missa Defuntorum – in un video che potrete visionare su YouTube. Per una volta in Italiano ( ! ), e sullo sfondo della sublime espressività e della forza retorica di una musica che splende di tutta la sua ricchezza formale ed originalità armonica, i due artefici di questa registrazione ci parlano delle loro scelte, adottate per illuminare della lussureggiante sensibilità barocca la rigorosa tradizione rinascimentale.
Alessandro Scarlatti
Missa Defuntorum, Magnificat, Miserere, Salve Regina – Odhecaton, Paolo Da Col – Arcana (76’37)
Giovanni Bassano
Ricercare per strumenti insieme – La Guilde des Mercenaires – Encelade (65’)
«Degli strumenti a fiato il più eccellente è il Cornetto per imitar la voce umana più degli altri strumenti. Questo strumento si adopera piano e forte, et in ogni sorta di Tuono, si come fa la voce. Bisogna dunque esercitarsi a far buono strumento, e guardarsi di non far il strumento che abbi del Corno né del muto. Dunque si deve accomodar il labbro talmente, che faccia buon strumento, il labbro aperto fa il strumento che ha del corno et muto, il labbro troppo stretto fa il strumento fesso. Dunque si tenerà la via di mezzo. Vuol essere suonato con discrezione e giudizio. La lingua vuol non essere né troppo morta né troppo battuta: ma vuole esser simile alla gorgia. Poi nella minuta far poca roba, ma buona. Si che ognuno tendi al bel strumento, alla bella lingua et alla bella Minuta, et ad imitar la voce umana, più che sia possibile».
Chi scrive è Girolamo della Casa, che del cornetto a bocchino fu grande virtuoso e teorico (non so se egli sia parente di Giovanni, quello delle «Buone Maniere», certo è che questi suoi consigli sono, oggi, piuttosto fumosi e poco utilizzabili …).
Questo strumento ha un bocchino – come gli ottoni – ma è in legno rivestito di cuoio, ed ha una sonorità particolarmente voluttuosa («quel lascivissimo cornetto» lo definì non so qual altro letterato bacchettone). Esso ebbe in epoca medievale e rinascimentale i suoi virtuosi ed un suo repertorio – oltre alle fondamentali apparizioni nelle opere di Monteverdi. Uno dei massimi cornettisti, fu il veneto Giovanni Bassano, protagonista dei fasti musicali della basilica di San Marco, autore di un fondamentale testo sulla maniera di suonare ed ornare la musica della sua epoca ed autore di Ricercari ed improvvisazioni su madrigali, mottetti e canzoni francesi.
Mai registrate, queste musiche sono oggi l’oggetto di questo prezioso cd di Encelade. La Guilde des Mercenaires non si limita, tuttavia, a mettere in luce le rare sonorità del cornetto a bocchino, ma ricorre altresì al violino, al flauto ed al bassanello, uno strumento inventato dallo stesso Bassano, tra il cornetto ed il fagotto. Un sublime registrazione per gli appassionati di musica antica e per chi ama le inedite sonorità di strumenti dimenticati.
Corrette
Les délices de la solitude, Sonatas op.20 – Ensemble ‘Opera Prima’, Cristiano Contadin: viola da gamba e direzione – Brilliant Classic (75’48)
“Les délices de la Solitude” (Le delizie della Solitudine) è il titolo evocativo – uno di quei titoli che, già da soli, suscitano immagini ed atmosfere – di una raccolta di sei Sonate per strumento grave di Michel Corrette, compositore e celebrato organista francese, autore di musiche che, pur scritte in epoca classica, sono ancora profondamente impregnate di umori barocchi. Se, poi, al titolo si aggiunge il fascino del Castello di carte (uno dei quattro quadri dedicati a questo soggetto da Jean-Siméon Chardin) che illustra la copertina del disco, la suggestione è completa: un invito a chiuder porte e finestre, tirar le tende – se ci sono – ad isolarsi, insomma, lontani da ogni distrazione e tumulto, per godere queste delizie, possibilmente alla luce di una discreta candela.
Ed ecco una subita sorpresa, poiché invece di uno strumento solo – violoncello, viola da gamba o fagotto, che con la loro prossimità al corpo dell’interprete accentuano l’idea dell’intimità, dell’isolamento – il suono di un avvolgente ed animato ensemble contraddice l’attesa (e la IV Sonata in Si bemolle maggiore è, addirittura, agitata da suoni che raffigurano le trombe di una chasse à courre).
Ho quindi pensato che fosse il caso di chiedere a Cristiano Contadin, l’elegante ed intenso interprete alla viola da gamba di queste Delizie, la chiave del mistero. «Penso che il titolo sia un invito rivolto soprattutto all’ascoltatore più che all’esecutore – mi ha risposto Cristiano -, un invito a godere delle emozioni e delle immagini suscitate dai suoni in “perfetta e gioiosa solitudine”, nell’atmosfera evocata dalla tela del pittore Chardin che illustra la copertina. La varietà degli stili e degli andamenti di queste sonate ben dispongono l’animo a viaggiare con la mente ed il cuore tra le pieghe di ricordi personali, suggestioni …
Solitudine avvolgente e coinvolgente, mista a sensazioni di leggerezza, di canto, libertà, intimità, gioia, entusiasmo, fierezza, distacco, malinconia compongono questa opera di quadri sonori; inevitabilmente suggeriti e vissuti in prima persona dal musicista che si accinge a metter mano al suo strumento.»
Ecco, quindi, la soluzione: musica per deliziare la solitudine di chi ascolta, se a questa musica densa di delicate, sottili, imprevedibili atmosfere egli vorrà dedicare un ascolto gelosamente intimo.
Brahms & Berg
Piano works – Vincent Larderet: pianoforte – Ars Produktion (65’24)
Ancora un cd dal programma destabilizzante (sono alla moda, di questi tempi …): cos’hanno a che dirsi Johannes Brahms e Alban Berg, uno dei padri della dodecafonia, con Schönberg e Webern, e con essi fondatore della Scuola di Vienna ?
Una cinquantina d’anni separano le due Sonate che rappresentano il nucleo del programma, due monumenti della letteratura pianistica pur essendo ambedue opere di giovinezza. Brahms ha vent’anni quando compone la sua Sonata in fa minore op.5, vertice e testimone definitivo (se non conclusivo) della sonata romantica, dalle imponenti, insuperate proporzioni, e Berg ne ha 23 o 24 (la data non è sicura) quando inizia a comporre la sua. Anche se la struttura dell’opera è quella tradizionale della forma sonata – con esposizione, sviluppo e riesposizione – non si sa se Berg prevedesse di attenersi alla forma classica in tre o quattro movimenti. Mancando di idee per alimentare la composizione egli si rivolse al maestro, e Schönberg gli disse che la mancanza di ispirazione significava che egli aveva detto tutto quello che aveva da dire. E la Sonata op.1 restò in un movimento solo.
Tra le due Sonate, i tre Intermezzi op.117 – Brahms diceva che essi «cullavano il suo dolore» – che con nel loro racconto intimo e meditativo racchiudono una specie di testamento pianistico,.
Vincent Larderet, che è – immagino – all’origine di questo inquietante ed esaltante accostamento, porta avanti la sua idea con un’intensità d’impegno quasi dolorosa, appena placata dalla tenera evidenza degli Intermezzi, un’oasi di serenità in un percorso altrimenti arduo di intenzioni e significati.