Da qualche anno si è iniziato a riflettere su come affrontare le sfide che il cambiamento climatico ci metterà di fronte nei prossimi anni. Tra le tante, quella alimentare è una delle più ardue. L’aumento della scarsità delle risorse dovute alla perdita di territorio, all’aumento delle temperature e all’inquinamento delle acque, unitamente all’ormai più che nota insostenibilità degli allevamenti intensivi, hanno spinto i nutrizionisti di tutto il mondo a cercare nuove soluzioni per provare a ridurre anticipatamente il problema del fabbisogno alimentare. Gli insetti sono una delle risposte che gli esperti alimentari si sono dati. La spinta viene anche da molteplici riflessioni portate avanti dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura secondo cui dal momento che miliardi di persone fanno già uso di insetti edibili, perché non espandere questo mercato?
Come noto, la produzione di carne è una delle attività umane che contribuisce maggiormente alle emissioni di gas serra, ed è quindi tra le maggiori cause del cambiamento climatico. Nonostante ciò, la carne è considerata tra le principali fonti di proteine da gran parte della popolazione globale. Secondo uno dei primi rapporti della FAO sul consumo alimentare di insetti, i valori nutrizionali a livello proteico apportati dagli insetti sono comparabili a quelli delle carni e di alcuni pesci. Per fare un esempio infatti, il contenuto proteico di una cavalletta varia tra il 18 ed il 32%, quello di un baco è il 15% mentre quello della carne di vitello è pari a circa il 22%. Se si guarda, invece, al lato ambientale, gli allevamenti di insetti producono una quantità molto ridotta di CO2 e consumano molta meno acqua di allevamenti animali a parità di chilogrammi di proteine consumabili prodotte.
Nonostante ciò, perché soprattutto noi occidentali rimaniamo restii al consumo alimentare di questi animali? Cosa ci porta a considerarli così diversi da un gamberetto? Probabilmente purtroppo, essendo culturalmente soliti associare a situazioni igieniche scarse o a vederli come parassiti e infestanti, la nostra mente tende a voler tenere lontani dalle nostre tavole con anche un certo disgusto quello che è ormai comunemente chiamato “cibo del futuro”. In gran parte dell’Asia, dell’Africa e in sud America il consumo alimentare di insetti sia ampiamente diffuso, in Europa abbiamo iniziato a discuterne in maniera strutturata soltanto negli ultimi anni. Solo lo scorso anno (precisamente il 3 Maggio 2021), dopo il parere positivo dell’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), la Commissione Europea ha dato via libera al commercio e al consumo all’interno degli Stati Membri delle larve delle tarme della farina. Queste possono però essere vendute e consumate o disidratate e intere oppure come farina da usare come ingrediente per altri alimenti.
Il percorso che ha portato la Commissione Europea al via libera nasce da molteplici discussioni: gli insetti rientrano infatti nella definizione di “novel food”, ovvero quei prodotti e sostanze alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo all’interno dell’Unione europea. La loro autorizzazione per il consumo alimentare è legata a un’attenta analisi in cui la sicurezza alimentare viene messa al primo posto. E’ stata dunque condotta un’attenta valutazione del rischio sui fascicoli presentati dai richiedenti, che contengono dati sulla composizione e sulle caratteristiche nutrizionali, tossicologiche e allergeniche del nuovo alimento, nonché informazioni sui processi produttivi, su gli usi e livelli di utilizzo proposti che vengono valutati da EFSA.
A seguito dell’approvazione, anche note aziende italiane hanno iniziato a produrre alimenti per esseri umani a base di insetti (soprattutto patatine). Fino ad ora nel nostro Paese la maggior parte delle aziende che alleva insetti lo fa per ricavarne mangime animale e nessuna ha ancora ottenuto dall’Unione Europea l’autorizzazione per allevarli con lo scopo di ricavarne prodotti a scopo alimentare umano (la farina ad oggi utilizzata a questo scopo proviene dalla Francia, ndr).
Possiamo quindi considerare gli insetti come cibo sicuro? Secondo il Report della FAO dello scorso autunno, sì: si possono riscontrare rischi per la sicurezza alimentare solo quando tali insetti sono raccolti in natura e consumati crudi. Il consumo di insetti provenienti da allevamenti che rispettano determinate condizioni igieniche unitamente alla presenza di programmi sanitari dovrebbero ridurre alcuni rischi come, ad esempio, quello della contaminazione microbiologica. Alla luce di ciò, il consumo di insetti provenienti da allevamenti rigidamente regolati, inseriti all’interno di una filiera controllata e che rispettano le norme di sicurezza alimentare prestabilite (come dopotutto avviene con gli allevamenti tradizionali) è da considerarsi sicuro. Infine, non è da non sottovalutare come l’utilizzo di insetti a scopo alimentare possa essere di aiuto nel migliorare le condizioni di insicurezza alimentare di innumerevoli persone nel mondo, fornendo loro una fonte alimentare altamente proteica, di facile produzione e a basso costo.
Soprattutto in occidente, il maggior ostacolo da superare nel consumo di insetti è il pregiudizio culturale. Sebbene negli ultimi anni il nostro sguardo preoccupato verso il futuro ci abbia reso più tolleranti verso qualcosa che prima potevamo considera naif o guardare con diffidenza, deve passare ancora del tempo per permettere un cambio di atteggiamento su scala più generale. A fare da guida in questo potrebbe essere la fascia di popolazione più giovane e curiosa. Qualche anno fa a New York ho assaggiato un sacchetto di “cavallette al formaggio” e di averlo trovato saporito e intrigante; vediamo cosa si inventeranno per riempire i nostri scaffali!
Fonte immagini: green.it