Il 23 settembre scorso è iniziato l’autunno. Se però non ci fosse il calendario a ricordarcelo, le temperature ci indurrebbero a pensare di essere ancora in piena estate. L’estate del 2021 è risultata essere la più calda di sempre in Europa, come testimoniato dai dati del Copernicus Climate Change Service (il centro dell’Unione Europea che si occupa di servizi climatici), che mostrano come la temperatura media tra i mesi di giugno e agosto sia stata addirittura di 1° superiore alla media degli ultimi 30 anni (1991-2020) e siano stati battuti alcuni record di calore, tra cui i 48.8° registrati in agosto nel siracusano. Non è un caso che protagonisti di quest’anno in Europa siano stati gli incendi, favoriti anche dalle elevate temperature. Dall’inizio dell’anno solo in Italia sono bruciati 158 mila ettari di territorio: boschi e foreste sono stati gli ambienti più colpiti e le regioni del sud Italia e le isole contano il maggior numero di danni. Si stima che serviranno almeno 15 anni per ricostruire le porzioni di territorio italiane andate in fumo solo quest’anno.
Sono eventi e realtà che non è possibile continuare a ignorare, soprattutto alla luce dell’imminente incontro a Glasgow per la Cop26 (la riunione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a inizio dicembre 2021), dove delegati da tutto il mondo si raduneranno per discutere della crisi climatica in atto, come già spiegato in un precedente articolo.
In vista di questo incontro ci dobbiamo tutti dare da fare: è ormai consapevolezza comune che, per tentare di arginare la deriva del Pianeta, sia necessario un impegno collettivo che riguarda ogni grado della società, dall’individuo alle nazioni passando per le aziende e le industrie. Ogni realtà dovrebbe infatti puntare a rendere i propri gesti più responsabili e meno dannosi per il clima, senza pensare di essere troppo piccoli per fare la differenza. Non è un caso che per la prima volta, proprio in vista della Cop26, anche i leader delle Chiese cristiane (Papa Francesco assieme al Patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby) abbiano firmato congiuntamente un documento in cui si riflette su come il degrado della Terra sia effetto dei nostro comportamenti. “Qualunque sia la fede o visione del mondo, ascoltiamo il grido della terra. Oggi paghiamo il prezzo, domani potrebbe andare peggio”. Una simile mobilitazione è indice di come la salvaguardia del Pianeta non sia più esclusivamente un argomento che trova posto nell’agenda di movimenti, associazioni e partiti ambientalisti, ma sia ormai una tematica trasversale a ogni livello della società, dagli attivisti della prima ora ai grandi leader planetari.
La massiccia opera di sensibilizzazione in atto contribuisce a ricordarci che ignorare il cambiamento climatico è ormai impossibile. Se ancora capita di pensare di non essere parte del problema, è a causa della difficoltà nell’accettare la necessità di modificare alcune delle abitudini e nell’adottare nuove azioni quotidiane: superiamo quest’ostacolo per provare a fare la nostra parte, l’impegno necessario è davvero minimo e costituisce la base del cambiamento. Prendiamo ad esempio la scelta di una nuova autovettura: guardando al futuro proviamo a sceglierne una elettrica, ibrida o a metano, informandoci riguardo la possibilità di usufruire di incentivi per il passaggio mezzi green. O, per restare più nel quotidiano, al supermercato cerchiamo di acquistare prodotti di provenienza locale e impacchettati con il minor quantitativo di plastica possibile. Basta un po’ di attenzione in più per poter cambiare il mondo. Una volta adottato un nuovo comportamento non teniamolo per noi, parliamone! Non saremo tutti Greta Thunberg, ma spesso raccontare di una scelta più responsabile che si è adottata, è sufficiente a ispirare un sentimento di emulazione in chi ci ascolta, soprattutto se si tratta di amici, parenti e persone che si fidano di noi. Scoprirete spesso che chi ci circonda è più che pronto a darsi da fare per il Pianeta, e a volte tutto ciò che serve è vedere in prima persona che ciò si può fare con uno sforzo davvero minimo. Il confronto con figli e nipoti potrebbe dunque rivelarsi molto più utile di quanto pensiamo. Sono infatti i giovani a essere il vero motore del cambiamento sociale, e a riprova di ciò sono tornati in piazza lo scorso 24 settembre, facendo ormai della lotta ai i cambiamenti climatici una questione di vita o di morte. Questa volta hanno cercato di attirare l’attenzione anche di genitori e nonni con una lettera pubblicata sul sito italiano del noto movimento Fridays for Future: i toni sono quelli accesi di chi ha a cuore il proprio futuro e non è più disposto ad essere testimone passivo della crisi.
Le iniziative di sensibilizzazione giovanile su questi temi sono numerose: in vista della Cop26 di Glasglow, Legambiente ha organizzato la terza edizione dello “Youth climate meeting”, un weekend romano di workshop e discussioni per prepararsi alla “Youth4Climate: Driving Ambition”, un evento organizzato a Milano in questi giorni di fine settembre in cui centinaia di giovani da tutto il mondo stanno discutendo al fine di redigere un documento da presentare ai leader mondiali in occasione della PreCop26. La conferenza è stata aperta da Greta Thumberg, la giovane svedese che ormai non ha più bisogno di presentazioni, con parole molto dure rivolte ai leader politici mondiali: “I nostri leader invitano i giovani a questi meeting per far vedere che ci ascoltano, ma non è vero. Le emissioni continuano ad aumentare, la scienza non mente. Le loro parole sembrano meravigliose ma finora non hanno portato ad azioni concrete. Non c’è un piano B, basta bla bla bla”. E a proposito di piani B e scenari alternativi, l’IPCC (il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico) ha pubblicato la prima parte del suo sesto rapporto di valutazione, al cui interno sono presentate cinque diverse sezioni contenenti ciascuna una differente e possibile situazione climatica futura. Questi scenari, ipotetici ma verosimili, sono molto variegati e rappresentano diverse situazioni in cui l’umanità compie (o non compie per motivi legati al nazionalismo o all’aumento di emissioni e temperatura e livelli non più gestibili) azioni per contrastare la crisi climatica e migliorare la vita di tutti. Nella prima sezione la situazione è descritta dal punto di vista della scienza fisica del cambiamento climatico, mentre le implicazioni socioeconomiche saranno approfondite maggiormente nella seconda e terza parte in uscita nel 2022. Nonostante la situazione sia critica e le previsioni non siano rosee, ricordiamo sempre che il futuro non è già scritto, e che in ogni momento, con ogni scelta, ognuno di noi contribuisce a determinare la direzione in cui ci muoviamo: diamoci da fare, ne vale la pena.