Oggi per produrre grano bastano meno di due ore di lavoro umano per ettaro. Il resto del lavoro è svolto dai cosiddetti “schiavi energetici”, cioè dai combustibili fossili
La recente protesta dei contadini in qualche modo conferma che “Il diavolo è nel diesel”… Nella figura riportata qui sotto si vede il prezzo del gasolio dal 2016 a oggi: il prezzo da un paio di anni è salito, e il problema non è trascurabile, perché il gasolio è alla base dell’economia. E anche dell’agricoltura, che non per niente ha scelto di protestare usando i trattori.
I trattori consumano gasolio, e gli agricoltori hanno bisogno del gasolio, perché non lavorano più con la forza delle loro braccia. Per esempio, dice il prof. Vaclav Smil, nel 1801 per lavorare un ettaro di terreno coltivato a grano, servivano 150 ore di lavoro umano + 70 ore di lavoro degli animali. Nel 1901 servivano 22 ore di lavoro umano e 37 di lavoro dei cavalli; negli Stati Uniti nel 1926 c’erano circa 100 milioni di abitanti, e quasi 50 milioni tra cavalli, buoi e muli. La metà dei terreni agricoli era usata per coltivare il fieno che serviva come cibo per gli animali da lavoro. E oggi? Oggi per produrre grano bastano meno di due ore di lavoro umano per ettaro. Il resto del lavoro è svolto dai cosiddetti “schiavi energetici”, cioè dai combustibili fossili. In meno di un secolo, gli animali da lavoro nei Paesi ricchi non servono più e la produzione del cibo è diventata una rete complessa di catene di distribuzione globali e industriali, che hanno sempre più disconnesso da chi realmente lo produce.
La produzione agricola nei Paesi industrializzati è cresciuta moltissimo, a tal punto che spesso anche nei Paesi poveri conviene di più comperare il cibo nei supermercati, piuttosto che lavorare i campi, come spiega Stefano Liberti in un suo libro-inchiesta “I signori del cibo” (minimum fax, 2016). Ecco due frasi che si trovano a pag. 287, leggermente modificate perché si riferiscono al Ghana: “Dopo anni di liberalizzazione del commercio, non è facile invertire la rotta… Se anche ne avesse la volontà politica, il governo dovrebbe trovare un modo graduale per sostenere i produttori senza danneggiare i consumatori”. Anche i contadini dei Paesi ricchi se ne stanno accorgendo, ma forse non hanno le idee chiare su quello che si può fare per risolvere il problema (del resto, chi può avere veramente le idee chiare?).
Combustibili fossili, e cibo
Tornando ai libri di Smil, si trovano una serie di numeri sulla quantità di gasolio che si usa per diversi tipi di cibo. Per ogni chilo di pane si usano 210 grammi di gasolio, per 1 kg di carne di pollo occorrono da 150 a 750 ml di gasolio. E le verdure? I pomodori che si comprsno in questi giorni al supermercato, coltivati in serra in Spagna o in Olanda, richiedono oltre mezzo litro di gasolio per chilo di raccolto se la serra è riscaldata, e 150 millilitri per chilo se il riscaldamento non c’è. Poi si deve aggiungere quello che serve per trasportare i prodotti fino ai negozi nelle città. Solo per fare un esempio, Smil dice che un camion che trasporta 13 tonnellate di pomodori da Almería (dove si trovano le grandi serre spagnole) a Stoccolma percorre 3.745 chilometri e consuma circa 1.120 litri di gasolio, cioè quasi 90 millilitri di combustibile per chilo di pomodori. Per la vendita al dettaglio occorre distribuirli nelle diverse città, e il costo sale fino a quasi 130 mL/kg. Quindi in totale, in un supermercato della Scandinavia, i pomodori provenienti dalle serre in plastica riscaldate di Almería possono avere un costo energetico totale fino a circa 650 mL/kg.
Per molti anni tutto questo non è stato un problema, perché i combustibili fossili costavano poco, e perché nessuno si preoccupava dell’inquinamento. Così è stato possibile produrre più cibo di quello strettamente necessario, e avere un mondo in cui le persone sovrappeso sono di più di quelle denutrite. Un mondo in cui il cibo si può allegramente sprecare, anzi lo spreco in un certo senso è utile, perché sostiene la produzione in eccesso.
La grande distribuzione per esempio può tenere i prezzi bassi perché vende grandi quantità di prodotti, e può interagire con i produttori da una posizione privilegiata. Non occorre essere esperti di economia per sapere che se il contadino vende alla grande distribuzione, vende tutto ciò che produce (spesso anche prima che il prodotto sia maturo), ma al prezzo stabilito da loro. Se invece vende direttamente al consumatore, ad esempio nei mercati locali, deve tenere conto della concorrenza dei supermercati – e non sa se venderà tutto il raccolto. Se poi un agricoltore decide di usare meno combustibili fossili, deve lavorare di più; ma con la concorrenza delle coltivazioni intensive non può alzare molto i prezzi, e il suo lavoro risulta sottopagato. Perciò, ora che il prezzo del gasolio tende a salire, è facile prevedere che il prezzo del cibo salirà, creando un problema soprattutto per i più poveri.
Combustibili fossili e costi energetici
Oggi l’energia costa di più e non ci sono speranze che il prezzo scenda, nonostante le affermazioni di molti politici; la situazione dal punto di vista dell’inquinamento sta diventando veramente critica, e non si deve illudere che basti diminuire le emissioni di CO2 (ammesso che ci si riesca). L’inquinamento è anche produzione di rifiuti, perdita della biodiversità, scarsità di risorse, aumento delle disuguaglianze e della povertà… Occorrerà un cambiamento molto più drastico, tanta inventiva e un po’ di sacrifici da parte di tutti.
Occorrerà trovare delle soluzioni per diminuire l’intensità di carbonio associata con il benessere, e probabilmente per raggiungere questo obiettivo sarà necessario agire sul sistema economico, che non dovrebbe più essere basato sulla crescita del PIL e sul consumo eccessivo. La proposta di alcuni economisti, attualmente ancora poco ascoltati, è quella di passare dall’economia della crescita al cosiddetto “Stato stazionario”. Per l’agricoltura, in particolare, vanno presi in considerazione i principi dell’agro-ecologia. Si tratta di un cambiamento importante e per nulla facile, ma probabilmente indispensabile. Ne riparleremo. Per iniziare, si deve imparare a privilegiare la collaborazione e a evitare i conflitti. In poche parole, “Dobbiamo prepararci per un atterraggio morbido nel mondo che verrà dopo i combustibili fossili, invece di incoraggiare la crescita secondo il modello attuale, che è intrinsecamente poco sostenibile”.