Prezzo dei carburanti: se l’aumento fosse utile?

Molte persone si lamentano dell’aumento di prezzo dei carburanti, diesel e benzina. Effettivamente è un problema, soprattutto per tutti coloro che hanno bisogno dell’automobile per lavorare. A questo proposito, è interessante ricordare quello che è successo in passato in occasione delle crisi petrolifere. Nel 1973, gli Stati arabi produttori di petrolio decisero di tagliare del 25% le esportazioni del greggio verso i paesi occidentali che avevano sostenuto Israele durante la guerra del Kippur. La crisi petrolifera del 1979, nota anche come “shock petrolifero del 1979”, o seconda crisi petrolifera, è stata causata da un calo della produzione di petrolio, dovuto soprattutto alla rivoluzione iraniana. Come molti di noi ricordano, in quelle occasioni in Europa sono stati presi provvedimenti per diminuire il consumo ed evitare sprechi. In Italia nel 1973 il governo Rumor varò un piano per l’austerity, che imponeva rincari per i carburanti e per il gasolio da riscaldamento. Per limitare i consumi di energia furono imposti:

  • Divieto di circolare in automobile la domenica
  • Fine anticipata alle 23 dei programmi televisivi
  • Riduzione degli orari di negozi, bar e ristoranti
  • Limitazione dell’illuminazione stradale e commerciale
  • Piano di circolazione a targhe alterne
  • Limitazione della velocità in autostrada.

Sempre in quel periodo si aumentarono gli sforzi per scoprire nuovi giacimenti petroliferi; in particolare è da segnalare la scoperta di pozzi petroliferi nel Mare del Nord e in Alaska, che permisero all’Occidente di ridurre la dipendenza dai paesi produttori del Medio oriente, dell’Africa e del Sud America. È di quell’epoca anche l’aumento dei finanziamenti per lo studio delle centrali nucleari. Suggeriamo di riflettere su cosa sta invece succedendo oggi: sembra che nessuno sia disposto a rinunciare – neppure parzialmente – alla propria automobile. Invece di fermarsi e di proporre limitazioni, come era successo in passato, in questi giorni si continuano a chiedere soltanto provvedimenti che facciano diminuire il prezzo dei carburanti. Ci siamo abituati alla filosofia secondo la quale l’unica soluzione ai problemi economici è consumare di più, cercando di tenere basso il prezzo attraverso benefici statali. Questa è ormai la visione economica di maggior successo, ed è entrata nella mentalità delle persone in modo tale che diventa difficile concepire altri possibili aspetti dei problemi, ed altre possibili soluzioni.

Ma c’è anche un altro aspetto, più complesso, che sarebbe bene capire meglio. Come diceva l’Ammiraglio Rickover nel suo discorso del 1957  “L’alto consumo di energia è sempre stato un prerequisito del potere politico. La tendenza è che il potere politico sia concentrato in un numero sempre minore di paesi. In definitiva, le nazioni che controllano le maggiori risorse energetiche diventeranno dominanti. Se pensiamo al problema delle risorse energetiche, se agiamo con saggezza e in tempo per conservare ciò che abbiamo e prepararci bene per i necessari cambiamenti futuri, assicureremo questa posizione dominante per la nostra nazione”.

L’Ammiraglio era americano e pensava agli Stati Uniti. Le sue previsioni si sono avverate: il suo Paese oggi è sicuramente in una posizione dominante. Questa posizione è stata  raggiunta poco alla volta, e proprio le crisi petrolifere di cui abbiamo parlato sono state il punto di partenza per creare il sistema del petrodollaro. Cosa significa?

All’inizio degli anni ‘70 il dollaro era in difficoltà, anche per le spese derivanti dalla guerra nel Vietnam, e gli Stati Uniti non riuscivano più a mantenere il prezzo globale fissato per l’oro in linea con il sistema di corrispondenza tra oro e valute che era stato stabilito nel 1944, alla fine della Seconda guerra mondiale (per chi vuole saperne di più, ci sono tantissimi documenti on line). Il presidente di allora, Richard Nixon, prima di tutto decise di eliminare la corrispondenza tra oro e dollaro; ma la soluzione non funzionava, perché il dollaro oscillava rispetto alle altre monete e perdeva la fiducia dei mercati. A questo punto, contando sull’enorme flusso di dollari che andava dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita per l’acquisto di petrolio, Nixon (seguendo i suggerimenti dei suoi consiglieri tra cui Henry Kissinger) suggerì una soluzione. Ci fu un accordo in base al quale gli Stati Uniti avrebbero acquistato petrolio dall’Arabia Saudita; in cambio, i sauditi avrebbero usato i dollari così incassati per acquistare prodotti (in particolare armamenti) e buoni del tesoro statunitensi. Col passare del tempo, grazie al predominio dell’Arabia Saudita nell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), il dominio del dollaro è stato esteso a tutta l’OPEC, e  il dollaro è diventato la valuta preferita per gli acquisti di petrolio in tutto il mondo. Questo sistema è ormai attivo da 50 anni e probabilmente è stato utile per mantenere basso il prezzo dell’energia a tutto vantaggio dei Paesi ricchi (di cui anche noi facciamo parte), ma non tiene conto in modo adeguato degli interessi di buona parte dei Paesi produttori. Infatti sta cominciando a mostrare qualche debolezza. In particolare, i Sauditi in diverse occasioni hanno espresso la loro volontà di utilizzare diverse valute; e anche la Russia ha proposto di vendere i suoi combustibili fossili in rubli.

Tutto questo potrebbe avere conseguenze sia politiche che economiche sugli Stati Uniti, anche se si trovano commenti diametralmente opposti: c’è chi dice che segnerà la fine del predominio del dollaro tra le valute, e chi invece sostiene che non provocherà particolari conseguenze. Staremo a vedere, e nel frattempo potremmo anche capire qualcosa di più sulle cause di alcuni conflitti…

 

 

Giovanna Gabetta:
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