Il Natale è archiviato e io, superata la boa dell’Anno Nuovo, già sento nell’aria il profumo della primavera e della prossima estate. Le giornate si allungano e così malgrado il gelo, la neve e la pioggia con la mente sono già lontana, in luoghi dove il freddo non arriva.
Sono a Sao Tomè e Principe, un gruppo di isole sperdute nell’Oceano Atlantico, di fronte alle coste dell’Angola, a metà strada dal Brasile. Isole che per lunghi anni sono state sotto il dominio dei Portoghesi che le hanno usate come base per il loro fiorente commercio di schiavi. La sensazione, appena ci si arriva, e ci si arriva sempre a notte fonda, è quella di essere all’improvviso catapultati alla fine o all’inizio del mondo, dove d’un tratto saltano tutti gli schemi. Dove la gente vive in modi diversi da quelli a cui noi siamo abituati e anche il paesaggio non ha niente di consueto.
Mi accoglie, infatti, una oscurità solida, densa come un mantello in cui aleggia una sorta di mistero. Un mondo ancora quasi intoccato, una giungla dolce dove ancora si avvertono spiriti e fantasmi del passato. Nell’aria salgono i fumi acri della legna bruciata per farne carbone, e ancora l’aroma ambrato del cacao e quello dolce dei fiori tropicali. Sono arrivata a Sao Tomè per lavoro, devo preparare un pranzo siciliano in un resort di una coppia di simpatici e audaci bergamaschi, Tiziano e Mari, che, dopo aver traversato tutta l’Africa in bicicletta, anni fa hanno acquistato un pezzo di terra dove coltivano frutta e ortaggi tropicali e nostrani e dove hanno costruito un resort, piccoli bungalow di legno che si affacciano su un mare intoccato circondati da una natura sfolgorante.
Il giorno dopo vado in giro per l’isola, un luogo dove i ritmi sono lentissimi, slabbrati, trascinati. La gente è allegra, per strada ridono e ti salutano. Ci sono enormi baobab che arrivano al mare, un mare caldo e trasparente ma privo di profumi, non è insomma il Mediterraneo. I bambini nei villaggi giocano con palle di pezza o si divertono a far rotolare copertoni spingendoli con piccoli rami, i maiali grufolano liberi ovunque, le donne lavano i panni a fiume e poi li mettono, come bandiere colorate, ad asciugare al sole, in spiaggia o sulla riva. Sono incantata.
Se il mare non semina odori in compenso la terra è ricca di fragranze. Nell’aria si scontrano gli aromi forti del cacao che da sempre è una delle ricchezze di queste isole, e quello più pastoso delle banane. Di banane ce ne sono di tantissime specie, grandi, piccole, gialle, verdi, rosse, sono dolcissime e profumano ogni cibo a cui si accompagnano. Qui le usano su tutto e per tutto, in particolare con il pesce che acquista così sapori e aromi caraibici.