Il momento migliore dei miei viaggi sono le mattine. La prima colazione. Non è un momento facile perché in fatto di prima colazione sono piuttosto esigente. Questo accade perché adoro la marmellata e non sempre e non a ogni latitudine è facile trovarne e trovarne di buone. In tanti Paesi il breakfast è a base di altro, magari salato, con le uova, addirittura con la carne, però io di marmellate nei miei viaggi ne ho anche trovate di straordinarie.
Dovessi fare una graduatoria tra le migliori al primo posto, forse a sorpresa, ci metterei l’Africa. Le marmellate, ad esempio, assaggiate a Sao Tomè e Principe erano squisite e soprattutto, almeno per me, tutte da scoprire. Nel resort dove ho vissuto e lavorato per un mese la prima colazione era un po’ il clou della giornata. Il posto era un agriturismo sul mare immerso in una foresta primaria e i proprietari coltivavano e allevavano bestiame; così ho scoperto gusti e sapori davvero insoliti, ad esempio le marmellate di mango, di papaya e di banane che lì sono piccole e saporitissime. Ogni mattina me ne facevano assaggiare di diverse ed erano ciascuna più straordinaria delle altre.
Intanto non sono dolcissime perché lì la frutta è dolce per conto suo e dunque non è necessario aggiungere troppo zucchero, dunque c’era sempre una nota asprigna che ne smussa la rotondità. La mia preferita era quella di caja-manga. Questo è un frutto dalla consistenza e dal sapore simile a una grossa prugna che abbia sposato, in un matrimonio particolarmente riuscito, una pera, un melone e qualche agrume. A Sao Tomè con la caja-manga fanno marmellate profumatissime mescolate a un altro frutto che adoro: la maracujà, in pratica il frutto della passione. Il nome fa supporre proprietà afrodisiache, non so se le abbia ma di certo il suo profumo è inebriante e fascinoso e il sapore che mescola il dolce e l’asprigno regala alla marmellata un gusto unico che accarezza ogni senso, insomma assaggiare una marmellata di questi frutti è davvero una sensazione paradisiaca. Con queste marmellate e le farine che ho acquistato a Sao Tomè ho fatto crostate straordinarie dai profumi esotici che hanno conquistato i miei ospiti.
Poi ci sono state le marmellate di rose assaggiate in Marocco e in Turchia, c’è gente che ne va pazza per me sono decisamente troppo dolci e dunque quando le spalmavo sul pane aggiungevo sempre un po’ di sale, so che può sembrare strano, ma invece il risultato è davvero straordinario. La mia marmellata del cuore è però quella di mandarini e la migliore l’ho assaggiata da una mia amica siciliana che mi invitò a un assaggio al buio: aveva deciso di mettere in barattolo e vendere le sue marmellate e voleva capire quale fosse la migliore. Quel giorno avrò assaggiato almeno una ventina di marmellate, tanto che alla fine il mio palato era una esplosione di agrumi e l’aria era densa di fragranze fresche e pungenti e io ero quasi ubriaca. Quella che ho scelto, senza saperlo, era proprio la marmellata della mia amica, fatta con i mandarini tardivi di Ciaculli, un vero capolavoro della natura, profumatissimi e dolci, mangiarli è come assaggiare la Sicilia. Prima di partire ne ho fatto una scorta e appena tornata a Roma mi sono precipitata in cucina. La cosa noiosa è sbucciarli ed eliminarne i semi, poi si passa la polpa e si mette a cuocere insieme alle bucce tritate e allo zucchero, non tantissimo perché dovete comunque sentire un retrogusto un po’ asprigno. Lo so, è un lavoro! Ma ne sarete ricompensati. Per apprezzarla fino in fondo dovete mangiarla in silenzio, possibilmente a occhi chiusi. Sarà un momento un po’ zen perché questa marmellata è da meditazione.