Da sempre le melanzane sono la mia passione. Mi piacciono in tutti i modi, al forno, al funghetto, grigliate, ripiene, mi piace la crema di melanzane e soprattutto adoro la parmigiana, il mio piatto preferito. E siccome amo le melanzane non posso non amare la Turchia, che ha fatto della melanzana la regina incontrastata dei suoi piatti.
Sono poi tornata in Turchia anni dopo, d’estate, in vespone, con quello che sarebbe diventato il mio futuro marito. Dormivamo dove ci capitava, in certi alberghi schifosi dove dai rubinetti uscivano scarafaggi, sulle spiagge, in mezzo ai campi, insomma quei viaggi che si facevano negli anni ’70. Il ricordo più vivo che ho di quell’avventura è il momento in cui traversammo la frontiera tra Grecia e Turchia. Faceva molto caldo, la vespa correva lungo una strada che si scioglieva come un nastro tra distese di sabbia. Avevo fame e il caldo mi faceva strani scherzi, continuavo a vedere, stagliate all’orizzonte quelle che mi sembravano le mura di una città, che una volta raggiunte sparivano nel nulla. Miraggi. Finalmente ci fermammo stanchi e sudati in un villaggio di pietra, ci sedemmo contro un muretto e crollammo addormentati. Fui risvegliata da voci sussurrate. Di fronte a me una fila di donne e bambini, che evidentemente non avevano mai visto un vespone, ci guardavano con curiosità, parlottando a bassa voce, un bambino ci si avvicinò e ci fece dono di un cocomero, sembravano i pastori in adorazione di Gesù nella grotta. La loro dolcezza era commovente. Restarono a fissarci mentre divoravamo il cocomero, rosso e succoso.
Due o tre anni fa siamo tornati in Turchia e questa volta abbiamo affittato una macchina. Questa volta, a folgorarmi sono stati i mercati. Grandi, variopinti, disordinati. Come piacciono a me. Pomodori, frutta, erbe profumate e naturalmente tante melanzane.
Il primo è che non si deve mai mettere le melanzane sotto sale, perché cacciano l’acqua e poi friggono male.
Il secondo è che l’olio deve essere bollente.
Poi bisogna imparare a capire quando e’ il momento giusto per scolarle, quando cioe’ sono pronte.
Io lo chiamo “l’orgasmo della frittura”, si tratta di individuare l’istante preciso in cui le melanzane raggiungono il culmine del friggere, e’ quell’attimo in cui sono tutte uniformemente dorate, un secondo immediatamente prima che brucino diventando amare e immangiabili. Bisogna perciò attendere, osare e poi colpire con prontezza. Ci vuole esperienza e un certo allenamento, all’inizio si andra’ inevitabilmente incontro a delusioni e fallimenti: le melanzane saranno poco cotte e percio’ gonfie d’olio o al contrario inesorabilmente bruciacchiate.
Sbagliando si impara. Alla fine sarete diventate talmente brave da non avere neanche bisogno di guardare per capire quando e’ il momento dell’azione. Vi bastera’ ascoltare. perche’ la melanzana, al contrario degli umani, nel suo “orgasmo da frittura” tace improvvisamente, avendo infatti ormai emessa tutta la sua acqua, dopo aver sfrigolato, crepitato, scrosciato e schioppettato a lungo, si azzittisce di colpo. E io la scolo, strizzandola ben bene tra due schiumarole e disponendola distesa sulla carta da pane. Infine un piccolo accorgimento. Dopo averla condita a strati, salsa di pomodoro, abbondante parmigiano, mozzarella e basilico, e passata in forno, aspettate a mangiarla che si freddi per circa dieci minuti cosicchè i succhi si rapprendano un po’. Siccome poi friggere le melanzane e’ operazione noiosissima anche perche’ avviene in estate, con il caldo e l’afa, il mio consiglio e’ quello di friggere nude con un grembiule che vi ripari dagli schizzi. E poi farvi un tuffo a mare. Mi raccomando poi niente versioni dietiche con melanzane grigliate o peggio lesse. Se e’ dei grassi e delle calorie che si ha paura allora questo piatto non fa per voi. Una vera parmigiana di melanzane, come i bucatini all’amatriciana, deve essere un po’ unta!