Dopo la ripresa del 2022, il Salone del Mobile 2023 è tornato quest’anno al formato pre-pandemico, con un ampio palinsesto di eventi, certo molto distanti da quell’industrial design italiano che nel 1961 aveva consentito la nascita del primo Salone
E se da un lato la manifestazione ha consentito all’ente Fiera di staccare più di 307.000 biglietti, ritornando cioè a ordini di grandezza pre-pandemici (310.000 circa erano stati gli ingressi nell’anno di Expo 2015), siamo evidentemente molto distanti dal record del 2018 (434.000 vistatori).
Al Salone del Mobile più dell’affluenza conta il numero degli espositori
I numeri, si sa, non sono mai costanti e sono inoltre diversi gli indicatori che andrebbero osservati, come, in questo caso, il numero di espositori, che proprio nel 2018, a dispetto dell’alta affluenza era sceso al di sotto della soglia dei 2000, positivamente raggiunta anche quest’anno. A chi quindi ancora oggi vagheggia romanticamente del potenziale creativo delle prime edizioni degli anni ’60, occorrerà ricordare che la prima edizione del Salone del Mobile del 1961, un indubbio successo, fu però un evento da 328 espositori per 12.100 visitatori, al 94% italiani. La pionieristica ‘stagione di ricerca dei nuovi materiali’ fu indubbiamente un momento particolarmente fertile per la progettazione dell’industrial design italiano forse proprio perché l’industria stessa e in particolar modo quella chimica, aveva in Italia un peso che ha perso da tempo.
Ma non è solo per questo che il design ha cessato da tempo in Italia (e non solo) di essere ‘industriale’. I numeri, ancora una volta, ci presentano luci ed ombre con una rilevante presenza non solo di visitatori, ma anche di espositori esteri, che nell’arco dell’ultimo decennio hanno avuto oscillazioni e mutazioni nella provenienza, ma si sono sempre attestati intorno ad un terzo circa del totale (mentre i visitatori esteri hanno superato gli italiani ormai da più di 15 anni). Ridurre questa percentuale vuol dire inevitabilmente ridurre il Salone e, probabilmente, condannarlo all’insignificanza e, in prospettiva, a scomparire, ma anche aumentarne troppo l’incidenza per trasformare Milano in una mera vetrina per altri sarebbe innegabilmente un segno di cattiva salute per made in Italy e per il suo futuro.
Nel complesso quindi, e a dispetto delle critiche, non solo l’ente Fiera, ma il sistema del design italiano, possono essere soddisfatti degli esiti dell’edizione di questo Salone, che ha visto molti eventi di festa (come la parata cittadina dedicata al Design sotto lo slogan “We are design”) e naturalmente anche molta nuova ricerca e innovazione.
Al Salone del Mobile, questo è stato l’anno di “Euroluce”
Oltre ai produttori storici di arredi e lampade (questo era l’anno di Euroluce), sono infatti ritornate le scuole e i centri di ricerca del design, oggi molto attenti ai nuovi materiali sostenibili (non solo in Fiera, ma anche presso lo spazio Base e in giro per la città). Si è confermato inoltre il trend e la costante ascesa del design “griffatto” con i molteplici eventi ed installazioni speciali dei brand della moda, sempre molto apprezzati dal pubblico generalista (su tutti l’esclusivo evento di Armani Home, nello storico Palazzo Orsini, ma anche Hermés, da diversi anni ospite stabile alla Pelota, Dior a Palazzo Citterio e Vuitton a Palazzo Serbelloni).
Oltre alla progressiva ‘brandizzazione’ di prodotti e arredi per la casa, quest’anno si visto consolidarsi anche il trend dell’arredo ibrido interno/esterno, tecnicamente fruibile nei nostri giardini o terrazzi, ma con un’estetica adatta ad ogni salotto, trend sviluppatosi prepotentemente anche in reazione ai confinamenti pandemici e come desiderio di vita all’aperto.
Così per Poliform, che ha presentato le sue tre nuove collezioni outdoor, uno dei brand che, oltre a rinnovare il proprio showroom, ha scelto di allestire in contemporanea sia uno spazio ‘esperienziale’ presso i chiostri di di San Simpliciano (con musica, candele profumate e allestimento, realizzati ad hoc), che uno stand in Fiera con diversi ambienti domestici.
Ma all’arredo da esterno hanno pensato per esempio anche B&B italia, con nuove linee e Molteni, che ha invece puntato principalmente sulla ri-edizione della linea di sedute di Luca Meda e su una ‘nuova’ chaise longue di Gio Ponti, riprodotta in base ai disegni d’archivio ed adattata agli esterni.
Il grosso patrimonio degli archivi e delle icone del design è stato infatti valorizzato e sfruttato sapientemente da molti brand storici italiani con nuove edizioni e ‘upgrade’ che sono andati ad affiancare le nuove proposte. Tutto ciò è stato possibile vederlo sia ai Saloni in fiera a Rho che nella molteplicità di eventi sparsi per Milano. Possiamo infatti dire che la spettacolarizzazione del prodotto ha raggiunto livelli inimmaginabili che dimostra la vitalità del settore, ma anche la voglia di uscire dall’incubo della pandemia.
Se quindi le aree interessate al cosiddetto fuori Salone si sono espanse aggiungendo aree come il Giambellino e l’ex Macello va però osservato che le superfici occupate in fiera erano minori delle edizioni pre covid. Se quindi la voglia di risparmiare potrebbe essere letta come segnale positivo dal consumatore che interpreta come i minori costi si ripercuoteranno in un minior prezzo del prodotto, va considerato come la scelta di non partecipare al Salone, ma realizzare eventi nel proprio showroom rischia di far implodere un delicato sistema che funziona in un’ottica di reciproco successo e salute. Estremizzando tale tendenza si creerebbe l’implosione del Salone, ma di conseguenza verrebbe a cadere il fuori Salone che esiste solo come sostegno culturale e contraltare ludico ad un momento di business commerciale.
Potremmo poi sempre riflettere su come purtroppo non si pensi a sufficienza a trasformare le installazioni del fuori Salone in realta’ migliorative delle strutture dei servizi della città. Scuole, spazi pubblici potrebbero infatti averne un notevole beneficio anche minimizzando le ingenti spese conseguenti allo smontaggio e alla dismissione di quanto è stato realizzato per una sola settimana. Questi saranno dei temi di riflessione per il futuro e per quest’anno vediamo in positivo il vitale desiderio di evasione che la settimana del Design ha creato in città.