Discutere su tematiche emergenti che riguardano la Silver Economy, ma ancor di più, la qualità di vita dei senior. www.grey-panthers.it, sempre in prima linea sui problemi degli over 50 (ma ormai anche dei 60-70-80enni) ha deciso di iniziare una serie di incontri su ambiti diversi, riunendo in un workshop “colto e senza fini di lucro” alcune voci autorevoli dei diversi settori. Il primo di questi workshop si è svolto a Milano, nella sede della rivista, l’11 novembre scorso. Titolo ampio e propositivo: “SENIOR, CASA E DESIGN, un rapporto tutto da svecchiare”. Obiettivo dell’incontro: riflettere, trovare input e possibili strategie, avere ricadute nella società, generare cultura. Obiettivo ambizioso, certamente, ma le “voci” chiamate a esprimersi erano assolutamente in grado di farlo.
Presenti all’incontro: architetto Arturo Dell’Acqua Bellavitis (Triennale Design Museum e Scuola di Design presso il Politecnico di Milano) – architetto Susanna Rosellini (Presidente “Abitare Leggero” e Laboratorio di architettura Rosellini & partners) – architetto Gianni Arduino (designer, Presidente di Design for All e membro della Commissione Finale per la scelta dei prodotti del Design Index ADI) – architetto Francesco Zurlo (Preside Vicario Scuola di Design presso il Politecnico di Milano)- Anna Montalbetti (giornalista e direttrice della rivista “Progetto Cucina”)- Vitalba Paesano, Chiara Visconti e Gloria Manigrasso, di www.grey-panthers.it
Ecco il risultato dell’incontro, che volentieri offriamo alla lettura e alla riflessione dei lettori. Perché protagonisti del nostro tempo e di questi anni siamo tutti noi.
Apre il workshop Susanna Rosellini (Presidente di “ Abitare Leggero”, impresa Sociale Srl da quasi due anni, la più diffusa iniziativa di homecare basata sulla residenzialità) che espone i principi di questo progetto, determinato dalla trasformazione demografica della popolazione oggi e dalla conseguente evoluzione della domanda, in rapporto soprattutto a servizi e bisogni tra i quali innanzitutto il pieno diritto di stare a casa (conservarne la privacy, pur in un contesto di assistenza domestica).
Il progetto di Abitare leggero ruota sul concetto di progetti di residenzialità caratterizzati dall’”alleggerirsi la vita da tutto ciò che può pesare”.
La prima sperimentazione si è avviata con il nucleo silver, che ha permesso di constatare che il cambiamento dei senior è veloce e tale deve essere anche la proposta dei servizi: ci sono domande differenti rispetto ai primi nuclei silver (che riguardavano 5/10 appartamenti) e che rispondevano a esigenze immediate.
Oggi esistono due nuove sperimentazioni in contesti urbani diversi dai precedenti, con richieste diverse caratterizzate da un’evoluzione sociale differente, che obbliga a prefigurare progetti più ad hoc rispetto alla sperimentazione iniziale.
Spiega Rosellini che il senior di oggi ha ancora una rete familiare, trova risposta a molti bisogni in una rete di prestazioni da lavoro grigio (spesso a scapito della qualità, del coordinamento e della supervisione); inoltre non conosce e non riesce a individuare un’alternativa all’RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). L’anziano che resta solo viene indirizzato dal suo Comune a una RSA con costi sociali altissimi. Rosellini denuncia, quindi, la mancanza di informazione e cultura rispetto a un modello alternativo (un modello come quello nordeuropeo: in Danimarca, ad esempio, non vengono aperte RSA se non come strutture ospedaliere per patologie che richiedono necessariamente un’assistenza ospedaliera. Esiste un sistema di welfare dell’anziano basato sull’homecare, con servizi e assistenza trasferiti a casa attraverso lo scambio di accordi tra pubblico e privato).
Ciò che è emerso dopo il primo ciclo di sperimentazione di “Abitare leggero” è che, dai 70 anni in poi, “gli anziani chiedono di essere più anziani insieme”, palesando il bisogno di fare comunità”. La comunità si crea, eppure permangono la diffidenza e il terrore di trovarsi in un condominio in cui convivano più generazioni estranee alla propria (di over60). I senior rimarcano l’assenza di una collaborazione intergenerazionale, favorevole all’invecchiamento attivo. Consapevolezza che è ben compresa dai “giovani senior”, i quali si dimostrano consci della trasformazione sociale in fieri.
Il primo problema nasce da uno Stato che non fa informazione sul mondo senior: “non c’è accompagnamento ed educazione all’invecchiamento che favoriscano la consapevolezza. Anche in termini di mercato, le SGR (Società di gestione del risparmio) fanno numeri su questa fascia, ma il solo dato economico non contribuisce ad aumnetare la consapevolezza”.
Francesco Zurlo interviene sulle possibilità dell’economia attuale: oggi “gli anziani possono spendere, ma l’offerta non presenta prodotti per tutti e spesso si tratta di oggetti stigmatizzanti”,spiega, esclusivi (non inclusivi) e di nicchia. Per quanto concerne poi il design dei servizi, è sempre più chiaro che, sebbene gli anziani abbiano a disposizione più tempo da impiegare nei servizi, spesso questi non rispondono in maniera adatta ai loro bisogni. Gli esempi di sperimentazione efficace, però, non mancano. Il modello di Social Housing (di cui promotrice è la rete DESIS, Design for Social Innovation), ad esempio, si basa su un sistema “hardware” (architettura tradizionale) e “software” (la comunità e i servizi alla persona), incoraggiando e garantendo la collaborazione intergenerazionale e la costruzione di un senso di comunità (servizi interni comuni, abitazioni strutturate a ringhiera che stimolino la comunicazione, risparmio energetico…). La chiave di lettura del problema è quella dell’innovazione sociale: stimolare progettualità cercando le soluzioni dal basso, creando un nuovo sistema di welfare orientato alla connessione e in relazione con il sistema di welfare tradizionale.
L’esperienza Longevicity (2014), ad esempio, nasceva con l’obiettivo di risolvere il problema della stigmatizzazione, proponendo prodotti significativi e servizi innovativi, e soprattutto attivi, coinvolgendo la fascia giovane e strutturando una nuova dimensione intergenerazionale.
Al design di servizi si allaccia l’intervento di Dell’Acqua Bellavitis, il quale ricorda un’esperienza personale dei primi anni della sua carriera in cui aveva avuto modo di saggiare il modello di inclusione scandinavo, già citato per la sua efficienza in ambito di attenzione e assistenza all’anziano, che ancora oggi non è stato raggiunto in Italia.
Per quanto riguarda il design del prodotto, Dell’Acqua Bellavitis cita stati come la Germania e la Cina, in cui si vedono nascere, invece, sempre più spesso prodotti (di natura bioingegneristica) pensati per monitorare la vita dell’anziano, nel bisogno e nella piena consapevolezza di un fenomeno sociale diffuso, dovuto al pressoché recente concentramento della popolazione attiva nelle città.
Lo scenario italiano risulta invece obsoleto, sono poche le iniziative coerenti che tuttavia si limitano ancora alla sola direzione di una domotica basica, spesso anche a causa di “barriere” imposte dalla storia del design italiano.
Il ruolo giocato dalle aziende risulta dunque determinante, spiega Gianni Arduini (Compasso D’oro e Premio ADI per l’innovazione), sia in fase di ideazione e progettazione di prodotti di design, sia di produzione, coerentemente con i bisogni espressi dalla fascia della terza età.
Anna Montalbetti si domanda “Come è possibile che le aziende non ci pensino? Perché non esistono dei prodotti per la terza età quando questo rappresenta una vastissima fascia della popolazione attiva economicamente e capace di spendere?”Sono auspicabili iniziative a sostegno di una informazione accessibile e dalla proposta attiva, una proposta che si mostri anche attraente (Dell’Acqua Bellavitis) per un pubblico sempre più vasto, che cerca di sradicare il connubio anzianità- sostegno medicale. E’ necessario costruire una visione alternativa, estendere, per esempio, i servizi in maniera trasversale e sinergica (ad esempio tramite convenzioni offerte ai dipendenti di un’azienda) non solo pensati per chi ne gode direttamente (l’anziano accompagnato), ma anche per beneficiari terzi (ad es. la rete famigliare che accompagna). In questo senso il contesto di un mercato concorrenziale, anche se embrionale, veicolerebbe la necessità di trasformazione sociale e regolamentazione legislativa. “Ad oggi non esistono linee guida ministeriali in ambito di invecchiamento attivo: sull’indice di valutazione l’Italia si trova al 19imo posto su 27 Paesi e al secondo posto, dopo l’Irlanda, in materia di socializzazione. Ultimi nel ramo dell’occupazione grigia.” (Rosellini)
Il problema è quindi di matrice politico-economica: nonostante la fascia della terza età rappresenti una quota importante della popolazione, attiva economicamente, l’Italia presenta una difficoltà nell’impostare un sistema di welfare realmente funzionale ed estendibile a tutto il territorio statale (è ben demarcata la linea di differenziazione di regime di welfare tra Nord Italia e Sud Italia)(Zurlo)Eppure la domanda non si mostra uniforme: l’idea di alleggerirsi la vita è, in realtà, molto comune, ma non è così per la risposta. I servizi di homecare di Abitare Leggero, ad esempio, sono attivi e on demand, stabiliti in base alla persona, sulle sue necessità e non ultimo sulle sue possibilità economiche, al fine di garantire dignità e qualità, concetti diversi da quelli dell’ARSA. La consapevolezza del bisogno, non è però sempre assicurata, ed è necessario un apparato di sostegno che aiuti a compiere scelte mirate.
Rosellini racconta che a Parigi esistono chioschi (tipo edicola) con un operatore che raccoglie, gestisce e collega le domande e le offerte che nascono nel quartiere, non dissimile dal servizio italiano offerto dalla banca del tempo, nell’ottica di una sharing economy e di un sistema peer to peer (Zurlo) sempre più attuali e consistenti (purtroppo non chiaramente sentiti in Italia, dove le situazioni di sussidiarietà sono bloccate sul nascere -ne è un esempio Uber e il servizio taxi- in una zona grigia senza via d’uscita).
Un primo passo è la sensibilizzazione, che limiti il concetto “polveroso” di anzianità: ben vengano quindi le iniziative di aziende che propongono prodotti costosi e altamente glamour (Dell’Acqua Bellavitis), ma contemporaneamente occorre lavorare “dal basso”, vista anche la riluttanza dei grandi marchi a entrare in una dimensione di rischio come i prodotti per la terza età (Arduino) “Bisogna costruire una nuova mentalità, meglio farlo subito e comunque per scelta” (Vitalba Paesano)
La proposta sorta è quella di un convegno il cui tema non sia strettamente limitato al design, ma più generalmente su tematiche ampie, con l’invito a osservare casi concreti come quelli esaminati nel workshop per smuovere le istituzioni e stimolare una pensiero politico coerente (possibile collaborazione Comune-Regione): si è parlato di analisi sui costi specifici e di scalarità. I dati concreti saranno così posti a confronto con servizi che non contribuiscono alla consapevolezza e alla possibilità di un invecchiamento attivo, dimostrando il tipo di impatto che un servizio potrebbe avere, monetizzando la qualità della vita e screditando i sistemi di ghettizzazione a favore dell’inclusione sociale.
IN SINTESI
- Rosellini: occorre incrementare il servizio di homecare, la consapevolezza sociale e la regolamentazione legislativa
- Zurlo: in termini di design del prodotto e dei servizi si possono aprire strade non stigmatizzanti, che puntino all’innovazione sociale (social housing), anche a partire dal basso (progetto con gli studenti del politecnico, Longevicity), che stimolino il processo intergenerazionale e la regolamentazione legislativa
- Dell’Acqua Bellavitis: è necessaria un’allure nuova, occorre “svecchiare” la concezione polverosa dell’anzianità, cambiare mentalità, seguire gli esempi del Nord Europa, di Germania e Cina
- Arduini: si può partire dal basso. Le aziende sono riluttanti al rischio, ma il problema non risiede solo nell’ideazione del prodotto, ma anche nella produzione. Come accattivarsele? Regione e Comune possono parlarsi e contribuire alle iniziative
- Proposta: unirsi per fare informazione, creare consapevolezza, dare forma concreta ai bisogni attraverso prodotti e servizi reali. ( foto e testi by Gloria Manigrasso)