Il bilancio della CO2 e i materiali del futuro per la casa green

Occorre un sistema trasparente, univoco e stabile per il calcolo dei valori di CO2, non solo per gli effetti sul clima, ma anche per le correlazioni in architettura. Prendendo esempio da Londra

In questi anni si parla molto non solo dell’anidride carbonica (CO2) e dei suoi effetti sul clima, ma anche, e più spesso, dell’anidride carbonica di origine antropica. A volte il dibattito ha toccato livelli molto bassi e spesso ha offerto ricette semplicistiche, preferendo silenziare piuttosto che ascoltare anche il parere di chi non ritiene che l’effetto antropico sul clima sia realmente quantificabile, come per esempio il Prof. Franco Prodi, direttore fino al 2008 dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, nonché docente per molti anni di meteorologia e di fisica dell’atmosfera. Tralasciando il dibattito ben lungi dall’essere concluso come qualcuno vorrebbe sostenere, è comunque fondamentale chiarire che quando si parla di produzione di CO2 legata a un settore produttivo o a una specifica attività umana, si parla, il più delle volte, non di calcoli diretti, ma di stime indirette, anche piuttosto complesse e non sempre trasparenti.

Abbattimento della CO2, il caso di Londra

A chi si chiedesse ora quale sia il nesso tra questi calcoli imperscrutabili e le nostre case basterà l’esempio della città di Londra. Alcune città del mondo, infatti, tra cui Londra, ma anche Milano e Roma hanno da diversi anni aderito all’Associazione internazionale C40 dedita alla lotta al cambiamento climatico e ufficialmente impegnata in una drastica riduzione delle emissioni di CO2 del 42% entro il 2030. All’interno del gruppo, la capitale britannica ricopre indubbiamente un ruolo ‘guida’ essendo una delle città fondatrici ed essendone attualmente il sindaco Sadiq Khan anche co-presidente. Le misure che vengono implementate Londra per il patrimonio edilizio risultano quindi di particolare interesse anche per noi, in quanto potenzialmente estensibili già nel prossimo futuro a Milano e Roma, come del resto è già avvenuto in passato anche per l’Area C, sostanzialmente mutuata dalla Congestion Charge londinese. In ambito edilizio la corporazione della città di Londra si dotata da marzo 2022 di un sistema di individuazione della CO2 ‘confinata’ e in ogni nuovo intervento edilizio (embodied carbon), vale a dire che ha stabilito delle modalità proprie per il calcolo della produzione di CO2. Anche in questo caso, come anticipato, ci si riferisce, però, agli effetti indiretti dei processi di costruzione, che vanno dall’estrazione dei materiali alla loro lavorazione, trasformazione, trasporto e posa in opera. Risulta, per esempio, evidente che un blocco di marmo non libera CO2 in quasi in nessuna di queste fasi (fatto salvo il trasporto) e che per definirne l’impatto in questi termini è pertanto necessario stimare l’energia che dovrà essere impiegata in tutte le fasi produttive per determinare in seconda battuta quanta CO2 sarà liberata in atmosfera per generare quell’energia.

Compensazione della CO2, serve trasparenza

Risulta quindi evidente come, prima di affidare le case e la loro valutazione a un sistema a doppia stima come l’attuale, ed eventualmente far dipendere da esso sia gli oneri di urbanizzazione costruzione così come i futuri sistemi di tassazione della casa (o compensazione della CO2) sarà indispensabile che il sistema normativo italiano (ed europeo) cessi di essere troppo naif nel merito. Occorrerà, cioè, un sistema trasparente, univoco e stabile per il calcolo dei valori di CO2. Questo problema, attualmente lontano dalla comprensione dei cittadini (ma anche di molti tecnici), è infatti già reale e viene già discusso dagli architetti britannici che nel corso di un recente dibattito sul tema lamentavano di essere bloccati nel loro operato in attesa che l’ente regolatore aggiornasse le tabelle di calcolo della CO2 confinata.

Queste tabelle determinando la liceità o l’illiceità di un’intervento e ripercuotendosi sull’entità degli oneri da versare non dovrebbero, per esempio, essere soggetti a modifiche se non in casi eccezionali. A livello pratico tanto i professionisti quanto i proprietari di casa dovrebbero poter fare affidamento su un quadro normativo generale chiaro e su modalità di calcolo trasparenti e stabili nel tempo. Se è possibile stimare l’anidride carbonica prodotta, dovrebbe, per esempio, essere consentita anche la stima dell’anidride carbonica negativa che alcuni interventi possono generare e che già oggi molti progettisti stanno cercando di incrementare. Se in ambito economico vengono valutati, infatti, i crediti di CO2, propagandando il dubbio principio per cui se puoi permettertelo puoi produrre quanta anidride carbonica desideri, molto più ragionevolmente dovrebbe essere consentito a chi costruisce o rinnova le proprie abitazioni di ricorrere a delle compensazioni virtuose in situ.

L’uso delle alghe in architettura

Il riferimento è in questo caso alle alghe, già da tempo presenti come alimento e spesso anche come prezioso ingrediente per il mondo della cosmetica e degli integratori (pensiamo, per esempio, al successo che sta avendo in particolare l’alga spirulina in questi ultimi anni). Quello che è forse meno noto è che sono già state avviati diversi progetti di ricerca e sperimentazione per l’utilizzo delle alghe anche come materiale utile per le costruzioni e gli ambienti interni. Le alghe sono alla base delle piastrelle Myco Alga dello studio americano bioMatters, uno dei prodotti nominati quest’anno ai Green Product Awards, il premio internazionale di design istituito a Berlino nel 2013 e supportato sia da partner pubblici (come diverse istituzioni tedesche) che privati (Ikea). Le piastrelle, dall’estetica organica sono realizzate a partire dalla stampa 3D di un composto di alghe e micelio (l’apparato vegetativo dei funghi). Sono a tutti gli effetti un materiale vivente in grado di assorbire una certa quantità di anidride carbonica, oltre a essere a tutti gli effetti il risultato della lavorazione di materiali di scarto e come tali già in partenza a basso impatto.

Sempre a Londra gli italiani Claudia Pasquero e Marco Poletto hanno fondato già nel 2005 l’ecoLogicStudio che si è occupato negli anni di diversi progetti di ricerca dedicati proprio alla decarbonizzazione. Il loro progetto photo.Synthetica, per esempio, è un vero e proprio sistema di rivestimento per le facciate attivo, realizzabile anche su grande scala e dotato di cuscinetti semi-trasparenti dotati al loro interno di alghe, che grazie all’esposizione alla luce solare, sono in grado di assorbire tanto la CO2 quanto gli agenti inquinanti presenti nelle nostre città. L’aria urbana viene immessa,infatti alla base della facciata e può così essere filtrata dalle alghe che ne assorbono anidride carbonica e inquinanti come gli ossidi di azoto necessari per il loro processo di crescita. Una volta sviluppatesi a sufficienza, le alghe vengono inoltre raccolte per un possibile impiego per la produzione di bioplastiche, biocombustibili, fertilizzanti o persino come cibo (a seconda del tipo di alga). Questi processi produttivi a CO2 negativa, stanno già diffondendosi in ambito industriale, come nel caso dell’alga spirulina (più propriamente un cianobatterio), oggi già largamente impiegata sia nella cosmesi sia come integratore alimentare per le sue proprietà antiossidanti, ricca in proteine e vitamine.

Naturalmente allo stato attuale la produzione vera e propria resta appannaggio delle industrie italiane, né si può al momento ipotizzare un sistema produttivo diffuso come avvenne in passato con gli allevamenti di bachi da seta, ma le proposte di Pasquero e Poletto sembrano offrire una possibile risposta a molte sollecitazioni normative. E’ per esempio il caso del loro primo vero ‘prodotto’, il cosiddetto AIReactor, un vero e proprio kit miniaturizzato per la crescita di alghe in ambienti interni sempre basato sulla crescita delle alghe per filtrare l’aria domestica o degli uffici. E se le alghe vengono promosse in quanto, ci viene detto, 10 volte più efficienti delle piante, è innegabile che il verde all’interno delle case sta riscuotendo per gli stessi motivi un successo sempre maggiore, sia nelle sue forme più note e tradizionali, che sotto forma di nuovi prodotti, spesso basati su colture idroponiche.

Altro menzionato ai Green Product Awards è stato infatti il kit domestico Gardyn, una ulteriore riedizione di orto domestico per interni dotato di lampade led a basso consumo, sistema di irrigazione, tanica e telecamera per il controllo a distanza, nonché diversi kit con sementi in base alle proprie preferenze. Anche questi progetti, già disponibili per gli amanti del giardinaggio e dell’orticoltura, potrebbero fiorire ulteriormente soprattutto se il sistema normativo e di riduzione della CO2 dovesse diventare, come previsto, sempre più stringente. Una volta definiti i parametri di calcolo pertanto, i proprietari e i loro progettisti dovrebbero essere liberi di optare per le soluzioni migliori in base al contesto specifico e anche in base alle loro inclinazioni e disponibilità economica, piuttosto che vedere imposte per tutti soluzioni univoche, col rischio, in caso di stime poco affidabili, di moltiplicare possibili errori e carenze del sistema.

Arturo Dell'Acqua Bellavitis:
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