Niente proroga stabilizzazione dell’APe Sociale: l’emendamento del Pd è stato respinto in commissione Bilancio alla Camera in sede di dibattito sulla Legge di Stabilità 2019. La proposta mirava a rendere strutturale la misura di welfare che consente di arrivare alla pensione a determinate categorie di lavoratori (disoccupati, caregiver, disabili, addetti a mansioni gravose). Le dichiarazioni del sottosegretario Massimo Garavaglia allontanano anche l’ipotesi di una proroga: “il Governo svolgerà un’analisi organica delle misure in materia pensionistica, prefigurando il rischio che la misura dell’APE sociale possa sovrapporsi a quella di quota 100, il che comporterebbe uno spreco di risorse”.
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Inizialmente sembrava invece che potesse rientrare fra le misure di Riforma Pensioni che l’esecutivo presenterà entro dicembre. Per sapere cosa succederà bisogna attendere il provvedimento, che secondo anticipazioni di Garavaglia potrebbe essere una proposta emendativa al disegno di legge di bilancio. Più prudente la posizione del presidente della commissione, Claudio Borghi (Lega), che ha espresso “perplessità sul fatto che un tema tanto vasto, quale quello della riforma pensionistica, possa essere dibattuto nel dettaglio presso la Commissione bilancio, ritenendo che la Commissione lavoro sia la sede più adatta”, ricordando anche che: “nel disegno di legge di bilancio, per ora, sono previsti solamente stanziamenti finanziari destinati ad una misura che ancora non è stata definita nel dettaglio dal Governo”.
In definitiva, la situazione è la seguente: la maggioranza sembra escludere tassativamente la possibilità di rendere strutturale l’APE sociale, ipotesi peraltro mai prevista nell’ambito della Riforma Pensioni pentaleghista. Non sembra definitivamente archiviata l’ipotesi di un’eventuale proroga, anche se come detto le dichiarazioni in commissione non vanno in questa direzione.
Come è noto, in manovra al momento ci sono solo gli stanziamenti per le misure sulla previdenza, pari a 6,7 miliardi nel 2019 e 7 miliardi dal 2020. Certamente copriranno la quota 100, per andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi. Ancora oscuro il futuro dell’Opzione Donna, che consente alle lavoratrici di andare in pensione con 35 anni di contributi e 57 o 58 anni di età, rispettivamente per dipendenti e autonome: attualmente il requisito deve essere stato maturato entro il 31 dicembre 2015, la proroga dovrebbe spostare il termine a fine 2018. Ultimamente si era parlato anche di un termine più lungo, magari al 2021, alzando il requisito contributivo.
Quando allo strumento legislativo che verrà scelto, potrebbe essere un decreto legge, da approvare entro la fine dell’anno, oppure (come dichiarato da Garavaglia), alla fine l’esecutivo potrebbe inserire la Riforma in manovra.
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Ricordiamo che nell’ambito della trattativa con l’Europa il Governo sta dimostrando disponibilità ad abbassare il deficit pil 2019, che passerebbe al 2,2% dall’attuale 2,4%, aggiustamento che potrebbe comportare una riduzione delle risorse destinate alla riforma pensioni.
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