Dopo la smentita di un possibile primo passo di riforma pensioni con lo scivolo Brunetta, torna ad accendersi il dibattito sulle possibili soluzioni allo scalone di 5 anni che dal primo gennaio 2022 si verificherà per chi deve andare in pensione, e nel farlo torna utile analizzare quanto avvenuto negli ultimi tre anni con l’ultima riforma: al 31 gennaio 2021 le pensioni liquidata dall’INPS con la formula della Quota 100 erano 278mila, con un’incidenza nei tre anni di sperimentazione prevalentemente riferibile uomini del settore privato, mentre nel solo ultimo si è registrato un aumento di pensionamenti con Quota 100, nel settore pubblico: sono i ben noti dati rilevati ed analizzati dalla Corte dei Conti nelle scorse settimane, nel Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica. Tra le osservazioni interessanti che riguardano la spesa previdenziale, ci sono i motivi del sotto-utilizzo (rispetto alle stime) della combinazione 62+38 (età anagrafica + anzianità contributiva) – pensata dal Governo per soggetti con carriere lunghe e durature – che è stata scelta prevalentemente da persone con 63/64 anni di età e 40 di contributi.
Dunque, la “domanda” (se vogliamo chiamarla così) di aspiranti quotisti è più simile ad una Quota 102 o Quota 41 (tuttavia troppo dispendiose) rispetto alla Quota 100 pura (che a sua volta è costata “cara”), che in più non preveda neanche penalizzazioni sul calcolo della pensione. Per chi va in pensione con Quota 100 (possibilità prevista per chi ne matura i requisiti fino al 31 dicembre 2021), infatti, non sono infatti previsti ricalcoli interamente contributivi, come invece avviene ad esempio per l’Opzione Donna. Pertanto, per rendere una ipotetica pensione agevolata a 64 anni per tutti, si potrebbe pensare di introdurre una penalizzazione sull’importo dell’assegno (nel senso di una applicazione del sistema interamente contributivo anche per chi ricadrebbe nel sistema misto) così da rendere la misura sostenibile dal punto di vista previdenziale.
Di fatto, tra le righe della valutazione della Corte dei Conti, emerge un suggerimento per la riforma delle pensioni: concedere la la pensione a 64 anni a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e a chi rientra nel sistema retributivo o misto (per evitare disparità di trattamento). Ad oggi, invece, solo i contributivi puri possono uscire a 64 anni di età e per loro bastano 20 di contributi, a condizione che la pensione maturata raggiunga una determinata soglia di importo. Ovviamente, per le casse INPS l’estensione in massa non sarebbe sostenibile, ecco perché si potrebbe allora concederla ma con la condizione di un ricalcolo contributivo dell’assegno, anche per chi avrebbe diritto al calcolo misto (economicamente più vantaggioso).