La «stretta» sul pubblico impiego e le norme sulla uscita forzata dalla pubblica amministrazione con 40 anni di contributi hanno portato, nei primi 9 mesi del 2011, le nuove pensioni a 75.743 (+5,27%) e ad una crescita degli assegni di anzianità del 34,2% (dati Inpdap) a fronte del calo delle pensioni di vecchiaia, di quelle di inabilità e del cosiddetto part-time (si va in pensione di anzianità ma si continua a lavorare part-time). La spiegazione dell’aumento di persone che hanno lasciato l’amministrazione in età anticipata rispetto alla vecchiaia è in parte dovuto alla norma del 2009 che prevede la possibilità per lo Stato di far uscire il dipendente se ha raggiunto i 40 anni di contributi (quindi una scelta dell’amministrazione e non del lavoratore) ma anche alle misure sul pubblico impiego quali il blocco dei contratti e la rateizzazione del Tfr. E probabilmente una parte consistente di coloro che hanno scelto di andare in pensione lo ha fatto temendo l’arrivo di nuovi interventi sul pubblico impiego e in generale il peggioramento delle condizioni del comparto. L’aumento dell’età di vecchiaia delle donne (a 61 anni quest’anno) e la finestra mobile per la vecchiaia (12 mesi una volta raggiunti i requisiti a fronte dei 3-6 mesi che si attendevano l’anno scorso) non ha invece ancora dispiegato completamente i suoi effetti.
Crescono le nuove pensioni e gli assegni di anzianità
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