Un lavoratore poco produttivo a causa di troppe assenze per malattia non è sempre licenziabile per giustificato motivo oggettivo: il licenziamento per malattia implica infatti che la prestazione lavorativa del dipendente risulti inutile per l’impresa anche nei giorni di presenza, con onere della prova a carico del datore di lavoro. Lo stabilisce l’ordinanza n. 26212, 19 settembre 2015, del Tribunale di Milano, in relazione al caso di un dipendente licenziato prima del superamento del periodo di comporto, con 800 giorni di assenza su 1.500 di lavoro.
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Prestazione
Per i giudici, le reiterate assenze per malattia possono essere causa di licenziamento per giustificato motivo oggettivo solo se rendono la prestazione inutile per il datore di lavoro anche nelle giornate di presenza in azienda.
Comporto
La questione del periodo di comporto è diversa: l’azienda non può licenziare il dipendenteprima del superamento del comporto (periodo di assenza per malattia durante il quale c’è, per legge, il diritto al mantenimento del posto di lavoro). Viceversa, se il periodo è terminato l’impresa può risolvere il rapporto di lavoro senza dover provare il giustificato motivo oggettivo. In altri termini, il superamento del periodo di comporto è condizione sufficiente di legittimità del recesso.
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Altra cosa è invece la malattia, che :
«non rileva di per sè, ma in quanto le assenze in questione, anche se incolpevoli, hanno determinato scarso rendimento e inciso negativamente sulla produzione aziendale».
In quest’ultimo caso, il datore di lavoro deve provare che le modalità delle assenze hanno determinato l’impossibilità di utilizzo della prestazione lavorativa. E per questo requisito, è necessario che la prestazione non sia utilizzabile nemmeno nei giorni di presenza del lavoratore.