Il popolo greco si è pronunciato, e il risultato del referendum appare a prima vista un netto rifiuto dell’austerità. Ma il voto, che sin dall’inizio aveva tratti paradossali (gli elettori erano chiamati a esprimersi su un’offerta articolata, complessa e, soprattutto, non più sul tavolo), rischia di complicare ulteriormente il compito del governo Tsipras: quello cioè di trovare un accordo in tempi record con i creditori di Atene per uscire dall’impasse. Ormai è questione di giorni, perchè il sistema finanziario greco è al collasso. Nel weekend alcuni analisti stimavano che la liquidità d’emergenza rimasta a disposizione delle banche prima di raggiungere il tetto di 88,6 miliardi di euro attualmente fissato dalla Bce ammontasse a soli 500 milioni di euro. Sufficiente per due soli giorni, nonostante le forti limitazioni ai prelievi giornalieri imposte dal governo di Atene. Nel frattempo si avvicinano altre scadenze con i creditori internazionali (Fmi e Bce) che la Grecia non potrà rispettare senza ottenere un aiuto, anche solo temporaneo, da parte dei creditori stessi (soprattutto gli altri governi dell’Eurozona). Il futuro della Grecia è quindi sempre più incerto, anche se il governo resta aggrappato alla moneta unica e lancia segnali distensivi – come le dimissioni del Ministro Varoufakis – nella speranza di raggiungere un nuovo accordo.
Atene vista da Berlino
Aumenta ulteriormente, se possibile, la sfiducia degli altri governi dell’Eurozona nei confronti di Atene. In Germania, per Angela Merkel si riduce la percorribilità politica di nuove trattative con Atene. Già mercoledì scorso la Cancelliera tedesca, parlando al Bundestag, aveva osservato i membri del suo governo salire a uno a uno sul podio e pronunciarsi contro la scelta di Tsipras di indire il referendum. Domenica sera persino una “colomba” come Sigmar Gabriel, leader dello Spd e alleato della Merkel nella grande coalizione tedesca, commentando il risultato del referendum ha dichiarato che “i greci hanno bruciato anche l’ultimo ponte”. Solo le dimissioni di Varoufakis, giunte in mattinata, hanno stemperato la sfiducia dei creditori e dei mercati (anche se non abbastanza: attualmente Piazza Affari perde oltre il 2%). Di questo e, in generale, delle possibili conseguenze del “no” greco, discuteranno mercoledì 8 luglio in ISPI Franco Bruni (Vice Presidente, ISPI), Franco Debenedetti (Presidente, Istituto Bruno Leoni) e Antonio Villafranca (Senior Research Fellow, ISPI), in occasione della presentazione del libro di Vittorio Da Rold “La Grecia ferita”.
La (grande) responsabilità della Bce
La Banca centrale europea è l’istituzione che al momento può decidere della vita e della morte delle banche greche, e di qui del sistema–Grecia nel suo complesso. Anche oggi la Bce è chiamata a decidere cosa fare del tetto sulla liquidità d’emergenza concessa al paese, al momento fermo da una settimana appena sotto la soglia degli 89 miliardi di euro. In teoria, la scelta dovrebbe dipendere solo dalla valutazione dello stato delle banche greche, che dovrebbero essere giudicate illiquide ma non insolventi (dovrebbero quindi disporre di collaterale sufficiente da fornire in cambio della liquidità ricevuta), assieme ad altre condizioni, come spiega Donato Masciandaro, Università Bocconi. Al Consiglio dei governatori della Bce (l’organo che, in questi casi, adotta decisioni a maggioranza) spetta dunque il paradossale compito di prendere giorno dopo giorno decisioni tecniche dalle profonde conseguenze politiche. Inoltre il Consiglio è sempre più spaccato lungo linee altrettanto politiche, con i rappresentanti dei paesi del “centro” dell’Eurozona molto meno propensi a fare ulteriori sconti alla Grecia rispetto a quelli della “periferia”. Dal momento che ritirare la liquidità concessa significherebbe di fatto abbandonare la Grecia al fallimento, le opzioni realmente sul tavolo della Bce in queste ore sembrano due: alzare la liquidità d’emergenza, derogando a molte considerazioni tecniche ma consentendo ai greci di rifiatare, o mantenerla invariata, lasciando la Grecia appesa a un filo e rimandando ulteriori decisioni a dopo l’Eurosummit di martedì sera. In quest’ultimo caso, il più probabile, si stima che le banche greche potrebbero esaurire la liquidità già tra domani e mercoledì.
Che fare? Ritorno alla dracma e valute parallele
In questo clima di estrema incertezza, con la liquidità a disposizione del sistema finanziario greco che si assottiglia di ora in ora e un accordo politico ancora ben lungi dall’essere a portata di mano, il ritorno alla dracma potrebbe non essere una decisione ma una necessità. Tuttavia il governo greco farà di tutto per evitare che accada, anche perché ciò significherebbe condannare il paese a una recessione ancora più profonda, almeno nel breve periodo, e addentrarsi in un territorio ancora inesplorato (nessun Paese ha mai abbandonato l’Eurozona). Nel frattempo salgono le quotazioni di un’ipotesi che circola ormai da mesi, ovvero quella che il governo decida di emettere degli IOUs (una sorta di “pagherò”) per iniziare a regolare alcune voci della spesa corrente (come stipendi pubblici e pensioni). Sebbene denominati in euro, questi titoli genererebbero subito un mercato secondario che li vedrebbe prezzare a sconto rispetto al loro valore nominale, dal momento che le probabilità che il governo greco mantenga effettivamente l’impegno di saldare il conto alla loro scadenza dovrebbero includere anche il rischio di default. Ciò avrebbe un effetto simile a quello di emettere una valuta parallela, a uso esclusivamente interno e svalutata rispetto all’euro. Sarebbe anche il sintomo della situazione disperata in cui versa il paese, da aggiungersi a un altro, ancora più significativo: pur di non fallire, alcune imprese starebbero valutando l’ipotesi di ricorrere al baratto.
Come salvare la Grecia e rafforzare l’Eurozona?
Patrizio Tirelli, leader del network europeo RAstaNEWS di cui anche l’ISPI fa parte, spiega che lo spazio per raggiungere un accordo tra la Grecia e i suoi creditori si fa di ora in ora sempre più stretto: “La situazione è drammatica, ma un accordo si può e si deve trovare. Da un lato, l’obiettivo dell’avanzo primario nel 2015 deve cadere perchè non ha più senso, nel paese è in corso una recessione in corso che nelle ultime settimane è diventata ancora più profonda. Tsipras deve però trovare qualcosa da proporre in cambio sul tavolo del negoziato, una concessione importante sull’IVA o sulla spesa pubblica. Dall’altro lato i partner europei, che comprensibilmente chiederanno un accordo con una tabella di marcia e controlli molto rigorosi, devono venire incontro alla Grecia per dimostrare che la moneta unica è davvero ancora irreversibile”. Una volta terminata l’emergenza, l’Eurozona avrà ancora molti passi da compiere per evitare che crisi simili si ripresentino in futuro. Alcune proposte di riforma delle politiche e della governance dell’Eurozona sono contenute nell’Annual Report di RAstaNEWS.