La finanza familiare è donna. L’universo femminile tiene le redini di una quota crescente di ricchezza familiare, tanto che le donne controllano ormai il 51% della ricchezza personale negli Stati Uniti, e si fa notare per un atteggiamento sempre più proattivo nei confronti della finanza. Peccato, però, che da un punto di vista commerciale l’offerta sia ancora molto stereotipata sul pubblico maschile Secondo una recente ricerca di Bmo Wealth Institute, le donne controllano ormai il 51% della ricchezza personale negli Stati Uniti. Un patrimonio complessivo che si attesta su 14 trilioni di dollari e che le proiezioni danno in ulteriore crescita. Nei prossimi cinque anni, infatti, la ricchezza gestita dalle donne dovrebbe toccare 22 trilioni di dollari, un valore superiore al Pil della Cina. “Il ruolo delle donne nella gestione finanziaria è cambiato, perché è cresciuta la loro capacità di generare reddito e, di conseguenza, di prendere delle decisioni in proposito”, commenta Laura Villani, principal Boston Consulting Group, responsabile italiana per i temi legati alle donne. A dispetto del gender gap, ovvero del fatto che le donne a parità di condizioni guadagnino meno degli uomini, in due terzi delle famiglie del mondo le donne sono le principali decision maker quando si tratta di investimenti finanziari. L’Italia non fa eccezione. “Dai nostri dati emerge che il numero di donne capofamiglia di età compresa fra 35 e 54 anni è cresciuto del 78% dal 2000 al 2014 e, adesso, sono un quarto del totale”, racconta Stefania Conti, Industry Lead Financial Services Gfk Italia. La percentuale di patrimoni superiori a 50mila euro detenuta dalle donne, inoltre, è in linea con quella maschile: le capofamiglia con un patrimonio considerato “affluent”, infatti, sono il 15% del totale, contro il 18% degli uomini. E poi, c’è la variabile anagrafica da tenere in conto: “La maggiore longevità media fa sÌ che la donna subentri nelle decisioni familiari a causa della scomparsa del marito portando con sé, nella gestione del patrimonio e nell’asse ereditario verso i figli, tutte le sue peculiarità”, aggiunge Bruno Zanaboni, segretario generale Associazione Italiana Private Banking.
Secondo quanto emerge dall’analisi Gfk Italia sulle intenzioni per la destinazione del risparmio accumulato, l’82% delle donne decisori finanziari pensa all’accumulo, il 32% si preoccupa di fare investimenti per la famiglia e il 16% destina una parte dei risparmi alla previdenza. “Le donne doppio ruolo, professioniste e metropolitane, pari al 15 – 20% del totale, hanno portafogli completi ed evoluti e dimostrano un atteggiamento proattivo nei confronti della finanza”, prosegue Conti. Rispetto agli uomini, inoltre, le donne si dimostrano più informate sui prodotti. “Perché usano meglio la tecnologia per raccogliere dati, ma sono anche naturalmente portate a notare i dettagli, a fare confronti fra alternative”, fa notare Villani. In particolare, le under 45 risultano particolarmente attente alle proposte delle assicurazioni, tematica per la quale consultano molto il web. Il 66% dell’audience dei siti dedicati alle assicurazioni, infatti, è donna, rivela uno studio realizzato da Nielsen per l’assicurazione americana MetLife, mentre il 71% dell’universo femminile prende parte alla decisione di acquisto di una polizza a tutela della famiglia e la percentuale raggiunge l’87% in presenza di figli minori. Ma non finisce qui. Perché non solo le donne si dimostrano molto preparate nel valutare le diverse possibilità di investimento patrimoniale, ma se la cavano meglio anche con i numeri: nel 2014, fa sapere ancora Gfk Italia, il 55% delle famiglie che sono riuscite a risparmiare aveva per capo una donna, mentre quelle con a capo un uomo che sono riuscite a mettere da parte qualcosa sono scese dal 65% del 2005 al 57% attuale. “L’universo femminile ha dimostrato talento nell’amministrare il patrimonio della famiglia, risparmiando sempre, anche durante la crisi economica”, conferma Zanaboni.
Lasciate sole
Il mondo della finanza, stando ai numeri, non ha ancora preso atto della novità. Innanzitutto, i consulenti finanziari donna sono sotto rappresentati: negli Stati Uniti sono due su cinque, in Italia sono solo un quinto del totale (18%). “Anche da un punto di vista commerciale, l’offerta è ancora molto stereotipata sul pubblico maschile: la donna è poco rappresentata e, paradossalmente, non è ancora considerata come un segmento a sè”, evidenzia Conti. Le aziende del settore, insomma, continuano a pensare che il decisore per definizione sia l’uomo. Sarà anche per questa ragione, dunque, che le donne dimostrano molta indipendenza nelle loro scelte: “In media, si avvalgono di meno istituti finanziari nella gestione dei propri investimenti e quasi la metà fa riferimento a un solo intermediario”, sottolinea Zanaboni. Ma non finisce qui: “Le donne valutano facendo attenzione al rischio, ma scelgono tenendo presente la ‘big picture’, cioè hanno un occhio attento anche al futuro e, perché no, anche all’equità sociale”, osserva Villani. Maggiore scrutinio sui partner dei propri investimenti, dunque? “Molto spesso, sÌ”.