A proposito di petrolio
Nel 2015, la domanda di petrolio a livello mondiale ha segnato una modesta ripresa (+1,8 milioni di barili al giorno), soprattutto sostenuta dai consumi dell’area asiatica, raggiungendo i 94,7 milioni di barili/giorno. Per il secondo anno consecutivo si registra il sorpasso della domanda dei paesi non Ocse (48,5 milioni b/g) su quelli OCSE (46,2 milioni di b/g). La drastica riduzione dei prezzi ha spinto i paesi produttori a tentare di compensare le perdite attraverso un aumento della produzione che, nel 2015, si è attestata a 96,4 milioni di b/g, il 2,9% in più rispetto al 2014, rafforzando il surplus produttivo.
L’area americana, in cui si è assistito a un forte sviluppo delle tecniche di estrazione non convenzionali, si conferma quella con il maggiore tasso di crescita della produzione, seppure in riduzione rispetto al 2014 (+4,4% contro +11%). Gli Stati Uniti in particolare hanno raggiunto un livello di produzione di quasi 13 milioni di b/g, confermandosi per il secondo anno il primo produttore mondiale di greggio. Nonostante il modesto incremento registrato nel 2015 rispetto all’anno precedente, + 0,15 milioni di b/g, la Russia rimane il secondo produttore mondiale di petrolio, con 11 milioni di b/g prodotti nel 2015. L’Arabia Saudita, che nel 2015 ha incrementato la propria produzione di 0,59 milioni di b/g, superando i 10 milioni di b/g, si è confermata il primo esportatore e il terzo produttore di greggio al mondo. L’accordo sul nucleare iraniano ha portato con sé la possibilità di aumenti considerevoli di esportazioni da parte di questo paese.
Il prezzo medio del petrolio nel primo trimestre 2015 ha registrato un valore di 52,2 $/b, contro i 76 $/b del quarto trimestre 2014. Nel secondo semestre 2015 i prezzi erano saliti a 61,4 $/b. A marzo 2016 erano sui 37 $/b, attualmente sfiorano i 50 $/b.
Gas: stabile la domanda mondiale, leggera crescita consumi per europa (+3,8%) e usa (+2,9%), italia +9%
La domanda mondiale di gas nel 2015 è risultata sostanzialmente stabile (+0,2%), frutto però di un aumento negli Usa (+2,9%), in OCSE Europa (+3,8%) e di un calo in Asia (-5,2%). In Europa l’aumento è riconducibile soprattutto alla maggiore produzione termoelettrica per far fronte alle condizioni metereologiche. Tra gli aumenti più sensibili anche quelli di Italia (+9%) e Germania (+4,4%). Come negli anni precedenti la Germania si conferma il primo consumatore in Europa di gas naturale, rappresentando il 19% del totale dell’Unione, seguita da Regno Unito e Italia (rispettivamente 17% e 16%). Tra gli esportatori verso l’Europa Russia (+9%) e Qatar (+20%) hanno mostrato le dinamiche più vivaci.
I prezzi del gas, in calo per l’eccesso di offerta e per la debolezza delle quotazioni energetiche, hanno mostrato un significativo allineamento nei tre mercati regionali (asiatico, americano, europeo). Si sono registrate riduzioni fino al 30% per quanto riguarda i contratti a lungo termine, del 5% nei principali hub. Un progressivo riallineamento si registra anche tra i prezzi dei principali fornitori all’Europa e tra i prezzi agli hub e quelli a lungo termine. Per l’Italia il prezzo medio alla frontiera è passato da 29,87 c€/metro cubo a gennaio a 19,71 c€/metro cubo a dicembre 2015.
Carbone: commercio internazionale in calo, prezzi europei in diminuzione
Dopo più di un decennio di forte crescita, il mercato del carbone è giunto a una fase di stallo che sembra destinata a consolidarsi nel lungo periodo, con il 2015 che ha visto un calo del commercio internazionale. In Europa i consumi si sono ridotti soprattutto per effetto dei vincoli posti al suo impiego nel Regno Unito, sostanzialmente stabile invece il consumo in Italia. Netto calo della domanda anche in Cina, mentre dall’India si attende un incremento notevole dei consumi e della produzione per ridurre le importazioni. I prezzi in Europa sono calati a 53,32 $/tonnellate equivalenti di carbone (tec), contro i 67,16 $/tec dell’anno precedente (-21%), senza tuttavia intaccare il vantaggio rispetto ai prodotti petroliferi e al gas naturale nella produzione termoelettrica.
LO SCENARIO NAZIONALE
Energia: in crescita (+3.2%) il consumo totale di energia, in ritardo processo di decarbonizzazione
Il miglioramento delle condizioni economiche realizzatosi nel corso del 2015, con un PIL tornato in terreno positivo (+0,8%) dopo tre anni di caduta, e le particolari condizioni metereologiche dell’anno, si riflettono sulla domanda totale di energia. In Italia infatti il consumo interno lordo di energia ha invertito il trend degli ultimi quattro anni, facendo registrare nel 2015 una variazione positiva del +3,2%, raggiungendo un valore assoluto di 171,3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), livello non lontano da quello del 2013. L’intensità energetica del 2015, cioè il consumo di energia primaria per unità di PIL, risulta così in aumento rispetto al 2014, anche se i valori sembrano confermare un trend di lungo termine in riduzione. Nel dettaglio, l’indice di intensità elettrica, in risalita rispetto al 2014, risulta comunque inferiore al 2013. Lo spostamento dei consumi verso il settore elettrico, in particolare per quanto riguarda i trasporti e il riscaldamento degli edifici, che dovrebbe rappresentare un passaggio obbligato in vista degli obiettivi di decarbonizzazione di lungo periodo, non ha ancora segnato un deciso avvio. L’impiego di elettricità per i trasporti e per gli usi civili è, infatti, aumentato nel 2015 (rispettivamente +1,3% e +1,2%), ma in misura minore di quanto sia cresciuto l’impiego di energia negli stessi settori (rispettivamente +4,1% e +7,4%), l’incidenza dei consumi elettrici sul totale dei consumi energetici è ridiscesa sotto il 20%.
Elettricità: oltre il 33% dei domestici sul mercato libero. Domanda in lieve ripresa (+1,5%)
Nel 2015, come nel 2014, oltre 3,5 milioni di clienti, cioè il 9,6%, ha cambiato fornitore almeno una volta durante l’anno, un quarto del totale dell’energia distribuita in termini di volume. Il segmento più dinamico rimane quello della media tensione, il cui tasso di switching è salito dal 28% del 2014 al 32,6%. Lo spostamento dei soli consumatori domestici verso il mercato libero ricalca i valori del 2014, l’8%, corrispondente a una quota di energia del 10%.
In totale i clienti domestici sul mercato libero nel 2015 sono il 33,4%, contro il 28,3% del 2014. Nel 2015 le famiglie hanno pagato l’elettricità in media 20,71 c€/kWh (di cui 9,64 per la componente relativa al costo di approvvigionamento), ma questo prezzo varia molto con la dimensione dei clienti. I clienti non domestici in bassa tensione (soprattutto negozi e piccole imprese) hanno pagato invece 19,27 c€/kWh; più bassi sono i prezzi per le imprese in media tensione (14,72 c€/kWh) e per quelle in alta o altissima tensione (10,61 c€/kWh), caratterizzate da consumi molto più elevati.
La domanda di elettricità ha invertito il trend di calo degli ultimi anni, registrando un leggero aumento, +1,5%. I consumi di energia elettrica infatti sono passati dai 291 TWh del 2014 ai 295 TWh del 2015. Sono cresciuti in tutti i settori, in particolare nel settore terziario (+2,3%), poi il domestico (+1,2%) e l’industria (+0,6%).
Come ormai da anni, anche nel 2015 i consumatori domestici italiani con consumi medio-bassi (fino a 2.500 kWh/a) hanno pagato prezzi dell’energia elettrica inferiori a quelli mediamente praticati nell’Unione europea e nell’Area euro, sia al netto, sia al lordo delle imposte e degli oneri. I prezzi per le restanti classi di consumo sono invece superiori. Nel dettaglio, per la prima classe di consumo (< 1.000 kWh/anno), nel 2015 il differenziale favorevole del prezzo italiano con la media dei prezzi dei paesi dell’Area euro è risultato ulteriormente ampliato rispetto al 2014: -19% al netto delle imposte, -18% al lordo (era -16% nel 2014, sia al netto sia al lordo). Per la seconda fascia di consumo (1.000-2.500 kWh/anno), che insieme alla classe successiva è quella nella quale si concentrano gran parte delle famiglie italiane, il differenziale favorevole dei prezzi interni è, sia pure di poco, aumentato rispetto all’anno precedente (-11% sia al netto sia al lordo, contro rispettivamente il -8% e il -9% del 2014). Per quanto riguarda le classi con livelli di consumo superiori i prezzi italiani sono ancora più alti della media dell’Area euro: per la classe di consumo intermedia (2.500-5.000 kWh/anno) al netto delle imposte è più alto del 9% e dell’11% al lordo delle imposte. Il confronto con i principali paesi europei al lordo delle imposte, per tutte le fasce di consumo, mostra ancora una volta per il 2015 la progressività dei prezzi italiani, non presente in altre esperienze estere. Nel 2015 però non era ancora entrata in vigore la riforma delle tariffe elettriche introdotta dall’Autorità a partire dal 1° gennaio 2016 che prevede il graduale superamento dell’attuale struttura progressiva delle tariffe, in coerenza con la direttiva europea sull’efficienza energetica. Nel confronto per singole componenti, l’Italia appartiene al gruppo di paesi con i costi di rete più bassi e al gruppo con i costi più alti per la componente energia, oneri e imposte.
Per i consumatori industriali anche nel 2015 i prezzi sono superiori a quelli medi dell’Area euro, per tutte le classi di consumo. Si conferma però il trend, avviato nel 2013, di progressiva riduzione dei differenziali rispetto a quelli registrati nel 2012, quando avevano raggiunto picchi superiori al 30% in termini di prezzi lordi. In media nel 2015 si sono attestati intorno al +20%, contro valori del +25% del 2014. Guardando al confronto con i principali paesi europei emerge una novità: per il 2015 i consumatori industriali italiani non pagano più i prezzi (lordi) più alti in assoluto. Il differenziale con i prezzi tedeschi, in calo lo scorso anno, ha addirittura cambiato di segno, tranne che per la classe a minori consumi, e anche i prezzi del Regno Unito risultano più elevati di quelli italiani per le ultime due classi a maggiori consumi. Nella classe di consumo 500-2.000 MWh, una delle più rappresentative per il nostro Paese, i prezzi italiani risultano più alti, rispetto alla media dell’Area euro, del 9% (19% nel 2014) al netto delle imposte e degli oneri, e del 20% (25% nel 2014) per i prezzi lordi. Ma nel 2015 il prezzo lordo per questa classe di consumo in Italia è diminuito di un significativo 7,6% (calo tra i più sensibili in Europa), mentre il calo nell’Area euro è stato del 3,7%. Il differenziale con la Germania segna per questa classe un -6% a favore del prezzo finale in Italia, contro il ‑1% dello scorso anno (era il +4% nel 2013 e il + 16% nel 2012).
Elettricità: torna a crescere la produzione (+0,8%), circa il 40% da rinnovabili, 12,3 miliardi peso incentivi in bolletta
Nel 2015, per la prima volta dal 2010, sale la produzione nazionale lorda (+0,8% rispetto al 2014), raggiungendo i 282 TWh. Produzione nazionale che ha coperto l’86% del fabbisogno complessivo nazionale. Sulla produzione lorda ha inciso anche l’aumento delle importazioni nette, che hanno assicurato una quota del fabbisogno del 14,7%, contro il 14,1% dello scorso anno, nonostante un aumento rilevante anche delle esportazioni (+1,4 TWh, +47,3%), già aumentate del 37,3% nel 2013.
La produzione lorda da rinnovabili nel 2015 è diminuita del 9%, passando da 120 a 109,5 TWh (il 38% circa del totale), soprattutto a causa del -25% registrato dalla produzione idroelettrica, oltre al -3,3% della produzione eolica. Ulteriore aumento invece per la produzione fotovoltaica (+13%). La quantità di energia elettrica da rinnovabili incentivata ha superato i 65 TWh, per un costo nel 2015 di circa 12,5 miliardi di euro, di cui circa 12,3 miliardi coperti tramite la componente A3 della bolletta.
In parallelo nel 2015 la quantità di energia elettrica acquistata nel Sistema Italia è stata pari a 287 TWh, in aumento dell’1,8% rispetto al 2014, invertendo il trend decrescente avviato dal 2010. In aumento anche gli scambi di Borsa, 195 TWh, a fronte dei 186 TWh raggiunti nel 2014 (+4,7%). L’incremento degli acquisti di Borsa riflette sia una risalita degli acquisti dell’Acquirente unico (32 TWh, +10,7%), sia una ripresa degli stessi da parte delle zone estere (4,3 TWh, +24,2%).
Elettricita’: cresce ancora il numero di venditori nel libero, raggiunta quota 487, vendite in aumento
Non si ferma la crescita (iniziata dal 2007, anno della liberalizzazione) del numero di operatori che vendono energia elettrica sul mercato libero, molti di piccole dimensioni: sono 487 contro i 450 del 2014. Nell’intero mercato della vendita finale Enel ed Edison si confermano i principali venditori: nel 2015 per volume hanno venduto rispettivamente 85,4 TWh (33,7% del totale, era il 34,1% nel 2014) e 17,1 TWh (il 6,7% circa). Per quanto riguarda la distribuzione, Enel resta il primo operatore con la quota dominante dell’85% dell’energia consumata, gli altri operatori viaggiano su quote uguali o inferiori al 4%. Guardando al mercato della vendita finale, invece, Enel controlla il 73,8% dell’energia consumata dalle famiglie, mentre per le aziende in media e alta tensione prevale Edison.
Complessivamente l’ energia elettrica venduta sul mercato finale è cresciuta del 2,2% rispetto al 2014 (253 TWh), grazie al mercato libero e alla salvaguardia, mentre i consumatori sono diminuiti dello 0,5% (37 milioni di clienti, di cui 29,7 clienti domestici e 7,3 non domestici).
Gas: consumi in ripresa, +9%, in crescita le importazioni, cala la produzione nazionale; russia primo fornitore con il 45% del totale
Dopo i cali degli ultimi quattro anni, nel 2015 il consumo interno lordo di gas è tornato ad aumentare, con una crescita di 5,6 miliardi di metri cubi, portandosi a 67,5 miliardi di metri cubi, dai 61,9 del 2014 (+9,1% rispetto al 2014). Coerentemente agli andamenti economici e climatici, nel 2015 si sono registrati, in particolare, una marcata risalita dei consumi civili (+11,8% per residenziale e terziario), ma soprattutto dell’utilizzo per la generazione termoelettrica (+16,8%) e un incremento significativo (+7,7%) degli altri usi, specie per autotrazione, in aumento da anni. Solo l’industria ha registrato ancora una riduzione, -3,4%. Nonostante il recupero, la domanda finale complessiva resta ancora lontana dai livelli massimi del 2005: il dato del 2015 è infatti il 75% del livello raggiunto in quell’anno.
A fronte degli andamenti della domanda, la produzione nazionale risulta in calo (-5,3,%), mentre sono aumentate le importazioni (+9,8%), che si sono attestate a 61,2 miliardi di metri cubi. La dipendenza estera dell’Italia è del 90,6%, dopo il 90,1% dello scorso anno. Sono aumentati i flussi di importazione un po’ da tutti i paesi, tranne che dal Nord Europa, vale a dire da tutti i paesi che hanno ancora contratti indicizzati al petrolio. In ripresa anche l’Algeria, che negli ultimi anni aveva visto una sensibile riduzione delle esportazioni verso l’Italia. La Russia assicura quasi la metà dei volumi importati. Nel dettaglio la Russia copre il 45% delle importazioni, confermandosi primo fornitore dall’estero, mentre l’Algeria, con una quota dell’11,8%, conserva la seconda posizione, quasi raggiunta dalla Libia, con l’11,6%. L’incidenza del Qatar è salita di quasi il 2%, passando dal 7,9% del 2014 al 9,6%. L’8,3% delle importazioni è poi arrivato dall’Olanda e il 4,3% dalla Norvegia; il 9,3% da altri paesi.
Gas: il 32% dei clienti domestici sul mercato libero; in aumento i venditori
Nel 2015 il 6,2% dei clienti domestici ha cambiato fornitore, come nel 2014, in costante aumento dal 2009 (ad eccezione del 2012). La quota dei clienti civili (domestici + terziario) gas sul mercato libero è del 36% nel 2015, 31% nel 2014, il 32% circa per quanto riguarda i soli domestici. In termini di prezzi i consumatori italiani hanno pagato il gas, nella media del 2015, 38,9 c€/m3, l’8% in meno rispetto al 2014. Le classi che presentano i maggiori decrementi (circa il 17%) sono quelle relative ai consumi superiori a 2 milioni di metri cubi. Ciò ha contribuito ad ampliare il divario di prezzo tra i clienti più piccoli e quelli più grandi, che nel quinquennio 2011-2015 è passato da 19,5 a 29,2 c€/m3. Il prezzo medio per le famiglie si è attestato a 55,5 c€/m3, a 41,7 per le attività commerciali, a 29,8 per le imprese industriali e a 27 centesimi quello per la generazione elettrica.
In crescita il numero di venditori sul mercato della vendita finale (+ 37 unità), raggiungendo i 379 operatori, mentre rimane stabile il totale dei volumi complessivi venduti (53,7 miliardi di metri cubi nel 2014 e 53,8 miliardi nel 2015). Anche nel settore gas, come nell’elettrico, i nuovi venditori sono soprattutto piccoli e piccolissimi operatori. Nel 2015 soltanto il 7% delle imprese attive sul mercato finale, 26 su 379, ha venduto oltre 300 milioni di metri cubi. I primi tre gruppi controllano il 44,8% del mercato, i primi cinque gruppi il 52,9%.
Gas: per domestici prezzi piu’ alti rispetto a europa, ma differenze in riduzione. Ancora forte l’incidenza del fisco
Anche nel 2015 i prezzi del gas comprensivi di imposte per i consumatori domestici italiani risultano sostanzialmente più alti della media dei prezzi dell’Area euro, mentre al netto delle imposte si mostrano pressoché allineati. Nel dettaglio, la prima classe di consumo (minore di 525 metri cubi, maggiormente usi per cottura e acqua calda) presenta livelli lievemente inferiori alla media euro, sia al netto sia al lordo delle imposte. Per contro, la classe intermedia (525-5.254 metri cubi), che ha l’incidenza maggiore sul totale dei consumi domestici, presenta un livello al netto delle imposte lievemente superiore alla media (+3,1%), mentre al lordo delle imposte lo scostamento è nettamente più rilevante (+13,5%). La classe più elevata (oltre 5.254 metri cubi, per lo più riscaldamenti centralizzati) presenta un prezzo netto inferiore alla media (-3,1%), mentre l’incidenza delle imposte risulta, in questo caso, particolarmente rilevante, determinando un prezzo complessivo superiore del 14,7%. Anche nel gas la situazione appare migliorata rispetto allo scorso anno: in particolare per la prima classe (che aveva prezzi lievemente superiori alla media) e per la seconda (che aveva degli scostamenti ancora più marcati), mentre la terza classe ha mantenuto differenziali simili.
Come negli anni passati, si conferma il maggior peso del fisco rispetto agli altri paesi dell’Area euro, ulteriormente aumentato tra il 2014 e il 2015. Se nella prima classe di consumo appare poco distante dalla media (32,5% contro il 30,7%, all’incirca lo stesso scarto del 2014), è nelle classi più elevate che mantiene valori nettamente superiori: nella classe intermedia, infatti, risulta pari al 53,5% e nella classe più elevata raggiunge il 71,9%, contro una media dell’Area euro rispettivamente del 39,5% e del 45,1%. In queste classi l’incidenza della componente fiscale in Italia presenta un aumento di circa il 3% rispetto al 2014, mentre nell’Area euro l’aumento è del 2%.
Nel 2015 anche per i consumatori industriali si conferma la situazione già rilevata negli anni scorsi, con quelli con minori consumi (fino a 263.000 metri cubi/anno) che pagano prezzi più elevati della media dell’Area euro, mentre quelli più grandi registrano prezzi più convenienti. Il differenziale è del +14% (+16% nel 2014) per la prima classe di consumi e del +5% (come nel 2014) per la seconda. Per le altre classi il differenziale negativo è invece compreso tra il -9,6% e il -13,1% (tra il -10% e il -13% nel 2014). La situazione dipende essenzialmente dalla diversa articolazione dell’imposizione fiscale. Le imprese più piccole sono gravate da imposte più elevate rispetto alla media dell’Area euro, mentre quelle più grandi (con consumi oltre 263.000 metri cubi) beneficiano della condizione opposta.
Acqua: per il 2014-2015 approvate tariffe per oltre il 90% della popolazione, attivati 5,8 miliardi di investimenti. 249 euro/anno la spesa media per famiglia tipo di 3 persone e 150 m3 di consumo
Le approvazioni tariffarie per gli anni 2014 e 2015 hanno riguardato 1.971 gestioni, interessando oltre 53,3 milioni di abitanti, ossia il 91% della popolazione nazionale. L’Autorità non ha ancora adottato le proprie determinazioni per alcune delle realtà in cui sono in corso processi di riordino gestionale o per le quali sono in corso procedimenti sanzionatori oppure procedure concorsuali di crisi d’impresa. La variazione media nazionale, rispetto all’anno precedente, è stata del 4,34% nel 2014 e del 4,55% nel 2015, a fronte di investimenti pianificati per il quadriennio 2014‐2017 di circa 5,8 miliardi di euro.
Gli aggiustamenti tariffari più elevati si sono registrati nelle macroaree del Paese in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2014‐2017, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa: 186 €/abitante nel Centro, 135 €/abitante nel Nord‐Est e a 131 €/abitante nel Nord‐Ovest. Più contenute le risorse destinate dalla tariffa agli interventi infrastrutturali nel Sud e nelle Isole, rispettivamente 67 €/abitante e 68 €/abitante, aree nelle quali si riscontra comunque una maggiore disponibilità di fondi pubblici volte all’ammodernamento delle infrastrutture idriche.
Sulla base delle informazioni riferite a un campione di 150 gestori ‒ che erogano il servizio a circa 30 milioni di abitanti ‒ per il 2015 è possibile condurre un approfondimento sulla spesa media per il servizio idrico integrato per un’utenza tipo di una famiglia di 3 persone, con consumo annuo di 150 metri cubi: a livello nazionale si attesta ad un valore di 249 euro/anno (circa 1,67 euro per metro cubo consumato), con un valore più contenuto nel Nord‐Ovest (200 euro/anno) e più elevato nel Centro (310 euro/anno).
Di rilievo i provvedimenti adottati dall’Autorità lo scorso anno e nei primi mesi del 2016: il “pacchetto idrico” approvato nello scorso mese di dicembre (nuovo metodo tariffario per il secondo periodo regolatorio, convenzione tipo per affidamento e gestione, regolazione della qualità contrattuale) è stato accompagnato, nei primi mesi di quest’anno, dalle riforme relative all’unbundling idrico e alla misura, volte a consolidare l’accountability del settore, oltre che a fornire elementi di rilievo nell’analisi dei fabbisogni e delle informazioni essenziali alla promozione di provvedimenti mirati alla tutela dell’utenza.
A partire dal maggio 2016 l’Autorità ha iniziato il processo di approvazione delle proposte tariffarie predisposte dagli Enti di governo dell’ambito per il secondo periodo regolatorio 2016‐2019: al 3 giugno 2016 sono state approvate le tariffe per 5 gestioni, che servono 3.226.049 abitanti (residenti in 293 Comuni).
Nell’ambito delle predisposizioni tariffarie per il primo periodo regolatorio, la ricognizione richiesta ai soggetti competenti ha evidenziato diverse criticità. Il dato relativo all’età di posa delle condotte di adduzione e distribuzione mostra una rete acquedottistica particolarmente vetusta: il 36% delle condotte ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, mentre il 24% supera i 50 anni, a fronte di una vita utile considerata ai fini regolatori di 40 anni. Con riferimento agli interventi eseguiti sulle reti di distribuzione, si segnala, pur con le necessarie cautele, una generalizzata attività di riparazione di guasti, piuttosto che di progressivo sviluppo e messa in sicurezza dell’infrastruttura. Infatti, sul totale degli interventi compiuti, è emersa una incidenza del 92% degli interventi di riparazione/sostituzione non programmati. Il consumo pro capite si è ridotto, in media, dai 58,8 metri cubi all’anno nel 2011 ai 57,7 nel 2012, arrivando ai 56,3 metri cubi all’anno nel 2013. Anche per la fognatura, si rileva un elevato grado di vetustà e obsolescenza delle reti, seppure i dati analizzati si riferiscano ad un campione di gestori che copre il 33% della popolazione residente. L’esame della rete fognaria per anni di posa mostra che circa il 34% presenta un’età compresa tra i 31 ed i 50 anni, mentre circa il 27% risulta avere oltre i 50 anni. Per quanto riguarda la depurazione, a livello nazionale si riscontra che il 72% del carico generato viene depurato, utilizzando il 64% della potenzialità degli impianti in esercizio.